PIATTO, VENEZIA, MASTRO DOMENICO E COLLABORATORI, 1560-1570 CIRCA
in maiolica dipinta in policromia con arancio, giallo, verde, blu, bruno di manganese nei toni del nero, marrone e bianco di stagno. Sul retro iscrizione in blu: arme diachile fabbri/ cate daullchano secondo/ omer; diam cm 25, diam. piede cm 12, alt. cm 4,2
A DISH, VENICE, MASTRO DOMENICO AND COWORKERS, CIRCA 1560-1570
Bibliografia di confronto
J. Lessmann, Herzog Anton Ulrich-Museum Braunschweig. Italienische Majolika. Katalog der Sammlung, Brunswick 1979, pp. 409-481;
J. Lessmann, Italienische Majolika Aus Goethes Besitz: Bestandskatalog Klassik Stiftung Weimar Goethe-Nationalmuseum: Bestandskatalog Der Klassik Stiftung, Weimar 2015, pp. 234-237 nn. 90-91
Il piatto ha largo cavetto e ampia tesa orizzontale e poggia su base ad anello. La decorazione riveste completamente lo smalto stannifero sul fronte del pezzo, occupando tutto lo spazio senza soluzione di continuità, a dimostrare la grande perizia tecnica del pittore, capace di disporre la scena anche nel cavetto senza creare alcuna perdita di prospettiva. La scena, che è tratta dalla narrazione omerica (Iliade, XVIII, 369 segg.) e raffigura Vulcano intento a forgiare le armi di Achille, prende spunto puntualmente da una xilografia tratta dalla Vita et Metamofoseo D’Ovidio, figurato & abbreuiato in forma d’Epigrammi da M. Gabriello Symeoni edita a Lione nel 1559, e nella stessa incisione si legge anche l’epigramma delineato in bruno di manganese sul retro del piatto sotto il piede, ma con le abbreviazioni e la interpretazione del pittore. Mentre nella fonte la bottega di Vulcano è chiusa tra le mura e accanto al dio compare Venere intenta a sorvegliare la forgiatura per il suo protetto, nel nostro piatto il pittore ambienta la scena in un paesaggio aperto, pur rispettando sia la raffigurazione della divinità principale, sia la presenza della lorica posta ai piedi della postazione di lavoro, qui semplificata e trasformata in una base rocciosa, ma soprattutto riportando nella nuova ambientazione la fornace in muratura presente nell’incisione. Lo stile del pittore è sicuro, il paesaggio dello sfondo denuncia l’influenza delle botteghe marchigiane, ma la mano è assai prossima alle opere della bottega di Mastro Domenico, di cui molte testimonianze sono presenti nelle collezioni tedesche e in particolare nel Museo di Brunswick. Tuttavia ci piace qui soffermarci su alcuni dettagli del piatto, come il cielo che si squarcia in alto lasciando una luce irreale e sovrannaturale, circondata dalle stesse nubi che ritroviamo in un piatto della collezione del Goethe-Nationalmuseum con scena di Ippomene e Atalante (inv. n. II 354-334), in cui anche il paesaggio richiama l’ambiente di formazione del pittore di questi piatti, ma anche lo stile rapido e sicuro nella traduzione delle incisioni e del volto delle figure, che ritroviamo anche in un altro piatto dello stesso Museo con raffigurazione di Caino e Abele (Inv. n. II 354.338).