Francesco Montelatici detto Cecco Bravo
(Firenze 1601-Innsbruck 1661)
FANCIULLA CON NATURA MORTA AUTUNNALE
olio su tela, cm 100x141
Corredato da attestato di libera circolazione
Provenienza:
collezione privata, Firenze
Bibliografia:
C. Del Bravo, Un'osservazione su inediti secenteschi, in "Antichità Viva", 10, 5, 1971, pp. 22-23, fig. 6; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole 1983, p. 115; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento. Aggiornamento, Pontedera 2009, p. 260, n. 208; A. Barsanti, Cecco Bravo (Francesco Montelatici), in La natura morta in Italia, a cura di Francesco Porzio, II, Milano 1989, p. 577 fig. 685; Cecco Bravo pittore senza regola. Firenze 1601-Innsbruck 1661, a cura di Anna Barsanti e Roberto Contini, Milano 1999, p. 62 fig. a
L’opera qui proposta, raffigurante Fanciulla con natura morta autunnale, di Francesco Montelatici detto Cecco Bravo, artista dalla natura anti-accademica e irregolare, presenta elementi tipici della sua produzione, caratterizzata da una pittura morbida e sensuale in cui la materia sfumata accentua l'atmosfera misteriosa e incantata. I singoli elementi del nostro dipinto emergono infatti dalla penombra: la luce lambisce il braccio e la spalla della giovane donna, il suo curioso copricapo, i fiori tra le sue braccia realizzati con piccoli tocchi di colore, il cavolfiore in primo piano sulla destra e la torre sullo sfondo. Tali aspetti lirici venivano messi in evidenza da Carlo Del Bravo che per primo rendeva nota l'opera, descrivendola “tutta soffusa di metamorfosi su una situazione sentimentale crepuscolare e d'attesa, con un lento abbraccio da sogno a un mazzo di pigre accensioni – come di crisantemi nella sera -, qualche disponibile grano di dolcezza – come di fichi e pere d’ottobre - , e un autonomo sviluppo misterioso, scuro eppur amico – come di un grande cavolfiore che sul terriccio diventi una luna velata, una piovra grande”.
La corrispondenza di misure e la particolare impaginazione compositiva ha reso possibile da parte di Anna Barsanti l'individuazione nel dipinto Figura virile con natura morta estiva di collezione privata quale pendant della nostra opera, in cui allo stesso modo le figure in primo piano vengono collocate rispetto alla retrostante apertura di paesaggio, secondo uno schema che si ritrova nella pittura fiorentina sull’esempio del Cerquozzi che per primo aveva rappresentato questa tematica della natura morta all’aperto: “Agli sfondi di intensa vena romantica (…) corrispondono nel tono liricamente crepuscolare i fiori, le frutta e gli ortaggi disposti in primo piano”.
L'originaria formazione del pittore, basata su modelli della natura morta fiorentina, con influenze romane e lucchesi, sembra rivelarsi nella nostra tela nel semplice andamento compositivo e nella presenza costante di taluni vegetali, che risulta tuttavia arricchita dalle suggestioni tratte dalla pittura veneta che ne ha determinato una materia sciolta e sfaldata.
Infatti l'accostamento all'ambiente artistico veneto, in particolare a pittori quali Sebastiano Mazzoni, Francesco Maffei, Domenico Fetti ma anche agli esempi di Bernardo Strozzi, sembra aver rafforzato i caratteri misteriosi e bizzarri che lo avevano avvicinato alla corrente più eccentrica e stravagante della pittura fiorentina del tempo e alle opere sensuali di Furini e agli esempi del Volterrano.
La datazione del nostro dipinto, come pure quella del suo pendant, è stata collocata entro gli anni Cinquanta grazie alle analogie riscontrabili con altre opere eseguite da Cecco Bravo in questi anni, quali il David ed Abigail di collezione privata, Firenze, dove “le frutta raccolte per terra affiorano dall’atmosfera azzurrina con la stessa magica evidenza” e la Castità di Giuseppe della Galleria degli Uffizi, Firenze in cui il profilo della fanciulla del nostro dipinto si avvicina stilisticamente a quello della moglie di Putifarre.
Si è tentato di identificare il soggetto della nostra opera, insieme a quello del pendant, con le raffigurazioni allegoriche dell'Estate e dell'Autunno, che tuttavia per talune incoerenze nella presenza del cavolfiore sulla destra e del tulipano nel mazzo di fiori tenuto dalla giovane non può essere espresso con certezza. Sicura invece l'interpretazione come allegoria della Primavera della tela raffigurante Giovane donna con cestino di rose e vaso con fiori primaverili di collezione privata che corrisponde alla descrizione di Cesare Ripa: "si dipinge per la Primavera, Flora coronata di fiori de' quali ha anco piene le mani" (C. Ripa, Iconologia, Roma 1603, ed. 1970, pp. 473-474).
La nostra Fanciulla con natura morta autunnale è da mettere anche in relazione con il Riposo nella fuga in Egitto di collezione privata in cui si ritrova la rappresentazione "alla moda che oggi diremmo "cinese" del rigido cappellone di paglia (diversa da quella consueta a larghe tese, comune in tempi non troppo lontani al manierismo rudolfino ma anche ai fiorentini e allo stesso Montelatici" (Barsanti-Contini 1999, p. 62).
L'attività di Cecco Bravo come pittore di nature morte, come evidenziato da Anna Barsanti, è emersa nel tempo con maggiore chiarezza grazie alle sue "mezze figure" con frutta fiori e verdure che ne hanno messo in luce una personalità complessa e sfaccettata propensa ad evidenziare particolari di naturalismo prezioso, veri brani di natura morta inseriti in composizioni di storia. Rimane invece ancora da scoprire la sua attività di pittore di nature morte in senso stretto (senza figure) come testimonierebbe l'inventario redatto alla partenza dell'artista per Innsbruck dove vengono registrati 25 dipinti di naturalia su un totale di 163 opere. Nell'inventario venivano citati quattro dipinti rappresentanti la Primavera, l'Autunno, l'Inverno e l'Estate e, nonostante la corrispondenza di misure, la studiosa indicava come fosse difficile identificare l'Estate e l'Autunno con il nostro dipinto e il suo pendant anche se non completamente da escludere.