ARA FUNERARIA CON BUSTO FEMMINILE
Roma, I sec. d.C.
in marmo bianco a grana fine scolpito, cm 58,5x41x52
Opera dichiarata di eccezionale interesse archeologico ai sensi del D.Lgs. 42/2004 con D.D.R. 31/3/2010 (notifica 29/4/2010)
Rome, 1st Century A.D.
in white marble, cm 58,5x41x52
Please note that this lot has been “notified” with a Ministeriale Drecree no. 42/2004 with D.D.R. 31/3/2010 (dated 29/4/2010). The Ministry has declared its importance in the context of the Italian cultural patrimony. The lot cannot be exported outside Italy.
20.000/30.000 - $ 26.000/39.000 - £ 16.000/24.000
L’ara fu donata dalla Regina Elena nel 1917 al Professor Giulio Pampersi, medico chirurgo presso l’ospedale San Giovanni di Roma e medico curante della sovrana. Essa fu trovata verosimilmente durante i lavori di ampliamento dell’ospedale San Giovanni. Dopo la donazione fu collocata nell’atrio della casa di cura Santa Rita in via degli Scipioni 134 a Roma, di cui il professor Pampersi era all’epoca proprietario e titolare. Deceduto il professore la titolarità della clinica ed il possesso dell’ara ivi collocata passarono alla figlia. Alla morte di quest’ultima la clinica fu venduta e nel 1973 l’erede fece trasportare l’ara presso la sua abitazione dov’è rimasta fino ad oggi.
Il piccolo monumento di forma pressoché cubica era situato probabilmente di fronte al monumento funebre e presenta nella parte superiore un incavo circolare frutto di un riutilizzo.
La fronte dell’ara è decorata lateralmente con girali di acanto, uguali e simmetrici, fiori e foglie. L’aspetto è plastico, carnoso e vivacemente coloristico, ma si nota anche la tendenza decorativa alla stilizzazione del motivo vegetale. Al centro si apre una porta a due pannelli, sormontata da un architrave. All’interno si trova il busto di una fanciulla su una base modanata di forma rettangolare, anepigrafe. Il busto comprende le spalle, ma non l’attacco delle braccia e scende con taglio obliquo, di forma quasi triangolare, verso il basso. Il viso è pieno, la bocca minuta; gli occhi ben definiti sotto le arcate sopraccigliari non recano segno dell’iride o della pupilla. Le orecchie sono ben evidenziate, la pettinatura, rimaneggiata e ritoccata in epoca posteriore, doveva presentare una scriminatura centrale.
Sul lato sinistro sono riprodotte una ghirlanda di alloro con bacche e nastri pendenti ed una patera ombelicata al centro. Sul lato destro un’altra ghirlanda e due sottili ampolle (urcei) evocano, come gli ornamenti del fianco opposto, il rituale funerario.
La decorazione vegetale richiama il gusto diffuso nel I secolo d.C. per l’imitazione della natura, anzi dell’ambiente naturale che poteva circondare la dimora del defunto. La moda, derivata da modelli ellenistici, inizia in età augustea, si arricchisce in età claudia ed è particolarmente diffusa in età flavia, mentre già all’inizio del II secolo d.C. si riscontra una riduzione dei motivi decorativi. La raffigurazione della porta aperta, che incornicia l’immagine della giovane defunta, evoca il concetto del monumento sepolcrale come abitazione della persona passata a vita ultraterrena (Cfr. F. Sinn, Stadrömische Marmorurnen, Mainz am Rhein, 1987, pp. 56-65)
Per questo esemplare si possono citare diversi confronti risalenti al periodo flavio: l’altare funerario di Minucia Suavis del Museo Nazionale Romano, risalente alla seconda metà del I secolo d.C. (Cfr. B. Candida, Altari e cippi nel Museo Nazionale Romano, Roma 1979, pp. 86-88, n. 36, tavv. XXX, XXXII), un altare ed un’urna con girali vegetali del Museo Gregoriano (F. Sinn, Vatikanische museen, Museo Gregoriano Profano. Die Grabdenkmäler, 1, Reliefs Altare Urnen, Mainz am Rhein, 1991, pp.84-85, n. 53, figg. 151-153, 156, p. 113-114, n. 109, fig. 267)
In questo caso la datazione in età flavia è confermata anche dalle caratteristiche del busto tipico per quest’epoca (Cfr. V. Scrinari, in EAA II, 1959, s.v. Busto, pp. 227-231) inoltre la decorazione ricca, ma regolare, ordinata e simmetrica può forse indicare una cronologia verso l’ultimo quarto del I secolo d.C.
Per quanto riguarda la provenienza dal Laterano è interessante ricordare che la zona esplorata tra la fine del XIX ed il XX secolo ha rivelato la presenza di residenze signorili con aree sepolcrali ed importanti arterie stradali. Il sito, già occupato da abitazioni in età repubblicana, fu pienamente urbanizzato nella seconda metà del I secolo d.C. Secondo le fonti sorgeva sul Laterano, tra le altre dimore nobiliari, la residenza di Domitia Lucilla madre dell’imperatore Marco Aurelio, ma l’ubicazione non è sicura. (Cfr. A.M. Colini, Storia e topografia del Celio nell’antichità, MemPontAcc VII, Città del Vaticano, 1944, pp. 328-329, 369-370; P. Liverani, Domus (M.Annii) Veri, in LTUR I, 1995, p. 33)
Stato di conservazione: l’ara è priva del fastigio di coronamento. La parte superiore è integrata in marmo e stucco. L’integrazione prosegue dietro la testa e per due terzi del lato destro, dove si riscontra anche una toppa rettangolare di marmo. Anche l’angolo inferiore destro è integrato con stucco e mattoni con una lacuna. L’integrazione dell’angolo inferiore sinistro sembra di marmo. Il ritratto di fanciulla è leggermente ritoccato nella capigliatura non ben leggibile, la punta del naso è di restauro.
Si ricorda che il reperto essendo stato dichiarato di eccezionale interesse archeologico non può essere esportato.