COPPA BACCELLATA
Venezia, 1500 ca.
Rame con smalto dipinto a strati; dorature
alt. cm 5,1; diam. 27,7 cm; diam. piede cm 11,1
Corredato da attestato di libera circolazione
Scalloped Bowl, copper with enamel painted in layers; gildings
H. 5.1 cm; diam. 27.7 cm; foot diam. 11.1 cm
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La coppa in rame umbonata ha forma circolare con voluta centrale a baccellature rilevate e arcuate disposte attorno al centro, delimitato da una cornice a rilievo d’ispirazione ispano-moresca. La tesa mostra una fascia a baccellature concave delimitate da parti a rilievo in una generale disposizione che alterna pieni e vuoti. Le volute bianche, anch’esse con forma incurvata, si estendono sulla superficie incorniciate da una serie di petali dalla forma a larga goccia, che adornano l’orlo alto con labbro arrotondato, su smalto verde scuro. Il centro, incorniciato di blu, reca la scritta dorata “MONTES” su fondo bianco. Le baccellature arcuate della tesa, a imitazione delle penne di pavone, mostrano il colore di fondo bianco con lumeggiature blu e sottili tocchi d’oro disposti a piccoli fiorellini. La forma è sottolineata dallo smalto verde, che prosegue fino a riempire l’ultima fascia di baccellature, dove il decoro in oro assume le sembianze di un piccolo cespuglio centrato da un tocco di rosso. Il blu conclude l’ornato sull’orlo, mostrando tracce della doratura originaria.
Il retro della coppa è interamente ricoperto di smalto blu cobalto, salvo una porzione, al di sotto del piede, dove si intravvede il rame sotto uno strato sottile di vetro. Il blu intenso è decorato con piccole stelline dorate dipinte a fasce concentriche nelle incavature delle baccellature e, con maggior concentrazione, lungo l’attaccatura del piede. Le stesse stelline sono presenti anche all’interno del piede.
Questa tipologia di coppa fu in uso a Venezia sia per uso ecclesiastico che per uso secolare, e spesso recava al centro uno stemma nobiliare, sostituito nel nostro caso dal motto “MONTES”. Esso deriva dal gruppo dei quindici salmi detti “delle ascensioni” (Libro dei Salmi, Salmo 120: “Levavi oculos meos in montes”), e tuttavia fu spesso utilizzato come motto negli stemmi nobiliari.
La coppa ripropone una formulazione morfologica e decorativa ormai unanimemente attribuita all’area veneta, in particolare alla città di Venezia, e ascritta a un arco cronologico compreso tra la fine del XV e gli inizi del secolo XVI. Proprio in questo periodo la città lagunare produsse alcuni tra i migliori esemplari di smalti in Europa, e a questo proposito interessanti sono le ipotesi di un collegamento con le tradizionali tecniche lagunari basate sull’affinità con i vetri muranesi, avanzate già nel 1885 da Émile Molinier e confermate poi da Lionello Venturi negli anni Venti.
La tipologia del nostro piatto appartiene al secondo periodo di produzione, quando fu introdotta una nuova tecnica a smalto: questa prevedeva una prima copertura degli oggetti in rame con smalto bianco e la loro cottura, alla quale seguiva la vera e propria decorazione con una successiva applicazione degli strati colorati, in genere in blu e verde, e quindi una nuova cottura a temperature differenti; seguiva infine l’applicazione degli ornati dorati.
Gli esemplari di produzione veneziana sono rari, alcuni conservati nelle collezioni dei principali musei italiani ed esteri. Per la tecnica si vedano le due coppe su alto piede, una non completa, della Walters Art Gallery di Baltimora, mentre esempi morfologicamente più prossimi al nostro sono conservati al Museo Civico di Torino e nelle Civiche Raccolte d’Arti Applicate del Castello Sforzesco di Milano. Un piatto di dimensioni appena maggiori e in impeccabile stato di conservazione si trova inoltre al Victoria and Albert Museum di Londra (inv. 156-1894). Ma il confronto più prossimo è costituito da un esemplare conservato a Venezia nella Galleria di Palazzo Cini a San Vio (inv. 40051): una coppa affine per dimensioni e decoro, che mostra però il clipeo al centro dell’umbone decorato con il blu e privo di scritta (vedi fig. 1).
Bibliografia di confronto
- É. Molinier, Dictionnaire des emailleurs : depuis le moyen age jusqu'a la fin du 18. siecle, Paris, J. Rouam, 1885
- L. Venturi, La Collezione Gualino, Torino-Roma, Bestetti e Tumminelli, 1926
- P. Verdier, Walters Art Gallery. Catalogue of Painted Enamels of the Renaissance, Baltimore, 1967, pp. 4-8
- Mallé Luigi, a cura di, Smalti, avori del Museo d'arte antica, Torino, 1969, p.100
- C. Alberici, a cura di, Capolavori di arte decorativa nel castello Sforzesco Milano, 1975, pp. 106-107
- E. Agnini, Schede per il restauro di un piatto di smalto, in rassegna di Studi e Notizie, anno X, vol XI, 1983, pp. 404-411
ZERI, NATALE E MOTTOLA MOLFINO, 1984.
- F. Zeri – M. Natale – A. Mottola Molfino, Dipinti toscani e oggetti d’arte della Collezione Vittorio Cini, Milano 1984, n. 51, p. 71, fig. 101
- L. Caselli, Il corpus degli smalti, in Lettera da san Giorgio, ANNO XIII, numero 25. Semestrale. Settembre 20011- febbraio 2012, pp. 15-19