Lodovico Caselli
(Siena 1817 - post 1862)
AGAR E ISMAELE
marmo, cm 120x114, su base in legno dipinto a finto marmo, cm 116 x 73 x 120
firmato e datato 1850
L'opera è corredata da certificato di libera circolazione
marble, cm 120 x 114, on a faux-marble wooden base, cm 116 x 73 x 120
signed and dated 1850
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La comparsa di questo gruppo in marmo, singolare per il soggetto più consueto alla pittura e straordinario per la qualità, pone sotto una nuova luce le doti di questo scultore, altrimenti poco noto, sia per la scarsità delle notizie biografiche, sia per la mancanza di opere tali da poterne ricostruire la fisionomia. In realtà, prima di questa importante riscoperta, il suo nome era essenzialmente legato alla sola statua di Paolo Mascagni, il celebre anatomista che era stato anche professore di anatomia pittorica all’ Accademia di Belle Arti di Firenze, eseguita per la serie degli uomini illustri del Loggiato degli Uffizi e ben documentata nei suoi passaggi, dal modello in gesso eseguito nel 1847 alla redazione in marmo finita nel 1852.
Caselli era stato allievo di Luigi Pampaloni e Aristodemo Costoli all'Accademia di Firenze dove nel 1840 aveva vinto il premio per la scultura, a pari merito con Giovanni Dupré, con un bassorilievo in gesso raffigurante Il giudizio di Paride. Risultava presente con un gruppo rappresentante Agar e Ismaele all'esposizione allestita in Accademia nel settembre del 1842, quella stessa in cui il suo ex-rivale Dupré aveva inviato il modello in gesso del poi celeberrimo Abele morente. Essendo la nostra scultura firmata e datata 1850, dovrebbe trattarsi di una successiva redazione dello stesso tema, entrata a far parte nel 1860 di una collezione privata fiorentina dove è rimasta sino alla presente occasione.
Come doveva essere avvenuto nel Concorso accademico del 1840, anche qui Caselli sembrava volersi confrontare con Dupré, in questo caso non nello stesso soggetto, ma nel motivo della figura del fanciullo nudo: lui Ismaele, l’altro Abele. Nel cimento con quel capolavoro destinato ad una grande fortuna Caselli risulta comunque non sfigurare, per la sensibilità anatomica e la sensualità con cui ha saputo rendere il corpo di Ismaele che, sfinito dalla sete, appare sollevato su un fianco, mentre la madre Agar tiene sollevato il volto cui guarda, in una corrispondenza di amorosi sensi, con infinito affetto. Il giovane scultore ha dunque saputo rendere con grande intensità l’episodio biblico che, in quanto espressione di un dolore universale, aveva e continuava a godere di una grande popolarità. Era il dramma della madre che, finita l’acqua e vedendo il figlio morire, aveva perso con ogni speranza anche la fiducia in Dio. In un momento in cui la scultura prediligeva ancora il mito e comunque motivi ispirati all’antichità classica, Caselli, come Dupré, si rivolgeva invece alla Bibbia vista come fonte di temi più rispondenti alla sensibilità contemporanea. Dimostrando le sue capacità e la sua ambizione, lo scultore senese si misurava con un tema che aveva conosciuto una grande fortuna in pittura, con esempi celebri, come Guercino, Van Dyck e Batoni, per quanto riguarda gli antichi maestri, e come Horace Vernet, Ary Scheffer, Piccio e Overbeck, se pensiamo ai più celebri pittori contemporanei. Questo gruppo addirittura precede, se pensiamo che la sua prima redazione è del 1842, il dipinto Agar e Ismaele di Adeodato Malatesta, realizzato tra il 1845 e il 1859, per poi diventare, dopo un così lungo percorso creativo che aveva creato molta attesa, una delle opere più celebri di quegli anni. La singolarità della versione in scultura di Caselli sta proprio nell’aver saputo risolvere il rapporto tra le due figure e rendere i dettagli con una sensibilità pittorica, in anni in cui, come nel caso del rapporto tra Vincenzo Vela e Francesco Hayez, vediamo interessanti interferenze tra le due arti. Del resto la stessa figura di Agar dimostra una sensibilità che richiama quella delle popolari eroine bibliche, come Ruth o Tamar, dello stesso Hayez.
Fernando Mazzocca
Il bambino Ismaele crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. Ma Sara vide che il figlio di Agar l'Egiziana, quello che essa aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: "Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco". La cosa dispiacque molto ad Abramo per riguardo a suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: "Non ti dispiaccia questo, per il fanciullo e la tua schiava: ascolta la parola di Sara in quanto ti dice, ascolta la sua voce, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una grande nazione anche il figlio della schiava, perché è tua prole". Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre di acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via. Essa se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora essa depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: "Non voglio veder morire il fanciullo!". Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e pianse. Ma Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: "Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione". Dio le aprì gli occhi ed essa vide un pozzo d'acqua. Allora andò a riempire l’otre e fece bere il fanciullo. E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d'arco. Egli abitò nel deserto di Paran dove sua madre gli prese una moglie del paese d'Egitto.
(Genesi, 21,8-21,21)