ALBARELLO
Montelupo, 1480-1490 circa
Maiolica ricoperta da uno smalto spesso, color bianco-crema, dipinto in blu, giallo-arancio e bruno di manganese.
Sotto la base tracce di cartellino e tracce di numeri scritti a china
alt. cm 34,3; diam. bocca cm 12,2; diam. piede cm 12,8
Intatto, salvo una felatura passante che interessa il collo e parte del corpo; cadute di smalto ricoperte da restauro lungo la spalla e lungo il calice
Corredato da attestato di libera circolazione
Earthenware, covered with a thick, creamy-white tin glaze and painted in blue, yellowy-orange and manganese
H. 34.3 cm; mouth diam. 12.9 cm; foot diam. 12.4 cm
On the bottom, remains of a paper tag and remains of numbers hand-written in black ink
In very good condition, with the exception of a heavy hairline crack running along the neck and part of the body; some glaze losses covered by restoration along the shoulders and body
An export licence is available for this lot
L’albarello ha un’imboccatura larga con orlo appiattito, tagliato a stecca, con accenno di estroflessione. Il collo cilindrico, molto breve, si apre in una spalla appena angolata dal profilo arrotondato; essa scende nel corpo cilindrico lievemente carenato che si richiude in un calice breve, concluso da un piede piano con orlo appena espanso all’esterno.
Il vaso, di grandi dimensioni, è interamente ricoperto da una decorazione “a foglia di prezzemolo”, costituita da una densa serie di segni blu disposti a stella al centro di una fitta rete di sottili segni tracciati in manganese, collocati simmetricamente e inframmezzati da puntinature arancio. La rete è intervallata da sottili linee verticali con puntinature di colore blu cobalto. La parte frontale del vaso è interessata dalla decorazione principale: un emblema dipinto con ampio uso di manganese che riporta un simbolo, probabilmente farmaceutico, non individuato. Il simbolo è circondato da una corona a petali di colore arancio poggiante su una fascia blu. Al centro del medaglione un fitto motivo puntinato alternato a nuvole riempie la riserva bianca.
Questo decoro rappresenta uno dei generi principali nella produzione vascolare toscana a smalto dell’ultimo ventennio del secolo XV.
La documentazione di maggior rilievo è rappresentata da un gruppo di ceramiche custodite nella Farmacia di Santa Fina a San Gimignano.
Il decoro principale trae la sua ispirazione da motivi “ispano-moreschi”: si tratta del decoro a hoja de pérejil, spesso utilizzato dai ceramisti spagnoli di Manises nel corso del secolo XV. Il motivo decorativo è stato accolto dai ceramisti toscani sostanzialmente con poche varianti. L’uso del decoro è presente in ceramiche di uso domestico, come nel vasellame da mensa, e in forme chiuse di uso farmaceutico dove è testimoniato da alcuni esemplari. Galeazzo Cora nel 1973 trattò con molta attenzione questo gruppo di ceramiche, tanto da darne la definizione di “tipo Santa Fina”. Oggi si è osservato che, nel gruppo di ceramiche della farmacia di San Gimignano da cui deriva il nome, la decorazione è dipinta sull’ingobbio ed è di una qualità inferiore rispetto a quella di altri esemplari con medesimo ornato.
Fausto Berti ha nuovamente classificato tali oggetti sulla scia dei nuovi ritrovamenti archeologici di certa provenienza montelupina e comunque del Valdarno.
Un piatto o vassoio databile al 1489-1492, conservato al Museo Archeologico della Ceramica di Montelupo, è un chiaro esempio di decoro in cui già si nota come la sostituzione del lustro spagnolo con i tratti in manganese e lumeggiature arancio, pur risultando efficace, non raggiungesse la profondità del lustro. La stessa tecnica più corriva, ma comunque associata a un medaglione principale con cornice di foggia simile a quella nell’esemplare in esame, si trova in un boccale dello stesso museo.
Anche gli orcioli con emblema mercantile probabilmente da farmacia, di cui Berti presenta un esemplare da collezione privata, dimostrano come in questa fase l’invasività del decoro a piccole foglie prevalga ancora sull’emblema.
Gli esempi ci fanno meglio comprendere come il decoro si sia evoluto e diversificato anche in base alle forme.
L’albarello in esame era stato associato nelle prime pubblicazioni alla farmacia di Santa Fina, mentre alla luce degli studi attuali pensiamo sia più corretto collocarlo fra le produzioni montelupine classificabili all’interno del gruppo 13.2.2 per l’uso della corona con petali ovoidali arancio e, più in generale, per le modalità stilistiche del tratto pittorico dell’intricata rete del decoro a foglie.
L’albarello è stato pubblicato da Cora nel 1973 come opera di area fiorentina; lo studioso lo individua nella collezione Adda di Parigi.
Conti lo pubblica nello stesso anno come tipologia fiorentina con ornato italo- moresco e ne segnala la presenza nella collezione Jean-George Rueff, sempre a Parigi. Rackham aveva a sua volta già pubblicato l’albarello come opera fiorentina ascrivibile agli anni 1450-1460, proveniente dalla collezione Adolf von Beckerath.