COPPA
Gubbio, 1540 circa
Maiolica decorata in policromia in rosso, arancio, giallo, verde, blu di cobalto, bruno di manganese nei toni del nero, bianco e lumeggiature rosse
alt. cm 4; diam. cm 18,7; diam. piede cm 8,5
Sotto la base etichetta stampata “ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782”
Sbeccatura al piede; lievi sbeccature di usura all’orlo
Earthenware, painted in red, orange, yellow, green, cobalt blue, blackish manganese, white, and red highlights
H. 4.8 cm; diam. 18.7 cm; foot diam. 8.5 cm
On the back, printed label ‘ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782’
Chip to foot; minor wear chips to rim
La piccola coppa, dalla foggia ampia e liscia, ha un bordo dritto e poggia su un piede ad anello basso e svasato, con orlo tagliato a stecca.
L’ornato a pieno campo è realizzato con grande finezza e raffigura San Girolamo penitente nel deserto mentre, inginocchiato in prossimità di una roccia, si percuote il petto con un sasso reggendo la croce nell’altra mano.
Il corpo del santo è dipinto con cura e notevole attenzione nella resa della muscolatura, grazie alle ombreggiature in ocra e in smalto bianco. L’uso dei tocchi di bianco per dare forma ad alcuni dettagli si nota anche nella resa del Cristo sul crocifisso, delineato in solo smalto, e nel ciuffo di fiori sulla roccia alle spalle del santo. Il paesaggio con montagne impervie e paesini è invece meno accurato.
La lumeggiatura è sapientemente dosata e distribuita per dare risalto al personaggio e stesa con maggior densità sul lato destro e nel cielo, quasi a seguire la luce del tramonto. La roccia collocata a incorniciare la figura del santo è anch’essa lumeggiata, evidenziando così il fondo scuro della spelonca, rifugio dell’eremita. La lumeggiatura è presente anche nel retro con una larga fascia a sottolineare l’orlo della coppa.
Il soggetto ebbe molta fortuna nella produzione ceramica istoriata e si annoverano numerosi esempi dipinti anche da pittori illustri, tra i quali lo stesso Xanto Avelli e i suoi seguaci. Un confronto vicino al nostro esemplare è conservato nella donazione Fanfani del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, la cui fonte è una stampa di Reverdino, incisore seguace del Bonasone, dalla quale anche il decoratore della nostra avrebbe potuto trarre ispirazione.