Importanti Maioliche Rinascimentali

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PIATTO

€ 18.000 / 25.000
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PIATTO

Castel Durante, bottega di Ludovico e Angelo Picchi, 1550-1560 circa

 

Maiolica decorata in policromia con arancio, verde, blu, bruno di manganese nei toni del nero e del marrone e bianco

alt. cm 5,1; Ø cm 27,4; Ø piede cm 9,7

Sul fronte iscrizione “pirramo e Tisbi”

Sul retro etichetta stampata “[169 AN AMUSING URBINO DISH painted in the usual palette of blue,/ green, yellow and ochre, with the story of Pyramo and Thisbe, the hero/ lies with his spear through his body by the side of Ninus’ tomb. Thisbe/ and the lioness stand close by. A city in the background the tomb inscribed/ with the names of the lovers, 10 incs, circa 1540 / [See ILLUSTRATION]

 

Felatura passante sulla tesa a sinistra

 

Corredato da attestato di libera circolazione

 

Earthenware, painted in orange, green, blue, blackish and brownish manganese, and white

H. 5.1 cm; diam. 27.4 cm; foot diam. 9.7 cm

On the front, inscription ‘pirramo e Tisbi’

On the back, printed label ‘[169 AN AMUSING URBINO DISH painted in the usual palette of blue/, green, yellow and ochre, with the story of Pyramo and Thisbe, the hero/ lies with his spear through his body by the side of Ninus’tomb. Thisbe/ and the lioness stand close by. A city in the background the tomb inscribed/ with the names of the lovers, 10 incs, circa 1540 / [See ILLUSTRATION]’

 

Heavy hairline crack to broad rim at 9 o’clock

 

An export licence is available for this lot

 

Il piatto ha un cavetto largo e profondo, una tesa larga e obliqua con orlo arrotondato listato di giallo e un piede ad anello rilevato. Il retro è profilato di giallo.

La decorazione pittorica presenta una scena istoriata con un paesaggio marino con montagne sullo sfondo. Al centro del cavetto una città con palazzi e cupole, parzialmente coperta da un cumulo di rocce, si specchia in un fiume che scende verso la scena principale, nella parte inferiore del piatto: qui è raffigurata Tisbe con le braccia aperte e il manto gonfiato dal vento, mentre scopre il cadavere di Piramo, il quale si è ucciso credendola morta. Alle spalle della donna sono raffigurati due animali: un piccolo leone, origine dell’equivoco, e un cavallo bianco; poco distante a sinistra, si scorge Eros che alza l’arco nella mano sinistra. A destra una fonte scorre dal sepolcro di Nino, luogo del ferale appuntamento, e lì è frettolosamente scritta in corsivo l’epigrafe che descrive la scena: “pirramo e Tisbi”.

La favola, tratta probabilmente dalle Metamorfosi di Ovidio (Ovid., Met IV, vv. 55-166), ha molte fonti illustri, classiche, medievali e rinascimentali e fu soggetto di grande successo. In maiolica ne conosciamo una versione di Xanto Avelli, ma la bottega durantina, cui l’esemplare è attribuito, segue generalmente le fonti classiche dell’istoriato urbinate.

Il piatto è stato pubblicato come opera di bottega di Urbino, ma a nostro giudizio è stilisticamente riferibile alla produzione di Ludovico e Angelo Picchi a Castel Durante. L’attribuzione si basa sul confronto con un piatto del Walters Art Museum di Baltimora, attribuito alla bottega di Andrea da Negroponte, che raffigura la sfida tra Apollo e Marsia. Si veda ed esempio la somiglianza stilistica dei volti di Apollo e della divinità sulla sinistra con quella della figura di Tisbe in questo piatto e in particolare il naso dritto a “L”, la bocca semiaperta e gli occhi con le palpebre abbassate, ma anche il modo ancora molto tradizionale di circondare la figura con il manto gonfiato dal vento. Anche le ali di Eros, disposte ad angolo retto, il nastro sottile che regge la faretra e la postura del dio, ricordano gli amorini nel piatto di Baltimora. Inoltre in entrambi gli oggetti i volti lumeggiati con tocchi di bianco, i cespugli ad alberello e il paesaggio di sfondo, con torri con cupole e casette con portico, si differenziano dalle modalità compositive più consuete della bottega durantina. Il satiro sulla destra nell’esemplare di Baltimora è molto simile a quello raffigurato sul piatto presentato al lotto 50 di questo catalogo, attribuito alla stessa bottega, a conferma dell’uso ripetitivo di alcuni soggetti in questa manifattura durantina. C’è poi da osservare che entrambi gli oggetti sono di dimensioni importanti, quindi non comuni.

Anche il confronto con un altro grande piatto conservato nello stesso museo americano, anch’esso anomalo rispetto alle serie attribuite alla bottega durantina, sorregge l’ipotesi attributiva. Si tratta di un piatto raffigurante la raccolta della manna, il quale si discosta dalla media per la complessità della raffigurazione, per il numero dei personaggi e per le dimensioni. Ciononostante, sono molti i dettagli stilisticamente affini all’opera degli artefici durantini: per esempio lo stile pittorico nella resa dei volti e le figurine sedute in alto a destra, la cui impostazione è assai prossima allo stile della bottega durantina; e anche il cavallo bianco al centro della scena presenta caratteristiche molto simili a quelle dell’animale raffigurato sul piatto in esame, in particolare per quanto riguarda la rappresentazione del muso.

Riguardo alla provenienza, l’unica notizia si ritrova nel lavoro di Bellini e Conti, che pubblicano l’opera come appartenente alla collezione Genova di Venezia.

Il piatto è passato all’asta di Palazzo Capponi a Firenze nel 1970.