PIATTO
Urbino o altro centro del Ducato di Urbino, Francesco Xanto Avelli, 1528-1530 circa
Maiolica decorata in policromia con arancio, giallo, verde, blu, bianco di stagno e bruno di manganese nei toni del nero, del marrone e del viola
alt. cm 4,5; diam. cm 26,6; diam. piede cm 7,3
Sul retro, sotto il piede, la scritta “A dann’p’el reo tesc iio/ anmiratino/ fabula y”
Intatto; sobbollitura dello smalto in basso a sinistra
Earthenware, painted in orange, yellow, green, blue, tin white, blackish and brownish manganese, and manganese purple
H. 4.5 cm; diam. 26.6 cm; foot diam. 7.3 cm
On the back, beneath the base, inscription in blue ‘A dann’p’el reo tesc iio/ anmiratino/ fabula y’
In very good condition; on the front, firing defect at 7 o’clock
Il piatto ha cavetto profondo e larga tesa appena inclinata. L’orlo sul retro presenta tre filetti incisi concentrici. Poggia su un basso piede privo di anello.
La scena figurata si svolge in primo piano tra un edificio, a sinistra, e due alberelli dal tronco sinuoso, a destra; al centro è presente un’alta rupe coperta da zolle erbose. Sullo sfondo un paesaggio costiero con un borgo circondato da mura e un’alta collina squadrata; un fiume lo separa dalla scena in primo piano.
Con la consueta capacità pittorica, il pittore rodigino sintetizza la vicenda di Perseo (Ovidio, Met. IV, 769-803), uno dei miti più articolati della grecità, unendo, come spesso accade, in una stessa narrazione i personaggi mutuati da più incisioni. Il momento topico è nell’esergo in primo piano: la morte di Medusa, il mostro femminile, con il capo coperto di vipere il cui sguardo era in grado di pietrificare il nemico, che giace con il capo mozzato su un prato erboso in prossimità di uno specchio d’acqua; il modello del corpo è tratto da un’incisione di Jacopo (o Gian Giacomo) Caraglio (1500-1565 circa) ripresa da Rosso Fiorentino raffigurante Il convegno tra le Muse e le Pieridi. A destra, Perseo – il capo coperto dall’elmo che rende invisibili e ai piedi i calzari alati dono di Ermes – avanza brandendo la spada e portando con sé la testa di Medusa; la figura qui utilizzata per rappresentare l’eroe è stata spesso usata dal pittore ed è presente anche in altre opere, e si tratta di un adattamento dall’incisione raffigurante il Martirio di Santa Felicita di Marcantonio Raimondi tratta da Raffaello. Al centro, un giovane personaggio spunta da dietro una roccia portando un sacco sulle spalle; il personaggio, anch’esso utilizzato di frequente da Xanto Avelli, è derivato dall’incisione di Marcantonio Raimondi raffigurante Isacco che benedice Giacobbe, ugualmente tratta da Raffaello. Riteniamo che si tratti di un episodio successivo: Perseo trasporta la testa della Gorgone all’interno di un sacco di cui Atena gli ha fatto dono insieme allo scudo utilizzato per ingannare Medusa, allo scopo di evitare lo sguardo del mostro, il cui potere pietrificante non sarebbe venuto meno neanche dopo la morte della stessa.
A sinistra, vicino a un palazzo, un uomo si copre il volto con un mantello. L’episodio potrebbe essere quello in cui Perseo, di ritorno dalle sue avventure, reca la testa promessa a Polittete per le nozze con la madre e per vendicarsi dei torti subiti la estrae per l’ultima volta dalla sacca pietrificando il re e i suoi cortigiani: “a danno per il reo”.
Anche quest’opera, come già detto per il lotto 38, va accostata a quelle prodotte prima dell’arrivo dell’Avelli a Urbino e si aggiunge alla serie cosiddetta Y/φ, quindi al periodo anteriore al 1530. Dal confronto stilistico con altre sue opere possiamo comunque assegnare il piatto a un periodo già maturo, in cui egli aveva ormai affinato la sua tecnica e produceva scene dallo stile ormai fortemente caratterizzato. La vicinanza con il piatto firmato presentato al lotto 39 di questa vendita è evidente: l’uso dei colori ricchi – l’arancio, il violaceo e il verde molto carico – è ormai quello caratteristico del pittore rovigino. Ci conforta il paragone tra alcuni dettagli dell’oggetto in esame e particolari simili presenti in altre opere: si confrontino, per esempio, il paesaggio del nostro piatto con quello presente sul piatto con l’Allegoria del Tempo del City Council Museum di Glasgow, o anche il modo di rappresentare l’ombra del fornice del molo nella nostra opera e in una coppa con San Geronimo e il Beato Colombini in preghiera, anch’essa al museo di Glasgow, databile al 1528-1530.
Ma è soprattutto la modalità nel dipingere le figure che ci aiuta nella datazione dell’opera. Il corpo di Medusa mostra lo stesso raffinato stile pittorico di quello già citato, presentato al lotto 39, ed è probabilmente tratto dalla stessa incisione spesso utilizzata dal pittore, ma anche di quello visibile nel piatto firmato “F.X.A.R. i(n) Urbino 1531” con Allegoria della buona e della cattiva Fama. Il fanciullo al centro del piatto torna in numerose altre opere, come nell’imponente piatto con Diana e Atteone dell’Ashmolean Museum di Oxford, oppure – con forma mutata – nel personaggio seduto che si appoggia a uno scudo, sulla tesa, a sinistra, nel grande piatto con il Matrimonio di Nono e Semiramide del Victoria and Albert Museum di Londra datato 1533.
Lo stesso dicasi anche per Perseo, qui con testa di Medusa in mano, che si ritrova in un piatto firmato e datato 1532 con Astolfo nella terra delle donne, dove compare nelle vesti di un uomo che fugge brandendo una spada, ma riconoscibile anche nel personaggio con il manto alzato raffigurato su un piatto firmato e datato 1538, però con caratteristiche pittoriche differenti.
Le affinità pittoriche maggiori ci paiono comunque riscontrabili nei piatti appartenenti al servizio Pucci, prodotto negli anni 1532-1533. Si veda la stesura nel volto del personaggio barbato del nostro oggetto e quello nel piatto con scena di naufragio, parte del servizio, nella collezione del Corcoran Gallery of Art di Washington, oppure si confronti la testa di Medusa dell’esemplare in esame con quella che affiora da una delle barche della flotta di Seleuco nello stesso piatto.
Il piatto in esame per lo stile già maturo è, a nostro parere, opera da ascrivere all’attività del pittore nel Ducato di Urbino attorno agli anni 1528-1530.
L’esemplare è transitato sul mercato antiquario in occasione di un’asta londinese nel 1964.