Importanti Maioliche Rinascimentali

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PIATTO

€ 12.000 / 18.000
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PIATTO

Pesaro, “1553”

 

Maiolica decorata a policromia in turchino, verde, rosso ferro, arancio, ocra, bianco e bruno di manganese nei toni del nero e del marrone

alt. cm 2,6; diam. cm 22,3; diam. piede cm 9,5

Sul retro, sotto il piede in caratteri corsivi in blu di cobalto, una scritta poco leggibile con alternanza di lettere e punti “N[.]rc[…]s[..](?)alf[..][..]n / f[..](?)[..]t [..]cch[..][..](?) […]ns[.]s[..][..] / 1553

Sul retro, sotto il piede etichetta rotonda manoscritta “FL40/11 (4)”; altra etichetta con scritta a mano “8/842/£100

 

Intatto; lievi sbeccature all’orlo

 

Corredato da attestato di libera circolazione

 

Earthenware, painted in turquoise, green, iron red, orange, ochre, white, and blackish and brownish manganese

H. 2.6 cm; diam. 22.3 cm; foot diam. 9.5 cm

On the back, beneath the base, hardly-readable inscription in cobalt blue (with an alternation of letters and dots): ‘N[.]rc[…]s[..](?)alf[..][..]n / f[..](?)[..]t [..]cch[..][..](?) […]ns[.]s[..][..] / 1553’

Round hand-written label ‘FL40/11 (4)’; hand-written label ‘8/842/£100’

 

In very good condition; minor chips to rim

 

An export licence is available for this lot

 

Il piatto, poggiante su un anello appena accennato, presenta un cavetto poco profondo, una larga tesa orizzontale e un orlo arrotondato listato di giallo. La superficie è interamente smaltata con abbondanza di materia interamente occupata dalla decorazione.

Sul retro, privo di decori, si legge una scritta in caratteri corsivi delineati in blu di cobalto, che vede alternare lettere e punti, utilizzati al posto delle vocali: “N[.]rc[…]s[..](?)alf[..][..]n / f[..](?)[..]t [..]cch[..][..](?) […]ns[.]s[..][..] / 1553”. Ne proponiamo la lettura come segue: “Narcise al fon fecet Ecco in saso 1553”.

Al centro della composizione campeggia un’alta roccia da cui sembra emergere una fanciulla con gli arti che si trasformano in pietra; ai suoi piedi è raffigurato un giovane accucciato nell’atto di rimirarsi in uno specchio d’acqua. Sullo sfondo si scorge, parzialmente coperto da un albero, un paesaggio lacustre con paesini e montagne dal profilo arrotondato.

Protagonista del mito narrato da Ovidio è Narciso, figlio di Cefiso e della ninfa Liriope; alla nascita del bimbo ella aveva consultato il profeta Tiresia, il quale predisse che Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia “se non avesse mai conosciuto se stesso”. Il giovane era così bello che chiunque lo vedesse s’innamorava di lui, ma ne veniva respinto. Un giorno la ninfa Eco lo seguì furtivamente, desiderosa di rivolgergli la parola, ma non potendo attirarne l’attenzione in altro modo, corse ad abbracciare il bel giovane, il quale però l’allontanò immediatamente in malo modo. La ninfa, delusa, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, finché di lei rimase soltanto la voce. Nemesi, uditi i suoi lamenti, decise di punire Narciso: il ragazzo, imbattutosi in una pozza d’acqua profonda, si accucciò su di essa per bere, ma non appena, per la prima volta nella vita, vide la propria immagine riflessa se ne innamorò perdutamente. Solo dopo un po' si accorse che quell’immagine riflessa gli apparteneva e, rendendosi conto che si trattava di un amore impossibile, si lasciò morire struggendosi invano. Si compiva così la profezia di Tiresia.

In questo piatto, come pure in quello che segue in questo catalogo (lotto 49), scorgiamo i volti con il naso a “L” e le labbra carnose, la presenza alcuni fiori dal lungo stelo e barche dalla forma stilizzata. Lo stile pittorico è particolare, ma del tutto coerente con l’esemplare appena citato: si noti ad esempio la stessa abbondanza nell’uso del colore e la stessa rapidità nel tratto, per certi versi quasi caricaturale, nella resa delle figure.

Il paragone con un piatto raffigurante il ratto di Proserpina al Museo di Weimar, nel quale i volti dei personaggi e lo stile degli scorci paesaggistici rivelano una certa somiglianza, purtroppo non è del tutto sufficiente ad attribuire l’oggetto alla stessa mano o allo stesso ambito.

Ci pare anche di ravvisare nella figura di Narciso un’ispirazione da fonti incisorie simili a quella forse all’origine del giovane niobide riprodotto su un piatto datato 1541 del Museo dell’Ermitage.

Mariaux pubblica questo e il piatto che segue come appartenenti alle collezioni del Museo Nazionale Svizzero di Zurigo all’inizio del Novecento. I due piatti di questo stesso catalogo compaiono nell’immagine fotografica dei primi del Novecento in un gruppo di 11 esemplari “provenienti senza dubbio dallo stesso servizio datato 1553” e per i quali l’uguaglianza morfologica e i tratti iconografici e stilistici comuni fanno ipotizzare un’unica bottega di produzione. Mariaux propone quindi un’attribuzione, sulla base della sola visione fotografica e con tutte le cautele del caso, alla bottega durantina di Andrea da Negroponte. Il confronto diretto, anche materico, con i piatti durantini presenti in questo stesso catalogo riferiti alla bottega Picchi non ci pare però soddisfacente. È indubbia la presenza di elementi stilistici affini, come per esempio la forma delle barche, ma l’impostazione delle scene e lo stile pittorico sono differenti. Tuttavia, pur nella scarsa leggibilità delle immagini riprodotte nell’articolo, la presenza di una calligrafia molto affine, ma non uguale, la medesima datazione “1553” e lo stile pittorico coerente denunciano l’appartenenza delle opere a un’unica serie. Alcuni dettagli decorativi sono particolarmente significativi: i volti arrotondati, le labbra carnose dei protagonisti, i corpi tarchiati con la muscolatura evidenziata, la foggia stilizzata delle barche e la presenza di i fiori rossi dai lunghi steli. L’area d’influenza pare essere quella Ducato di Urbino, ma alcune caratteristiche, in modo particolare la foggia dei corpi, ci fanno pensare a una d’influenza bottega pesarese.

Anche la recente pubblicazione di un piatto morfologicamente affine, anch’esso datato 1553 e con calligrafia molto prossima ai nostri, attribuito all’ambito del Pittore di Zenobia pare confermare la produzione pesarese.

Il piatto è stato presentato nell’asta di Palazzo Capponi a Firenze nel 1970.