PIATTO CON STEMMA ARALDICO
Faenza, 1520-1525
Maiolica decorata in policromia con blu, bianco, verde, giallo e arancio
alt. cm 2,5; diam. cm 26; diam. piede cm 8,3
Sul retro, al centro del piede, delineata in blu di cobalto, la sigla paraffata “SB”
Piccola rottura e incollatura sulla tesa a sinistra; due grosse sbeccature sulla tesa in alto a destra e una in alto a sinistra
Earthenware painted in blue, white, green, yellow and orange
H. 2.5 cm; diam. 26 cm; foot diam. 8.3 cm
The back is painted with a mark in cobalt blue: ‘S’ crossed by a paraph and ‘B’
Small crack and restoration to broad rim at 9 o’clock; chip to broad rim at 11 o’clock; two big chips to broad rim at 2 o’clock
Il piatto, poggiante su piede ad anello appena accennato, è piano e con cavetto basso. Il cavetto è separato dalla tesa da due sottili bande decorate da nastri sinuosi e da un motivo “a cordonatura” intervallate da una fascia con decoro bianco su bianco a piccoli fioretti. Esso è occupato da uno stemma su fondo verde, formato da uno scudo circondato da piume e sormontato da un elmo con cimiero in forma di grifo alato rampante con corona a cinque punte. Lo scudo, a tacca, non è stato identificato, ma si tratta probabilmente di uno scudo tedesco inquartato, che al primo e al terzo quadrante mostra un leoncino rampante d’argento, al secondo e al quarto un fondo rosso con quattro bande merlate in giallo; lo stemma al centro è caricato di uno scudetto con aquila bicipite.
La tesa è interamente occupata da un motivo a grottesche con sfingi accucciate, erotini, cornucopie, tralci fogliati e conchiglie. Il decoro è delineato in modo anomalo in blu con tocchi di bianco su fondo bianco a risparmio.
Il retro mostra un fitto motivo petal back su doppia fila concentrica in arancio e blu. Al centro la sigla paraffata “SB”.
Pur essendo pochi gli esempi di raffronto, tuttavia il motivo sul retro, variamente interpretato dagli studiosi, è stato attribuito da Rackham alle manifatture faentine – basandosi proprio su questo oggetto e su un esemplare a lui vicino – nel suo studio sulla collezione Adda, dove l’opera fu conservata fino al 1948, anno della vendita della raccolta. Il piatto è stato poi pubblicato da Cyril Humphris nel catalogo della mostra organizzata nel 1967 proprio con alcuni pezzi della collezione Adda, attribuito alla manifattura della “Casa Pirota” con datazione attorno al 1520.
Le modalità decorative, l’uso del bianco sopra bianco e talune caratteristiche stilistiche della tesa, ci portano ad attribuire il piatto a una manifattura faentina della prima metà del ’500.
La tesa mostra, seppure con una scelta cromatica differente e assai rara, una declinazione decorativa simile a quella usata in altri piatti di questo catalogo: nel 29 per i volti degli amorini e nel 25 per le arpie con volto infantile di profilo. Riteniamo pertanto che si possa proporre un'attribuzione alla Bottega Bergantini nella sua fase iniziale. L'opera potrebbe quindi essere stata prodotta da un pittore attivo nella bottega faentina sita nella cappella di S. Vitale, vicina alle case dei Pirotti, e ivi impiantata dal Maestro Pietro in unione col fratello Paolo già a partire dal 1508 e che prosegue l'attività per più di un cinquantennio, come dimostrano i documenti pubblicati da Grigioni. Per la presenza della sigla "SB", l'opera in studio costituisce un punto fermo per le ricerche orientate al riconoscimento di più precise personalità attive nelle botteghe della città romagnola.