Importanti Maioliche Rinascimentali

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PIATTO DA POMPA

€ 28.000 / 35.000
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PIATTO DA POMPA

Deruta, 1500-1520

 

Maiolica decorata in blu di cobalto e lustro dorato

alt. cm 9,4; diam. cm 42; diam. piede cm 13,9

Sul retro etichetta brunita di vecchia collezione con manoscritto a china in corsivo: "n. 685./ Inscription/ Un bel morire tutta/ la vita onora/ A beautiful death/ confers illustration/ for a lifetime/ From Chevalier Massa/ Collection...”.

Sul retro numero 783 in inchiostro rosso

 

Intatto; lievi consunzioni all’orlo

 

Corredato da attestato di libera circolazione

 

Earthenware, painted in cobalt blue and golden lustre

H. 9.4 cm; diam. 42 cm; foot diam. 13.9 cm

On the back, old collection label hand-written in black ink: "n. 685./ Inscription/ Un bel morire tutta/ la vita onora/ A beautiful death/ confers illustration/ for a lifetime/ From Chevalier Massa/ Collection...”.

On the back number 783 in red ink

 

In very good condition; minor wear to rim

 

An export licence is available for this lot

 

L’esemplare ha un cavetto profondo e largo, la tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura. La foggia è quella tipica delle produzioni derutesi, che ha fatto la fortuna delle manifatture della città umbra: questa forma era destinata ad accogliere i celeberrimi ritratti di belle donne, stemmi nobiliari o soggetti importanti come le immagini di santi ed eroi dipinti con tecnica mista ottenuta in due cotture: la prima a gran fuoco con blu a due toni, la seconda in riduzione per l’ottenimento del lustro.

Retro con invetriatura appesantita di bistro che ricopre l’intera superficie

Al centro del cavetto è raffigurata, di profilo, una giovane donna alla vita, che sostiene nella mano sinistra un garofano dallo stelo lungo e sinuoso. Di fronte al ritratto, si svolge un cartiglio che reca la scritta a caratteri capitali “UMBE/L MoRIR/ETU/TALAVITA•ONO/R/A” (un bel morir tutta la vita onora), tratta dal Canzoniere di Petrarca. Il profilo è fortemente sottolineato da pennellate blu scuro che si schiariscono progressivamente, andando ad ombreggiare lo sfondo intorno al cartiglio. Una sottile fascia con un motivo decorativo a corona fogliata separa il cavetto dalla tesa, decorata da una ghirlanda di fiori a bocciolo, collegati da una breve rametto con foglie lanceolate disposte simmetricamente.

Com’è consuetudine in questa tipologia ceramica, la stessa immagine è ripetuta, in modo sostanzialmente simile, anche in altri piatti con analoga impostazione decorativa, direttamente ispirata dalle figure del Pinturicchio che ornano l’appartamento Borgia in Vaticano o dalla Sibilla Eritrea raffigurata negli affreschi del Perugino che decorano la Sala delle Udienze nel Collegio del Cambio a Perugia. Per confronto si vedano l’esemplare con il motto virgiliano “Omnia vincit amor” del Museo delle Arti Decorative di Lione e quello del British Museum con tesa decorata da una bordura molto simile, databile tra il 1500 e il 1520. Un altro piatto molto vicino all’oggetto in esame, pubblicato da Wilson qualche anno fa, presenta solo lievi differenze nei decori minori dell’abito e nella presenza di fiori arrotondati al posto delle fogliette nella tesa, oltre a un tratto pittorico più evanescente, meno incisivo di quello del nostro esemplare.

Questo gruppo di piatti è databile grazie al confronto con il piatto del British Museum dalla tesa decorata a ghirlanda recante lo stemma di papa Giulio II, che data l’intera serie tra il 1503 e il 1513, gli anni del suo pontificato.

La documentazione che accompagna l’oggetto in esame ne attesta l’arrivo nell’attuale collezione tramite un acquisto effettuato da Humphris di Londra nel 1969. Nel suo catalogo relativo agli oggetti provenienti dalla collezione Adda, Humphris cita il testo di Rackham sulla famosa raccolta, in cui è possibile ricostruire il percorso dell’oggetto come proveniente dalla collezione Beit, poi venduto da Sotheby’s nel 1948. Il noto studioso ipotizza che il piatto potesse essere lo stesso menzionato nel 1851 da James Dennistoun come proveniente dalla collezione del “Cavalier Massa di Pesaro”.