Importanti Maioliche Rinascimentali

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TONDINO

€ 12.000 / 16.000
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TONDINO

Deruta, 1500-1520 circa

 

Maiolica decorata in policromia con arancio, blu, verde rame e bruno di manganese nei toni del nero-marrone su smalto bianco crema crettato

alt. cm 2,8; diam. cm 25; diam. piede cm 8,2

Sul retro cartellino di collezione molto usurato, numeri di inventario delle raccolte di provenienza in rosso: “L.37.03.92”, “L.1660.92”, “44459”(?)

 

Nella parte alta della tesa sbeccatura ricoperta, con felatura passante che scende fino al medaglione; piccola caduta di colore integrata sul fronte a destra in alto vicino al medaglione; sbeccature minime al bordo e usure

 

Corredato da attestato di libera circolazione

 

Earthenware, covered with a crackled creamy-white glaze and painted in orange, blue, copper green, and blackish-brownish manganese

H. 2.8 cm; diam. 25 cm; foot diam. 8.2 cm

On the back, collection paper tag (worn); old collection inventory numbers in red: ‘L.37.03.92’ and ‘L.1660.92’; ‘44459(?)’

 

On the upper part of the broad rim, a chip repainted and a heavy hairline crack running down to the central decorative panel; on the front, a minor colour loss, repainted; minor chips to rim; slight wear

Il tondino presenta un cavetto profondo a larga tesa piana con orlo arrotondato.

 

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Il decoro vede, al centro del cavetto, un ritratto di paggio con lunghi capelli e copricapo: il fanciullo indossa una casacca chiaroscurata in un color verde molto diluito. Lo sfondo alle spalle del personaggio è suggerito, in alto, da alcune righe azzurre, mentre sul davanti il profilo è fortemente risaltato da pennellate blu scuro che si schiariscono progressivamente, ombreggiando lo sfondo. Il tondo che racchiude la figura è delimitato da un motivo decorativo a cordonatura, cui si sovrappone una fascia a punte, nelle quali sono inscritti piccoli triangoli blu, contornata da semisfere arancio disegnate di blu.

L’attribuzione alla città umbra di Deruta è ormai generalmente accettata.

Lo studio di un gruppo di piatti “petal back” associati a monogrammi o lettere pubblicati da Bernard Rackham nel 1915 aveva inizialmente comportato l’attribuzione alle botteghe di Deruta piuttosto che a Faenza, Forlì, Pesaro o Cafaggiolo precedentemente citate. In opposizione a Rackham, Otto Von Falke aveva invece sostenuto l’attribuzione di questo gruppo alla bottega di maestro Benedetto di Siena. Chompret aveva sposato quest’ultima ipotesi, nonostante la scoperta a Deruta di alcuni frammenti.

Riguardo a questo motivo decorativo, è significativo quanto pubblicato dopo gli scavi nelle vicinanze dell’Istituto d’Arte di Deruta, che hanno portato alla luce resti di fornace: infatti attraverso la pubblicazione dei frammenti sono state chiarite le tipologie e la cronologia di questo genere di motivi.

Un confronto assai prossimo è costituito da un piatto del Fitzwilliam Museum di Cambridge, con ritratto di San Francesco, che presenta caratteristiche decorative molto simili: si veda per esempio l’uso della fascia dentellata a decoro del medaglione centrale e alcuni dettagli nella decorazione della tesa. Il piatto, attribuito all’Umbria e datato tra il 1500 e il 1520, si distingue dall’esemplare in esame per il retro, nel quale il motivo ornamentale è solo accennato.

I piatti con ritratti, come quello in oggetto, appartengono alla categoria dei “ritratti amatori”, molto in voga tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, e prodotti da tutte le manifatture italiane. I piatti amatori ebbero grande fortuna a Faenza e raggiunsero il massimo sviluppo nei piatti da pompa prodotti proprio dalle botteghe di Deruta, espressione dell’usanza, tipicamente rinascimentale, del far dono di stoviglie in pegno d’amore o per particolari occasioni. Spesso tali oggetti raffiguravano il ritratto dell’amato o dell’amata, o un simbolo che evocasse il patto d’amore.

Il nostro tondino proviene dalla collezione Mortimer Schift con attribuzione a una manifattura senese.

La dichiarazione d’autenticità che accompagnava il piatto, redatta a cura di Alavoine Antiquités di Parigi, testimonia l’evoluzione degli studi nel settore attorno agli anni Sessanta del secolo scorso e ricorda pubblicazioni ed esposizioni. Conferma anche la provenienza dalla collezione Sigismond Bardac e il passaggio dalla raccolta Mortimer Schiff (New York); non indica invece la presenza di quest’oggetto nella collezione Bak (New York), dove rimase fino agli anni Sessanta del ‘900.

L’oggetto è stato esposto al Metropolitan Museum of Art di New York negli anni 1917-1919 e 1937-1941.