Nicolò Cannicci
(Firenze 1846 - 1906)
LE SPINTE
olio su tela, cm 53,5x72
firmato
sul retro del telaio resti di etichetta di una esposizione a Palazzo Pitti
Lo sguardo contemplativo di Cannicci "Il Giovanni Segantini delle solitudini toscane" come lo ebbe a definire il Foresi (in: M. Foresi, Niccolò Cannicci nell'arte e nella vita, 1906, p. 507) trova un preciso riscontro, non solo tematico, ma d'intenti e poetica, nel panorama culturale del tempo.
Si muove in ambito naturalista, verista, ma con piena consapevolezza di quale dramma porti questa interiore dicotomia.
Le opere di Cannicci devono l'ispirazione alle opere dei maestri francesi quali Jules Breton, ma il tono delle opere di Cannicci, oltre che ai sentimenti evocati da Zola, è più vicina al tono delle novelle di Verga e in ambito locale ai toni di Renato Fucini, per il quale ricordiamo che illustrò La pipa di Batoni ne Le Veglie di Neri e la raccolta All'aria aperta.
Infatti lo schivo Cannicci tesseva comunque rapporti con gli ambienti letterari, frequentando a Fauglia la villa dei Gioli dove Matilde la moglie del pittore Francesco riusce intellettuali ed artisti.
Dopo gli anni '80 si attua un mutamento linguistico nella pittura del maestro toscano: diminuisce la saldezza formale, la pittura si fa più magra, quasi abbozzata che in certe parti lascia intravedere la tela, fondendo l'unità delle opere su valori più intimi e solitari. In questo contesto culturale e stilistico si colloca Le spinte, l'opera che presentiamo in catalogo.
Nel dipinto, l’artista coglie le tre fanciulle in un momento di spensieratezza, all’interno di un ambiente domestico che emerge solo nei toni dei bruni; le tre bimbe hanno vestitini poveri e semplici ma il loro gesto spontaneo e furtivo di gioco di bimbi, il rosso e il
giallo delle loro pezzole e quelle loro labbra color rosso ciliegia, le riscatta da quella povertà e ci coinvolge nei loro sorrisi.