Maestro senese, metà sec. XIV
MADONNA CON BAMBINO IN TRONO E REDENTORE BENEDICENTE
scomparto centrale di polittico, tempera su tavola fondo oro cuspidata, cm 157x58,5
Provenienza: già San Clemente, Prato (?);
galleria Luigi Albrighi (dal 1931), Firenze;
collezione Gnecco, Genova;
collezione privata, Milano
Bibliografia: W.Angelelli-A.G. De Marchi, Pittura dal Duecento al primo Cinquecento nelle fotografie di Girolamo Bombelli, Milano 1991, p. 60 n. 96
Corredato da attestato di libera circolazione
Il fondo oro qui presentato è noto attraverso una riproduzione fotografica degli anni ’30 pubblicata nel volume sull’archivio fotografico Bombelli (C 13674) che documenta un diverso stato di conservazione del dipinto. Si possono infatti notare alcune differenze come ad esempio il piccolo fiore, sorretto nella mano destra del Bambino, visibile nella fotografia, che risulta sostituito da un mazzolino di fiori nello stato attuale del dipinto. Inoltre l’uccellino trattenuto nella mano sinistra del Bambino non compare nella fotografia, anche se la posa della mano lascerebbe pensare che nello stato originario egli stringesse un uccellino (o qualcos’altro) andato forse perduto a seguito di antiche puliture. I volti della Vergine e del Bambino mostrano nell’immagine fotografica alcuni interventi pittorici a rinforzo delle lumeggiature che li hanno resi più volumetrici, secondo un’interpretazione legata al gusto di fine Ottocento e di primo Novecento. Il velo nella foto appare probabilmente anch’esso arricchito rispetto alle tracce attualmente visibili le quali lasciano ipotizzare che quello originale sia andato in gran parte perduto.
L’opera risulta inoltre documentata da una fotografia probabilmente coeva a quella dell’archivio Bombelli conservata presso la Fototeca Berenson di Villa I Tatti, Firenze (classificazione S 40, inv.125662_1) come Scuola di Simone Martini, sul retro della quale sono riportate notazioni relative all’ipotesi di provenienza da San Clemente a Prato e il passaggio dall’antiquario Luigi Albrighi nel dicembre del 1931. Informazioni circa la successiva collocazione della tavola nella collezione genovese Gnecco sono state rinvenute sulla lastra fotografica Bombelli.
Nella pubblicazione sull’archivio Bombelli l’opera, conosciuta dai curatori probabilmente solo dalla riproduzione fotografica, veniva riferita ad “Anonimo toscano del primo quarto del XV secolo (?)” con qualche incertezza circa la datazione, da mettere probabilmente in relazione con gli interventi di epoca posteriore apportati al dipinto che già erano stati segnalati attraverso un parere orale di Miklòs Boskovits il quale collocava correttamente l’opera in ambito senese e ne riconosceva “modi simili a quelli di Jacopo di Mino del Pellicciaio”.
L’impostazione stilistica e compositiva del fondo oro riconduce infatti all’ambito artistico senese dopo il ritorno di Simone Martini da Avignone e la morte del maestro avvenuta nel 1344, dopo la quale si sviluppò il cosiddetto “revival martiniano” che influenzò, dopo Naddo Ceccarelli, anche gli artisti operanti nei decenni successivi. Riteniamo pertanto che la nostra opera possa essere collocata intorno alla metà del Trecento e riferita ad un maestro tra Naddo Ceccarelli e Jacopo di Mino del Pellicciaio.
Il Redentore benedicente raffigurato nella cimasa risulta meglio conservato rispetto ad altre parti della tavola e mostra per taluni aspetti arcaici alcune affinità con il polittico del Museo Diocesano di Montalcino dell’anonimo Maestro del 1346. Artista quest’ultimo legato ai modelli lorenzettiani e tardo-ducceschi il quale mantiene una dimensione più locale e mostra una qualità esecutiva meno elevata rispetto al nostro dipinto. Sembra tuttavia di poter rilevare alcune similitudini nel modo in cui il Cristo sorregge il libro che si ravvisa anche nel Sant’Agostino del polittico di Montalcino, come pure nell’esecuzione delle mani affusolate e allungate e nel particolare uso delle lumeggiature. I curatori della pubblicazione suggeriscono per il Redentore un accostamento con il frammento del medesimo soggetto riferito ad Andrea Vanni della Società Esecutori di Pie Disposizioni di Siena in cui si colgono tuttavia affinità più di tipo iconografico che stilistico.