Importanti Maioliche Rinascimentali

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COPPA

€ 28.000 / 35.000
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COPPA

PESARO, BOTTEGA DI GIROLAMO LANFRANCO DALLE GABICCE, 1540 CIRCA

Maiolica dipinta a policromia con colori arancio, giallo, verde, blu, bruno di manganese nella tonalità nera, bistro e bianco di stagno.

Alt. cm 6,4; diam. cm 26,4; diam. piede cm 12,9.

 

La coppa presenta cavetto concavo con tesa alta terminante in orlo arrotondato e larga tesa appena inclinata. Poggia su alto piede rifinito a stecca.

La scena figurata occupa tutto il cavetto e raffigura la sfida tra Poseidone e Atena per la protezione della città di Atene. Il Fato aveva predetto che l’Attica sarebbe diventata la regione più forte, ricca e importante di tutta la Grecia e così gli dèi decisero di insediarsi nelle varie città, dove ognuno di loro avrebbe avuto il suo culto personale. Per Atene si svolse una gara il cui tema era quello di produrre la cosa che sarebbe stata più utile agli uomini. Le versioni sono qui discordanti: per alcune Poseidone per primo si recò in Attica, vibrò un colpo di tridente in mezzo all’Acropoli e fece apparire una fonte di acqua salata, mentre secondo un’altra versione del mito Poseidone avrebbe offerto in dono il primo cavallo, simbolo di guerra e potenza. Dopo di lui venne comunque Atena che piantò un ulivo simbolo di pace e fertilità. Ne nacque una contesa: per Apollodoro (1) lo stesso Zeus li fece smettere chiamando a giudici tutti gli altri dèi dell’Olimpo. Il loro giudizio, grazie alla testimonianza di Cecrope che asserì che la dea avesse per prima piantato l’ulivo, fu a favore di Atena, dalla quale la città ebbe il nome. Poseidone, con l'animo pieno d'ira, allagò per vendetta la pianura Triasia e fece sommergere dal mare tutta l'Attica.

Il pittore sviluppa la scena su più livelli prospettici. In primo piano le due divinità al centro: Poseidone che con la destra regge il tridente e con la sinistra il cavallo (2), che s’impenna esprimendo tutta la sua potenza, e un poco in disparte, sulla sinistra, Atena entra nella scena avanzando a larghi passi e indicando alle sue spalle l’albero di ulivo. Sullo sfondo il porto di Atene e la città turrita che s’innalza su un colle. Su un albero è appeso uno stemma bipartito forse a indicare un matrimonio. Allo stato attuale degli studi non ci pare di poter riconoscere le famiglie nobiliari, anche se è forse possibile ipotizzare, per la sola metà a destra dello stemma, che si tratti della famiglia fiorentina dei Bardi (3).

Lo smalto è grasso, spesso, i colori brillanti, la stesura è sicura; i tratti somatici dei volti sono delineati in bruno e la prospettiva è resa con sicurezza, mentre il paesaggio sullo sfondo è ricco di particolari, come ad esempio la torre bianca con il tetto acuminato che svetta sul cielo al tramonto.

La coppa trova preciso riscontro in un esemplare del tutto analogo per morfologia e sintassi decorativa, ma privo dello stemma, conservato al museo di Pesaro e attribuito alla bottega di Girolamo Lanfranco dalle Gabicce attorno al 1542 (4). La scena e la disposizione sono veramente molto simili, facendoci pensare ad un soggetto di successo presso la bottega di produzione, ma la mano è differente: più leggera ma anche più imprecisa nella coppa del museo pesarese, più incisiva, ma anche più irrigidita nella resa dei personaggi, nel nostro esemplare.

Riccardo Gresta nell’analisi della coppa del museo pesarese aveva già ipotizzato la possibile collaborazione di più mani nella stessa opera: lo studioso per la composizione geometrica degli abitati pensa a una paternità del Pittore di Cadmo (5), individuando una mano diversa per le figure (6).

Nello sfondo e nei dettagli delle case, nelle lumeggiature in bianco di stagno delineate con precisione e perizia, nella resa del cavallo in bianco su bianco con ombreggiature di bistro, e in quella dell’incarnato e della muscolatura della divinità marina, si ha la sensazione, nella nostra opera, di una maggiore uniformità pittorica e di trovarsi di fronte a un artista esperto.

L’opera di  Girolamo Lanfranco dalle Gabicce fu studiata e ben definita da Grazia Biscontini Ugolini (7) e da allora si sono potuti raccogliere e individuare molti esemplari ascrivibili a questa importante personalità, fra i quali la bella coppa con la creazione conservata al Victoria and Albert Museum datata 1540 e dichiarata come “fatta in Pesaro”, dove ci pare di ravvisare le stesse modalità decorative soprattutto nella resa di alcuni elementi del paesaggio.

 

1 PSEUDO APOLLODORO, Biblioteca, III, 14.1.

2 La figura del cavallo e della divinità, come suggerito da GRESTA 1998, dovrebbe essere ispirata da un bulino di Giulio Bonasone inciso per illustrare un emblema di Achille Bocchi (MASSARI 1983, p. 139), cui pensiamo sia stata associata la figura dl Poseidon dal Quos Ego di Raffaello (vedi lotto 38 di questo stesso catalogo).

3 Lo stemma dei Bardi consiste in alcune losanghe rosse (da cinque a sette) messe in banda in campo giallo. Nonostante l’avvenuto fallimento della famiglia di banchieri avvenuta nel 1345, la stessa mantenne un certo prestigio a Firenze annoverando una parentela con i Medici: Contessina de’ Bardi fu sposa infatti di Cosimo de’ Medici.

4 FONTEBUONI 1985-1986, scheda n. 32, inv. 4161.

5 GARDELLI 1987, pp. 96-97.

6 GRESTA 1998, pp. 43-44.

7 BISCONTINI UGOLINI 1979, pp. 27-32.