PIATTO
DERUTA (?), INIZIO DEL SECOLO XVI
Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto, rosso ferraccia, giallo, arancio, verde rame in due toni, giallo antimonio, bistro e tocchi di manganese.
Alt. cm 9,8; diam. cm 42; diam. piede cm 14,5.
Sul retro etichetta di collezione dattiloscritta: “Plat rond raprésentant: Daphné cangée en laurier/dirigeant vers la gauche, une coupe chargée de feuilles posée/sur la tête . Dessin au trait bleu sur fond blanc. Au marii,/Faenza XVI siècle”.
L’esemplare ha la forma caratteristica dei piatti da pompa con un cavetto largo e profondo, una tesa ampia che termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello, anch’esso appena rilevato, e forato prima della cottura per consentirne l’esposizione. La foggia è tipica delle produzioni derutesi, ma utilizzata anche da altre botteghe della zona umbro-laziale, ed è destinata ad accogliere i celeberrimi ritratti di belle donne, stemmi nobiliari o soggetti importanti. Anche in questo caso, come per gli altri esemplari presenti in questa selezione, il piatto è dipinto a policromia e mostra una scena istoriata.
La giovane Dafne è raffigurata da sola mentre si sta tramutando in un albero di alloro: un cesto di foglie le ricopre il capo, quasi fosse un’erma decorativa, ma la trasformazione è più evidente nelle mani che si stanno mutando in rami fogliati, mentre l’espressione del volto è impassibile, quasi indifferente. Tutto intorno si estende un paesaggio roccioso dominato sullo sfondo, sulla cima di un colle, da una torre isolata e, più lontano, da una città fortificata che si specchia in un lago. La tesa mostra una ghirlanda d’infiorescenze, ognuna originata da gruppi di tre bacche gialle e terminante in un frutto verde puntinato di giallo, chiuso tra foglie blu arricciate. La policromia del decoro spicca sul fondo smaltato di bianco della tesa, in contrasto con la monocromia della scena centrale, vivacizzata appena dal colore di un serto di foglie che circonda la vita della protagonista. Il retro, coperto con una vetrina piombifera, mostra un rapido decoro costituito da tre larghe spirali dipinte con pennellate blu molto diluite.
Il motivo decorativo della tesa è poco utilizzato: lo ritroviamo, con modalità stilistiche appena differenti, in un vasetto dalla foggia tipicamente derutese, conservato nella collezione Chigi Saracini di Siena (1), nel quale il decoro ha un andamento a girali fogliati con corolle e bacche realizzate in forma più aperta. Carmen Ravanelli Guidotti analizzando l’opera suggerisce una possibile diversificazione della scelta decorativa nei manufatti ceramici a seconda che si trattasse di esemplari da rifinire a lustro o semplicemente a policromia. Tuttavia, mentre le girali del piccolo vaso sono prossime a quelle comunemente visibili sulle tese dei piatti da pompa della città umbra di Deruta, nel nostro esemplare si sviluppano in una corona continua, molto serrata e con modalità stilistiche ben caratterizzate: di contro, l’insolita scelta cromatica è molto simile.
Ancora più notevole è la comparazione con il piatto con Ercole e Anteo del Metropolitan Museum of Art, recentemente esposto in un’importante mostra fiorentina (2). Il confronto con il nostro mette in evidenza apprezzabili parentele: la modalità nel dipingere il cielo e le nuvole come piccoli monticelli in un campo riempito a linee parallele; l’uso di un tratto grafico sottile in monocromia blu; il contrasto coloristico così marcato tra tesa e cavetto; ed infine il paesaggio roccioso, di gusto gotico. Proprio quest’ultima caratteristica ci porta a considerare una cronologia precoce: ma si tratta semplicemente di una proposta, dato l’esiguo numero di confronti fino ad ora analizzati.
1 RAVANELLI GUIDOTTI 1992, pp. 10-11 n. 28.
2 RASMUSSEN 1989, pp. 54-55 n. 32; MAZZOTTI in MARINI 2012, pp. 166-167 n. 1.