GRANDE PIATTO
CASTEL DURANTE, BOTTEGA DI LUDOVICO E ANGELO PICCHI, 1550-1560 CIRCA
Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto, verde rame, giallo antimonio, giallo arancio, bruno di manganese nei toni del nero.
Alt. cm 6,4; diam. cm 42,3; diam. piede cm 22.
Sul retro, sotto il piede una etichetta con numeri “937/712000 sgell” delineati a inchiostro; a fianco, su un supporto verniciato, il numero a china 31305.
Il piatto circolare ha un ampio e largo cavetto, tesa larga e appena obliqua, orlo arrotondato, e poggia su un piede ad anello piuttosto alto. Il retro è decorato a cerchi gialli concentrici, mentre il fronte è interamente ricoperto da una fitta decorazione istoriata che mostra al centro del cavetto una scena di battaglia, mentre la tesa è decorata con figure di satiri, amorini e divinità disposte a riempire, attorno a quattro riserve simmetriche, tutte le campiture.
La tesa è centrata, in altro e in basso, da due figure di sirene affiancate da due putti e circondate da volute architettoniche. Al loro fianco quattro satiri sorreggono un tendaggio, dietro il quale si scorgono delle figure umane. Nella parte superiore il decoro prevede poi due mostri alati e due soldati romani che sorreggono due riserve polilobate, abitate da figurette ignude dipinte a grisaille ocra, mentre le restanti porzioni della tesa, in basso, sono riempite da putti e figure ignude.
Il cavetto è interamente interessato, in primo piano, da una scena nella quale si affrontano due schiere di cavalleria (1), mentre, sullo sfondo, svettano edifici circolari sormontati da cupole e una catena montuosa che si staglia su un cielo al tramonto, riempito da nuvolette dalla forma a chiocciola.
Anche quest’opera, come quelle che seguono (lotti 47-49)), appartiene alla vasta produzione della bottega già attribuita ad Andrea da Negroponte, per via di una coppa che reca questo nome conservata nel museo di Arezzo, e oggi raccolta sotto l’egida della più vasta bottega di Ludovico e Angelo Picchi, attiva a Castel Durante nella seconda metà del secolo XVI.
Elementi caratterizzanti sono lo stile pittorico rapido, corrivo, poco attento alla prospettiva, estremamente decorativo e caratterizzato da dettagli come il muso allungato dei cavalli, spesso con un collo sproporzionato, gli scudi decorati da mascheroni, gli elmi dipinti di scuro che incorniciano dei volti talvolta troppo piccoli, la scelta cromatica.
I confronti più vicini al nostro piatto, come sintassi decorativa, ci derivano dal bel bacile del Walters Art Museum di Baltimora (2), che mostra analoga scelta decorativa nella tesa, unita a un ornato a trofei tipico di Castel Durante, mente nel cavetto reca dipinta la scena della contesa di Apollo, e dal piatto del Museo Civico di Pesaro che raffigura l’episodio biblico di Davide e Golia con tesa stilisticamente vicina alla nostra ma con l’inserimento di motivo a trofei (3).
Un altro collegamento stilistico con i decori della tradizione del centro di Castel Durante ci deriva dalla presenza dei due mostri alati, troneggianti nella parte alta della tesa, che ci ricordano gli ornati a “cerquate”.
Gli stessi mostri e un impianto decorativo simile li riscontriamo anche nel grande bacile del Museo di Cluny (4), dove all’interno del cavetto ritroviamo nelle vesti di Marco Curzio la medesima figura del cavaliere sul cavallo impennato, che qui compare sulla parte sinistra (5).
1 Ci è parso di riconoscere una fonte d’ispirazione per questa battaglia, o almeno dir parte della scena, nella xilografia con Pompeo che combatte gli Iberi in Asia tratta dal Dione Historico tradotta da M. Nicolo Leonniceno, Zoppino, Venezia 1533
2 Walters Art Museum di Baltimora, Inv. 48.1500.
3 Attribuito genericamente a Castel Durante nell’articolo sull’ esposizione di alcune ceramiche dei musei pesaresi (GIARDINI 1998, p. 14).
4 GIACOMOTTI 1974, pp. 342-343 n. 1042
5 Lo stile delle maioliche della vaseria Picchi tra gli anni ‘50 e ‘60 del Cinquecento definisce una seconda fase dell’istoriato durantino: si cominciano ormai a preferire i modelli e la “maniera” della pittura romana, conosciuta grazie ai cartoni di Battista Franco e Taddeo Zuccari per le credenze di maioliche donate da Guidobaldo II Della Rovere, cui queste bordure non sembrano indifferenti.