ORCIOLO BIANSATO
AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1420-1430
Maiolica, corpo ceramico di colore ocra chiaro, appena rosato. Smalto color crema di lucentezza marcata, ma steso in uno strato poco spesso che lascia trasparire il colore dell’impasto; la smaltatura si estende anche all’interno del contenitore. Decoro “a zaffera” in blu di cobalto e piombo poco rilevato, orlato con tratti sottili di bruno di manganese piuttosto diluito.
Alt. cm 16; ingombro massimo cm 14; diam. della bocca cm 8,9; diam. del piede cm 8,4.
Sotto l’ansa il simbolo della bottega, le lettere “x” e “n” disposte in successione, associate da un lato ad un punto blu, dall’altro ad una croce.
Il vaso elettuario, destinato allo stoccaggio di unguenti, ha una forma arrotondata con un corpo globoso, che scende assottigliandosi verso il piede basso e con base piana. Il collo, cilindrico, è corto e privo di orlo. Dalla spalla, fino alla parte più esterna del corpo, si allargano due brevi anse a nastro a piega ortogonale.
La decorazione, suddivisa in due metope che occupano la gran parte del corpo, segnate da sottili linee di manganese, è caratterizzata da un motivo a foglie di quercia che si dipartono da un sottile ramo centrale, realizzato in manganese, per aprirsi lateralmente con andamento simmetrico. Le due metope sono separate tra loro dalle anse che, scendendo lungo il corpo, ne determinano l’impaginato decorativo. Il collo è ornato da una serie continua di punti blu, tra loro separati da una linea sinuosa in bruno di manganese (1).
Il decoro a foglia di quercia è molto frequente nelle produzioni di area fiorentina e la sua diffusione secondo alcuni studiosi è da mettere in relazione con l’obiettiva difficoltà tecnica della pittura a zaffera: il soggetto arrotondato e ripetitivo doveva facilitare la tenuta del colore, limitando sgradite sbavature (2).
L’orciolo trova precisa corrispondenza nell’esemplare n. 44 di questa stessa selezione, ma anche in un manufatto, di poco più grande, studiato da Galeazzo Cora prima e da Carmen Ravanelli Guidotti poi e infine pubblicato nell’esauriente studio sulla zaffera compiuto in occasione della mostra di Viterbo nel 1991 (3).
La marca è stata interpretata da Carmen Ravanelli Guidotti come una “z” e una “n” disposte in successione e riferita ad un gruppo di marche della produzione montelupina cosiddetta italo-moresca. In realtà, concordemente a quanto affermato da Berti nell’ampio studio sulla ceramica di Montelupo (4), se accettiamo una cronologia produttiva che va dagli anni ’70-’80 del Trecento per ai tardivi esemplari degli anni intorno al 1470 la “zaffera” precederebbe di non pochi anni lo sviluppo della italo-moresca. Per Berti infatti è proprio la scelta morfologica e decorativa, che si discosta dalle consuete composizioni geometrico-fitomorfe della ceramica arcaica, a costituire la principale innovazione e novità formale nella produzione ceramica del Quattrocento.
Lo stesso motivo qui riprodotto della “foglia di quercia” costituisce un’innovazione la cui fonte d’ispirazione non è ancora certa e il cui ruolo, come elemento decorativo, può avere una valenza principale o secondaria, come ad esempio nello splendido boccale (lotto 8) di questa selezione dove accompagna due elementi figurati animali.
Un esempio di confronto che ci pare particolarmente significativo è l’orciolo esposto alla mostra sulla ceramica di Montelupo nel 2002 (5): la forma, lo stile decorativo e la qualità materica sono assai prossimi a quelli dell’esemplare in esame; inoltre la presenza della sigla, che accomuna tutti gli esemplari oggetto di confronto, ci porta a ritenere l’opera in esame come prodotto di una bottega montelupina riferibile agli anni 1420-1430 circa.
1-Gli ornati delle ceramiche a zaffera sono stati studiati da MOORE-VALERI 1967, pp. 477-500, che ha individuato alcuni ornati come ispirati alle tappezzerie e ai tessuti di origine orientale. La foglia di quercia si distingue da questa fonte diretta d’ispirazione e fu spesso utilizzata come riempitivo delle parti che non erano occupate da figure umane, fantastiche o animali. Tale decoro è spesso parte del repertorio figurativo presente anche sulla ceramica arcaica. Per la studiosa l’origine assai precoce del decoro dovrebbe provenire dalla Sicilia Angioina, per poi trasferirsi attraverso l’esperienza degli orafi e dei tessitori lucchesi verso il centro della Toscana.
2-BERTI 2002, pp. 51-53.
3-CONTI-ALINARI-BERTI-LUCCARELLI-RAVANELLI-LUZI 1991, p. 91 n. 31 e n. 137 (già collezione Damiron, SOTHEBY’S 1975, n. 5) con zaffera decisamente meno rilevata.
4-BERTI 1997, p. 114.
5- BERTI 2002, pp. 54-56 n. 2 e datato al 1420-1430.