PIATTO
VENEZIA, ULTIMO QUARTO DEL XVI SECOLO
Maiolica dipinta in monocromia blu su fondo smaltato berettino molto scuro; tocchi di bianco di stagno.
Alt. cm 3; diam. cm 22,2; diam. piede 9,1.
Il piatto, con cavetto poco profondo e non particolarmente marcato, ha una tesa ricurva ad orlo estroflesso e poggia su un piede ad anello largo e poco rilevato. È interamente coperto da uno spesso strato di smalto berettino di colore azzurro cupo, dalla superficie brillante, che mostra qualche piccola bollitura.
La decorazione, che si sviluppa sull’intera superficie, mostra la raffigurazione di un paesaggio caratterizzato dalla presenza di architetture con edifici dal tetto a cuspide, finestre alte rettangolari e finestre ad occhi di pernice. I gruppi di edifici sono valorizzati dalla presenza di alte torri dalla copertura cuspidata sulla destra, e con una cupola a cipolla dal carattere orientaleggiante al centro e sullo sfondo, con un’allusione forse a dei minareti. Gli elementi naturalistici del paesaggio sono un vasto prato con ciuffi d’erba e ciottoli all’esergo e uno scoglio dal profilo arrotondato che svetta al centro di una baia abitata da piccoli velieri. Nel cielo, ombreggiato da piccole nuvole, volano alcuni uccelli.
Il verso del piatto mostra una decorazione a pennellate radiali attorno al piede, invece del più comune motivo cosiddetto “a cestello”.
Il decoro “a Paesi” è molto diffuso nel tardo Cinquecento a Venezia e in tutto il Veneto (1) e i confronti sono pertanto numerosi, al punto che si può applicare una distinzione stilistica: gli esemplari più antichi mostrano un tratto più sottile, più accorto e calligrafico, che via via si sgrana negli esemplari più recenti. La lumeggiatura attenta e la precisione nel delineare le architetture è per Saccardo un elemento che sparisce negli esemplari più tardi.
I pezzi dei servizi mostrano decori simili a quello esposto sul piatto in studio, ma con modalità morfologiche, pittoriche e stilistiche differenti: lo studio di Saccardo, Camuffo e Goffo ci suggerisce alcuni esemplari di confronto (2); una scodella con decoro simile, ma con caratteristiche pittoriche meno calligrafiche, è conservata nella Raccolte di Arti Applicate del Castello Sforzesco di Milano (3). Il nostro piatto si distingue però dalla maggior parte degli esemplari in studio per la presenza di un paesaggio lagunare, raro e solitamente sostituito da dettagli di gusto rovinistico (4). Senza voler paragonare il livello eccezionale raggiunto dalle architetture raffigurate sul grande piatto del Museo dell’Ermitage (5), riteniamo che la presenza di architetture all’orientale e lo stile molto curato nell’esecuzione giustifichino l’inserimento del nostro piatto in una fase produttiva abbastanza precoce e pertanto nell’ultimo quarto del secolo.
Anche questo piatto è stato pubblicato da Alverà Bortolotto nel suo studio monografico sulla maiolica veneta e compare tra i piatti presenti alla mostra tenutasi a Milano negli anni ‘80 dello scorso secolo, dedicata alle immagini architettoniche nella maiolica del Cinquecento (7), e nel catalogo della mostra sulle maioliche veneziane del Cinquecento che si svolse, sempre a Milano, negli anni novanta dello scorso secolo (8).
1 Si pensi all’attività di Maestro Alvise a Treviso, in ERICANI-MARINI 1990, pp. 230-232.
2 SACCARDO-CAMUFFO-GROSSO 1992.
3 SACCARDO in AUSENDA 2000, pp. 289-290 n. 317.
4 SACCARDO in AUSENDA 2000.
5 IVANOVA 2003, p. 134 n. 123.
6 ALVERA' BORTOLOTTO 1981, tav. CXI.
7 BERNARDI 1980, p. 37 nn. 38.
8 CANELLI 1990, n. 24.