PIATTO
DUCATO DI URBINO, PROBABILMENTE PESARO, METÀ SECOLO XV
Maiolica dipinta in policromia con arancio, giallo, verde, blu, bruno di manganese nei toni del nero, marrone e bianco di stagno; lumeggiature con lustro color giallo oro.
Alt. cm 3,2; diam. cm 23; diam piede cm 8,3.
Sul retro, al centro del cavetto, in blu di cobalto l’iscrizione “Come Jovve portoganime/nie/dem Cielo”.
Il piatto ha un cavetto concavo, largo e con stacco marcato; la tesa larga e obliqua termina in un orlo arrotondato. Poggia su basso piede privo di anello.
La scena interessa l'intera superficie senza soluzione di continuità e mostra al centro Ganimede trasportato in cielo da Giove tramutato in aquila. Sulla tesa si vede una corona di nuvole dalla forma a chiocciola, su cui sono sedute alcune divinità dell'Olimpo: Ercole, Venere e Amore, Poseidone, Crono e una divinità femminile priva di attributi, probabilmente Diana. Al verso sono dipinte alcune foglie stilizzate in lumeggiatura oro e due spirali tracciate in color rosso ferro. L’orlo è orlato in giallo e lustrato. Lo smalto si presenta grasso, molto ricco, con vetrina brillante, lucida e vetrosa sia sul fronte sia sul retro e abbondante è l’uso dei pigmenti.
Sul retro, al centro del cavetto, in blu di cobalto l’iscrizione “Come Jovve portoganime/nie/dem Cielo”.
La pittura è veloce e lo stile semplice, con caratteristiche che ci ricordano le opere della bottega Picchi.
Anche questo mito, derivante da Ovidio (1), è caro alle botteghe di istoriato e fu variamente interpretato dai vari pittori (2). La raffigurazione del rapimento trova la sua fonte in un’incisione di Giulio Bonasone (3), qui interpretata con grande libertà: nell’incisione il giovane è nudo e di età adolescenziale, qui invece indossa un abito corto ed è ancora bambino (4).
Non è possibile proporre al momento una sicura lettura attributiva, nonostante le numerose opere che trattano la tematica astronomica rinascimentale (5).
Il paesaggio con nuvole dalla forma a chiocciola è stato variamente utilizzato in opere con soggetto di divinità olimpiche e abbiamo notato una maggior incidenza di esemplari con questa caratteristica prodotte nella città di Pesaro, nel Ducato di Urbino: ad esempio nel piatto con Psiche presentata al concilio degli dèi, da un affresco di Raffaello, attribuito alla cerchia di Nicola da Urbino, nel quale un gruppo di divinità riunite attorno a una tavola è circondato da una cornice di nuvole e risalta su un fondo giallo-uovo molto luminoso (6). La corona di nuvole è presente anche nel piatto di Francesco Xanto Avelli con Marte e Venere in cielo, iscritto “Spere” nel verso (7).
Anche nel piatto del servizio Lanciarini del Museo di Padova ritroviamo le divinità olimpiche raccolte attorno a un cerchio di nuvole mentre ricevono la dea Pallade (8). Mancano però affinità stilistiche, che s’intravedono invece in un altro piatto dello stesso museo, sempre del servizio Lanciarini, nel quale la figura di Eros richiama molto le due figure infantili del nostro piatto (9): qui Ganimede è portato in cielo da Giove al cospetto delle altre divinità olimpiche e ne diviene il coppiere.
Non siamo riusciti al momento a rintracciare l’incisione di riferimento, ma riteniamo che il pittore abbia variamente interpretato la fonte o le fonti da cui estrapolare l’immagine delle divinità: forse l’assemblea degli dèi della villa Farnesina, poi trasposta in incisione (10).
L’importanza del piano decorativo è testimoniata dall’applicazione del lustro, operata a Gubbio o da maestranze eugubine operanti nel ducato o nella stessa bottega di produzione. Resta però un’incertezza attributiva, anche se è vero che Giove (11) è simbolo dei Montefeltro e che sono possibili riferimenti simbolici al Duca.
La somiglianza con opere urbinati ci conforterebbe in un’attribuzione in questo senso, tuttavia prevale ancora grande incertezza nella lettura stilistica che ci porta verso una produzione pesarese prossima alla bottega di Girolamo Lanfranco dalle Gabicce dopo gli anni ’40 del secolo XVI: questa bottega nel 1569 era in grado di produrre piatti decorati a lustro, come confermato da un editto del Duca Guidobaldo II, che ne autorizza la produzione garantendone l’immunità fiscale (12).
1 OVIDIO, Metamorfosi X, 155-166.
2 Sulla raffigurazione dell’episodio in maiolica si veda l’articolo di Maria Cristina Villa (VILLA 1995, pp. 47-56) su un piatto di Orazio Fontana con questo soggetto.
3 BARTSCH, XV, 29.
4 Una modalità interpretativa molto simile si ritrova in un piatto del Victoria and Albert Museum, sempre con Ganimede come soggetto e attribuito a Castel Durante, nel quale il pittore riveste il personaggio, raffigurato nudo nell’incisione originaria di Bernard Salomon (1508-1561) presente in Le Metamorphose d’Ovide figurée, Lione 1557.
5 La mitologia classica trova nella tradizione astrologica un fondamentale tramite di sopravvivenza durante l'età medievale fino al Rinascimento, quando in seguito a un lungo processo di mitologizzazione dei corpi celesti si compie l’identificazione di dèi e astri. A partire dal IV secolo a.C., con il trattato di Eudosso di Cnido, volgarizzato e diffuso da Arato di Soli e successivamente nei Catasterismi di Eratostene, pianeti, costellazioni e segni zodiacali cominciano a essere associati a divinità della mitologia classica o nel nome o in rapporto alle storie mitiche (PANOFSKY-SAXL 1933, pp. 228-280).
6 MALLET 2002, pp. 91-92 figg. 20-21.
7 CIOCI 2007, pp. 51-52 figg. 21-22, già in WILSON 2002a, pp. 36 e 39.
8 MUNARINI 1993, pp. 310-311 n. 300.
9 MUNARINI 1993, p. 311 n. 299.
10 Da Gian Giacomo Carraglio, da Agostino Veneziano o da un anonimo incisore, CIOCI 2007, p. 42, cita NORMAN 1976.
11 Anche in questo caso, come già suggerito per decorazioni simili (CIOCI 2007, p. 42), è Giove la figura principale della composizione.
12 BONALI-GRESTA 1987, p. 196 doc. 212.