TONDINO STEMMATO
FAENZA, 1525-30 CIRCA
Maiolica dipinta in policromia con giallo chiaro, turchino, verde, rosso e lumeggiature bianche su fondo azzurro-grigio “berettino”.
Alt. cm 5; diam. cm 24; diam. piede cm 7.
Sul retro, sotto il piede, è delineato un rombo intersecato da una croce.
Il piatto, o tondino, ha un profondo cavetto e una larga tesa appena obliqua, è integralmente ricoperto da smalto “berettino” spesso di colore azzurro intenso e poggia su un piede ad anello appena accennato. Il decoro mostra uno stemma, al centro del cavetto, racchiuso in un medaglione che è a sua volta incorniciato da una fascia decorata in bianco su fondo azzurrato. Lo stemma è dipinto in piena policromia con fondo giallo e branca d’orso che stringe una zampa di capriolo, attorniato da tre stelle rosse. Sopra lo stemma, racchiuso in cartiglio, un amorino e intorno tra sottili nastri sinuosi le lettere in caratteri capitali “P.G.”.
Sulla tesa si estende una decorazione “a groppi“, associata a un motivo “a rabesche” in bianco su azzurro. Sul verso, all’interno del piede, si registra la presenza di un rombo con croce sovrapposta; tutt’intorno sul retro della tesa si osserva un motivo “alla porcellana”.
Un decoro molto simile è riportato su una mattonella da pavimento della Collezione Cora al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza databile attorno al 1530 circa (1).
Al momento non è stato possibile rintracciare la famiglia committente, ma la qualità dell’opera in esame ci fa supporre che si trattasse di un casato importante (2).
Il raffinatissimo decoro della tesa s’inserisce nella tipologia delle “vaghezze e gentilezze”, secondo una definizione registrata nei documenti faentini sulle esportazioni del 1528 (3): tale definizione comprende opere cronologicamente vicine alla produzione a grottesche.
L’ornato del nostro piatto mostra un evidente padronanza della tecnica e della sintassi decorativa, sviluppata su un fondo berettino chiaramente recepito. Il decoro, che comprende la ghirlanda fogliata, groppi, rabesche e molti dei motivi ornamentali più raffinati, può essere probabilmente comparato ad altri esemplari ben riusciti, fra tutti il grande piatto pubblicato come esempio da Carmen Ravanelli Guidotti (4). La scelta della decorazione della tesa e lo stile dello stemma ci portano poi al confronto con un piatto conservato nelle collezioni del Victoria and Albert Museum di Londra, di dimensioni e decorazione più importanti, databile probabilmente al 1530 (5): l’ornato principale che accomuna i piatti è quello a groppi, ma il nostro è realizzato con un ductus estremamente raffinato, tanto da far pensare ad una maggiore vicinanza ai piatti a grottesche e, soprattutto, che sia ancora legato alla decorazione bianco su bianco, qui declinata su un fondo berettino chiaro e associata a un blu cobalto distribuito con sapienza, a definire il decoro e a creare idonee ombreggiature con pennellate più o meno diluite.
Il riscontro con opere prettamente faentine, per quanto riguarda in particolare lo stile pittorico del groppo, l’alta qualità dello smalto, l’esecuzione dello stemma e dell’amorino che lo sovrasta, molto vicino a quelli delineati nei piatti a grottesche, ci rassicura sulla paternità faentina dell’opera e ci fa propendere per una datazione prossima agli anni ‘30 del Cinquecento.
1-BOJANI 1985, p. 58 n. 111.
2-Per la committenza e l’importanza della produzione con stemmi araldici che fecero la fortuna delle manifatture faentine della prima metà del Cinquecento, si veda quanto scritto da Carmen Ravanelli Guidotti (RAVANELLI GUIDOTTI 1998, p. 300).
3- RAVANELLI GUIDOTTI 1998, pp. 306-309.
4- RAVANELLI GUIDOTTI 1998, pp. 331-332 n. 79.
5-RACKHAM 1977, n. 288, di dimensioni più importanti (cm 39 di diametro) e recante l’insegna Medici Strozzi, nel quale il decoro è associato a una ghirlanda già in uso nell’ornato a vaghezze e gentilezze, marcato però col tridente e quindi forse secondo il Fortnum di fabbricazione toscana (GUASTI 1902, p. 215).