TONDINO, VENEZIA, MASTRO JACOPO DA PESARO, 1540 CIRCA
Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto, bruno di manganese nei toni del nero-marrone con tocchi di bianco di stagno su fondo azzurrato.
Alt. cm 2,9; diam. cm 19,8; diam. piede cm 8.
Sigla sulla tesa MJ o mL (?)
Il piatto, con piede ad anello poco rilevato, presenta un profondo cavetto e una larga tesa leggermente inclinata. Sul recto, si osserva una decorazione nei toni del grigio-azzurro su fondo blu: al centro del cavetto una testa femminile spicca sullo sfondo di scudi e flauti, contornata nello stacco tra cavetto e tesa da una fascia bianca a risparmio. La tesa ripropone il disegno a grisaille a trofei con panoplie e strumenti musicali, nella parte inferiore un cartiglio con note musicali, mentre sul lato destro si legge una sigla con due lettere incrociate, forse MJ, per alcuni leggibili come mL (1).
Il retro del piatto mostra un motivo decorativo “alla porcellana” realizzato a punta di pennello in blu, che corre tra la tesa e il cavetto attorno al basso anello di appoggio, su fondo di smalto appena azzurrato.
Il volto al centro, con la bocca chiusa, labbra piene e naso sottile, è dipinto con grazia in un atteggiamento malinconico: gli occhi appena abbassati rivolti a destra. Le guance, la fronte e il mento sono lumeggiati con sottili tratti di stagno che ne arrotondano i contorni. La stessa tecnica, a tratti sottili, si estende per tutta la decorazione, esaltando la luminosità dei trofei e dando al piatto un colore metallico che spicca sul fondo blu, a sua volta realizzato con perizia tecnica pittorica che crea un fondo cupo con pennellate sicure e mano ferma, al punto da lasciare a risparmio le aree interessate dal decoro principale e dai sottili nastri svolazzanti che riempiono le campiture attorno alla raffigurazione principale.
Questo ornato appartiene alla decorazione “all’antica”, detta “a trofei”: fortunato motivo delle maioliche rinascimentali a Venezia e in tutta Italia (2), diffuso attraverso le incisioni (3).
Un riscontro calzante si trova in un piatto con trofei con armi, strumenti musicali e geografici pubblicato da Timothy Wilson nel 1996 (4). Il piatto, allora attribuito alla bottega di Maestro Ludovico, è datato 1537 e mostra caratteristiche stilistiche e tecniche sovrapponibili all’opera in esame: il volto al centro del piatto e lo stesso stile del decoro coincidono in modo particolare con il nostro esemplare.
Molto simili anche due piatti pubblicati dalla compianta Alverà Bortolotto (5), che presentano caratteri disegnativi quasi sovrapponibili ai nostri, tra i quali il grande piatto con trofei d’armi del Victoria and Albert Museum (7) nel quale il largo cavetto mostra un trofeo d’armi pieno di elementi, tra i quali riconosciamo i tamburi, gli schinieri, la lorica disegnata dall’alto verso il basso e soprattutto, nella tesa, elementi con lettere e sigle non meglio riconoscibili. Di stile più calligrafico il tondino comparso recentemente sul mercato, datato 1544, sempre attribuito e pubblicato come opera della bottega di Mastro Ludovico a Venezia. E ancora il tondino transitato sul mercato newyorchese (8) qualche anno fa con l’iscrizione R.E.V. E. N mostra caratteristiche stilistiche molto vicine a quelle dell’esemplare in analisi.
I piatti citati hanno tutti sul retro un decoro a ghirlanda “ alla porcellana” di chiara ispirazione cinese. Questo motivo decorativo, presente anche su un’opera celeberrima del Victoria and Albert Museum con decoro “a cerquate“ in monocromia azzurra, marcato nella bottega veneziana di Mastro Ludovico e datato “1540” al centro di una corona fiorita “alla porcellana” (9), è stato spesso associato ad opere di questo genere decorativo.
Già nello studio della Alverà Bortolotto era peraltro stata messa in luce la difficoltà attributiva tra le botteghe veneziane presenti nella città nella prima metà del Cinquecento, data la grande uniformità tecnica e materica delle opere prodotte. Ma il recente studio di Elisa Sani fa chiarezza aiutandoci in un’attribuzione più certa alla bottega di Mastro Jacomo da Pesaro operativa a Venezia dal 1506-1507 fino alla morte dello stesso, avvenuta nel 1546 (10). Oltre ai documenti di archivio che ci testimoniano l’attività della bottega e la presenza a Venezia in Contrada San Barnaba del Maestro, un discreto numero di esemplari firmati stilisticamente coerenti suffragano l’ipotesi che i piatti fino ad ora attribuiti alla Bottega di Mastro Ludovico siano in realtà prodotti nella bottega di Mastro Jacomo. La studiosa ipotizza che l’opera di Ludovico sia, di fatto, un evento episodico, cosa che spiega l’assenza di documenti di archivio sulla manifattura, o forse l’opera di un “ fuoriuscito” dalla bottega madre del maestro pesarese.
L’osservazione delle opere ci porta poi a definire degli assortimenti differenti, tutti di alto rigore tecnico-stilistico con scelte di sintassi decorative differenti, ma accomunati dalla scelta cromatica, dalla cura di soluzioni tecniche come il bianco sopra bianco, e soprattutto dalla scelta decorativa sul retro del motivo “alla porcellana” di chiara ispirazione cinese, che fece di questa produzione un cavallo di battaglia delle botteghe lagunari fino alla metà circa del Cinquecento.
Il piatto è stato esposto e pubblicato sul catalogo della mostra tenutasi alla Galleria Canelli di Milano nel 1990 (11), dove risulta ancora attribuito al Maestro Ludovico.
1 ALVERÀ BORTOLOTTO 1990, n. 1.
2 LESSMANN 1979, pp. 783-784 n. 600; RAVANELLI GUIDOTTI 2006, pp. 118-123.
3 Come già ricordato per il piatto simile in ANVERSA in PANDOLFINI 2014, pp. 246-249 lotto 56 e bibliografia relativa.
4 WILSON 1996, pp. 422-424 n. 163.
5 Alverà Bortolotto 1981, tav. LXVII a-b.
6 RACKHAM 1977, p. 327 n. 969 (inv. 1572-1855).
7 PANDOLFINI, Firenze 27 novembre 2014, p. 30 lotto 36 e bibliografia relativa.
8 SOTHEBY’S, New York, 27 gennaio 2011.
9 RACKHAM 1940, p. 324 n. 960. Inv. 4438-1858.
10 SANI 2014, pp. 74-87.
11 CANELLI 1990, n. 1.