VASO
MANISES (VALENCIA), METÀ CIRCA DEL SECOLO XVI
Maiolica decorata in lustro dorato e blu di cobalto.
Alt. cm 13; diam. bocca cm 21; largh. massima cm 25; diam. base cm 17,2.
Sotto la base etichetta quadrata stampata con la scritta “EXPOSITION NATIONALE/ DE CÉRAMIQUE/ 1897/ SECTION RETROSPECTIVE” e a mano “356”. Altra etichetta rotonda stampata della COLLECTION IMBERT ROME, al centro numero scritto a mano poco leggibile.
Il vaso è prodotto al tornio e presenta un corpo cilindrico appena rastremato verso la base, che si presenta a fondo piano. La bocca si apre larga e aggettante con una tesa obliqua e un orlo arrotondato. Dall’orlo partono tre anse a S dal profilo cilindrico, che scendono fino al corpo.
Il rivestimento, in smalto stannifero color avorio, è ricoperto da una decorazione a lustro di colore rosso ramato che interessa l’intera superficie del vaso, anche nella parte interna. Il decoro è meno curato all’interno del contenitore, con un motivo a larghe foglie e spirali, e con puntinature a riempire i campi vuoti. Sulla tesa corre un motivo a piccoli fioretti quadripetali con lunghi pistilli e gambo fogliato dall’andamento mosso. Sul corpo, sui due lati principali, si scorge il tipico decoro a pardalot, circondato da fioretti sinuosi e puntinature. La base è anch’essa decorata con un motivo naturalistico dipinto con maggior rapidità. Il decoro deriva dal prototipo dei pardalot, da rintracciare quasi certamente nel tipo dell'aquila raffigurata sul rovescio di piatti valenciani della prima metà del IX-X secolo. Una stilizzazione di questo genere, evolvendosi nel tempo, diviene di uso comune sui prodotti valenciani fra il XII e il XVIII secolo.
Le decorazioni della parte interna del vaso e della base sono campite a lustro secondo modalità già tarde della produzione ispano-moresca. Invece, i due tipici uccelli dipinti sul fondo puntinato del corpo presentano tratti stilistici ancora antichi e non la tipica stilizzazione a fasci di linee secondo l’evoluzione del decoro. Per queste caratteristiche, ci pare di poter ascrivere l’opera ancora a una fase precoce o comunque di transizione.
La produzione valenciana di ceramiche a lustro metallico fu grandemente apprezzata nel Rinascimento italiano e le importazioni di maioliche iberiche estremamente ricercate, tanto che i pezzi decorati a lustro costituirono uno status symbol ambito dalle corti europee e ispirarono produzioni emulative in Italia. Con il Romanticismo e il sorgere del gusto per l’Oriente si scatena in Europa un collezionismo animatissimo di questo tipo di oggetti. La Spagna diventa di moda e la ceramica medievale a riflesso metallico diviene paradigma del collezionismo orientaleggiante (1). Non ci stupisce dunque l’esistenza di un’opera a lustro nella collezione Imbert ma, soprattutto, la presenza della stessa opera all’Exposition nationale de la céramique et de tous les arts du feu (Palais des Beaux-Arts du 15 mai au 31 juillet 1897).
Un esempio più recente di questo tipo di collezionismo è costituito dalla vasta raccolta di maioliche ispano-moresche donata al museo di Palazzo Venezia a Roma dall’antiquario romano Gustavo Corvisieri (2).
1 CASANOVAS 1996, pp. 42-60.
2 SCONCI-TORRE 2008.