Due comodini, Roma, metà sec. XVIII, in palissandro con applicazioni in bronzo e rame dorato, piano sagomato in marmo verde antico profilato in bronzo dorato, fronte e fianchi mossi, due cassetti, piccola pendaglina sagomata frontale e laterale, eleganti gambe sinuose con scarpette in bronzo dorato modellate a zoccolo equino, cm 87x64x 40 e cm 87x 59x39, simili fra loro, piccoli danni (2)
Corredati di attestato di libera circolazione
I due mobili sono accompagnati da parere scritto del professor Alvar Gonzalez-Palacios in data 31 luglio 2013:
"Due comodini Barberini
Descrizione
Due comodini impiallacciati in palissandro con rifiniture in bronzo e rame dorati; piani impiallacciati di verde antico.
Retti da piedi con guaine metalliche a zampa caprina che si prolungano in listelli lungo le zampe anteriori accompagnando il fluire dei sostegni nella cintura frontale, dalla linea spezzata con un lieve grembiule. Il corpo ha due cassetti accomunati in un unico riquadro profilato così come le specchiature delle fiancate. Le applicazioni metalliche sugli spigoli rettilinei della fronte sono foggiate a mo’ di cartocci e volute. Fra le zampe è posto un pannello ruotante, sagomato e impiallacciato in palissandro, che rovesciato poggia su due volute fungendo da inginocchiatoio foderato di stoffa e imbottito. Il piano è impiallacciato in verde antico con un regolo metallico che ne accompagna il profilo superiore.
Dimensioni: cm 87 x 64 x 40 e cm 87 x 59 x 39
Roma metà del XVIII secolo.
Modello
Il modello di questi mobiletti sembra essere stato un’invenzione romana del pieno Settecento: esso consiste in un piccolo comò, destinato alla camera da letto, fornito di tiretti o di ante, comprendente un gradino ribaltabile per l’inginocchiatoio e spesso un pannello sopra il piano che veniva rivestito con lo stesso parato della stanza. (Quest’alzatina era costruita in materiale diverso da quello adoperato per il mobile). Esistono anche modelli più complicati come quello in cui l’alzata è sostituita da una ingegnosa nicchia per confessionale estraibile sollevando il piano (questo raro mobiletto si trova ancora nel Palazzo Doria-Pamphilj a Roma). Questo tipo di mobile era eseguito in materiali diversi, talvolta in legno dorato, talvolta arricchito di decorazioni in lacca, talaltra intarsiato di rare essenze. Gli esemplari migliori si conservano ancora presso le grandi famiglie romane (Aldobrandini, Colonna) altre vantano provenienze simili come quelli eseguiti dall’ebanista Giovanni Ermans per il Cardinale Flavio Chigi nel 1765 (1).
Esame dei comodini
I due piccoli mobili studiati non formano propriamente una coppia essendo un esemplare lievemente più largo e più profondo dell’altro. Sia le loro caratteristiche tecniche che le soluzioni date a sagoma e ornato dimostrano inconfutabilmente che essi furono approntati insieme, nello stesso momento, per un medesimo ambiente. Stilisticamente i due arredi risultano parte di un gruppo di mobili eseguiti a Roma attorno alla metà del Settecento. Si tratta di alcuni comò che si accomunano per un uso analogo delle impiallacciature in palissandro, con i pannelli disposti in modo che le venature formino dei rombi su facciate e fianchi, incorniciati da listelli e arricchiti frontalmente da cospicue applicazioni bronzee; altra caratteristica comune è la sagoma squadrata del corpo retto da zampe slanciate, spesso rettilinee (2). Uno di questi comò, però, ha zampe incurvate e un andamento del grembiule frontale del tutto analogo a quanto si vede nei nostri due mobili coi quali condivide anche i sostegni con guaine caprine e il tipo di marmo sul piano, il verde antico.
I comò a cui ci riferiamo avevano come caposaldo un esemplare già illustrato da G. Lizzani (3) quando faceva parte delle raccolte del Principe Urbano Barberini, presso il quale lo potei studiare anch’io alla fine degli anni Sessanta.
Mi sembra ragionevole supporre che quel comò fosse ex antico di proprietà della famiglia papale e che l’ancora sconosciuto artefice che lo approntò abbia lavorato direttamente per essa, ragione per la quale ho battezzato questo artigiano “l’ebanista dei Barberini”. Il suo fare ha qualcosa di vagamente tedesco che si evidenzia nell’accuratezza della costruzione e nell’uso inconfondibile dei profili bronzei che incorniciano le zampe sia nella loro sagoma esterna che in quella interna dove profilano i grembiuli frastagliati della fronte".
(1) Fasto Romano, catalogo della mostra a cura di A. Gonzalez-Palacios, Roma, Palazzo Sacchetti, 1991, pp 173, 174, 179, 180, 181
(2) A. Gonzalez-Palacios, Arredi e ornamenti alla corte di Roma, Milano, 2004, pp. 192-193
(3) G. Lizzani, Il mobile romano, Milano, 1970, p. 122 fig. 208