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Luca Giordano

€ 30.000 / 50.000
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Luca Giordano
(Napoli 1634-1705)
TOBIOLO E L’ANGELO
olio su tela, cm 117,5x86
 
Il dipinto è corredato da parere scritto di Stefano Causa, marzo 2013
 
“La vicenda di un prolifico innovatore di linguaggi come Luca Giordano, uno degli ultimi grandi pittori napoletani viaggianti, non scorre solo attraverso il fiume delle commissioni ecclesiastiche e i cicli ad affresco (nei quali prevale, per ragioni logistiche, l’apporto degli aiutanti e dove Giordano si spende in qualità di dirigente, come una sorta di direttore dei lavori); ma passa soprattutto attraverso opere di destinazione privata dove l’autografia è più facilmente rilevabile. E’ nei quadri di più modesto formato, che Giordano si sente, insomma, autonomo rispetto alle pale d’altare pubbliche in cui, per motivi comprensibili, il freno e il morso dei committenti risultano maggiori. A riprova, si guardi questo Tobiolo e l’angelo: un dipinto da stanza in eccellenti condizioni di conservazioni, le cui dimensioni appaiono inversamente proporzionali all’impegno compositivo. Attenzione, però. Per capire fino a dove, Giordano, voglia intenda le maglie di un tema consueto nella pittura italiana seicentesca, bisogna che il lettore dimentichi, per un attimo, il modo in cui l’episodio di Tobiolo fu trattato dai caravaggeschi o dai pittori genovesi o fiorentini, i quali adottano, perlopiù, uno schema centrale a figure grandi. Mentre nel caso di un Battistello Caracciolo, poniamo, o di un Bernardo Strozzi l’accadimento biblico si blocca in un piano – sequenza qui, invece, Giordano, come dire?, agita le acque, scegliendo un punto di vista violentemente scorciato. Perciò semplifica gli elementi della scena. Riduce i personaggi. Gli sta addosso incalzandoli, il fiato sul collo come avesse una telecamera in spalla. Questo accorgimento gli consente di sollecitare in modo aggressivo, quasi fisico, l’attenzione di chi guarda. Certamente: sia l’effetto del troncamento delle figure, sia il punto di vista ribassato, sono escamotages, se si vuole trucchi del mestiere, tipici del cosiddetto Barocco. Giordano, in fondo, non ha inventato nulla (semmai ha cannibalizzato, facendole proprie idee del Passato, da iziano a Rubens a Bernini…). Ma, alla fine, il coinvolgimento dello spettatore all’interno del quadro è una delle caratteristiche più spettacolari dell’arte di Giordano in ogni sua fase.
E’ tanto più notevole che i dati di quest’indagine appaiano già stabiliti in questo nuovo dipinto che, lo ripetiamo, a dispetto delle dimensioni, pare tra le più importanti riemersioni dall’inesausto laboratorio creativo della giovinezza del pittore. Ad una ripetuta lettura dei dati di stile, l’opera infatti si colloca in un periodo verso la fine degli anni ‘50 del secolo. I primi confronti rinviano ad alcuni dipinti da cavalletto, presentati alla recente rassegna napoletana di Giordano: innanzitutto, alla Lotta di Giacobbe con l’angelo di una collezione privata di Napoli e al Il Sacrificio di Isacco, pure proveniente da una raccolta napoletana, e che reca la firma e la data del 1657 (si vedano le schede relativa nel catalogo Luca Giordano 1634-1705, Napoli 2001, pp. 104-107, nn. 14-15). Ma non vanno trascurati i rimandi a grandi pale d’altare di quegli anni come, in irresistibile sequenza: la Madonna del Rosario (1657), il San Nicola in gloria (1658), l’Estasi di San Nicola da Tolentino, pure del ’58 e la visionaria, veronesiana Elemosina di San Tommaso da Villanova. E’ il momento incalzante in cui il giovane Giordano, superata d’un balzo la matrice caravaggesca e riberesca degli esordi schiarisce la tavolozza e arricchisce il proprio carnet con una serie di riferimenti che includono le esperienze del Barocco romano e soprattutto dei pittori veneti del ‘500”.