Bartolomeo Neroni detto il Riccio
(Siena 1505/10-1571)
SAN PIETRO MARTIRE, SANTA CATERINA DA SIENA DINANZI AL PONTEFICE, SAN GIROLAMO, CRISTO E LA SAMARITANA AL POZZO, SANTO STEFANO
SAN LORENZO, NOLI ME TANGERE, SAN GREGORIO MAGNO, DISPUTA DI SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA, SAN TOMMASO D'AQUINO
dipinti a tempera e olio magro su tavola, cm 37,5x117,5 ciascuno (2)
tavole provenienti da un gradino d'altare
Provenienza
collezione privata, Bologna
Bibliografia di riferimento
G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti, ed. e commento a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, voll. IV e VI.
P. Torriti, La Pinacoteca Nazionale di Siena i dipinti dal XV al XVIII secolo, Genova 1978.
A. Cornice, Bartolomeo Neroni detto il Riccio, in L’Arte a Siena sotto i Medici 1555-1609, catalogo della mostra a cura di Fiorella Sricchia Santoro, Siena, Palazzo Pubblico, Magazzini del Sale, 3 maggio-15 settembre 1980, Roma, 1980, pp. 27-47.
M. Ciampolini, Neroni, Bartolomeo detto il Riccio, in La Pittura in Italia, il Cinquecento, Milano, 1988, p. 782.
A. De Marchi, Bartolomeo Neroni detto il “Riccio”, in Domenico Beccafumi e il suo tempo, catalogo della mostra, Siena, Pinacoteca Nazionale e Chiesa di S. Agostino, 16 giugno - 4 novembre 1990, Milano 1990, pp. 366-375.
A. De Marchi, Bartolomeo Neroni detto il “Riccio”, in Da Sodoma a Marco Pino, pittori a Siena nella prima metà del Cinquecento, catalogo della mostra a cura di Fiorella Sricchia Santoro, Siena, Palazzo Chigi Saracini, Firenze, 1988, pp. 147-169.
R. Bartalini-A. Zombardo, Giovanni Antonio Bazzi, il Sodoma, fonti documentarie e letterarie. Con un saggio di Cinzia Lacchia sulla mostra al Museo Borgogna del 1950, Vercelli 2012, passim.
I due dipinti presentano, rispettivamente, tre figure di santi che accompagnano due riquadri istoriati, uno con un episodio evangelico, l'altro con la storia di una santa. Esistono delle precise rispondenze fra santi e scenette dei due pannelli, tanto da non lasciar dubbi al fatto che in origine fossero montati assieme, ai lati di un elemento centrale, probabilmente un tabernacolo eucaristico, oggi disperso.
San Pietro Martire, figura rappresentativa del sacrificio di un domenicano per la fede, è posto all'estremità sinistra del primo pannello. Ad esso si contrappone il protomartire Stefano, all'estremità destra. La scenetta della 'moderna' santa domenicana Caterina da Siena, che nel 1376 disputa col papa ad Avignone, è confrontata con l'omonima antica santa Caterina d'Alessandria che disputa con i cinquanta oratori in presenza dell'imperatore Massenzio, episodio degli esordi del IV secolo. Nelle scene più interne sono posti in parallelo i due esempi di fede rappresentati dall'incontro di Cristo con la Samaritana al pozzo e dall'incontro di Gesù con la Maddalena nel Noli me tangere.
Il fatto che i santi 'moderni' siano domenicani (oltre a Caterina da Siena e Pietro martire, troviamo Tommaso d'Aquino), indica la probabile origine dell'opera da un complesso di quell'ordine. Si potrebbe ancora restringere l'originaria appartenenza dei due pannelli a un edificio domenicano di Siena o del suo antico stato, che si estendeva dai monti del Chianti alle spiagge dell'Argentario. Infatti le svelte figurine dei santi, poste entro nicchie la cui profondità è esaltata dalla nitida percezione di luce e ombra, discendono direttamente da quelle dipinte a fresco da Domenico Beccafumi sulla facciata di Palazzo Borghesi a Siena, note attraverso un disegno del British Museum (1900,0717.30).
L'evidenza statuaria di alcuni personaggi, come la Caterina d'Alessandria, richiama Baldassarre Peruzzi, mentre il disteso senso spaziale, sia degli interni che dei paesaggi, nonché l'eleganza raffaellesca di posture e gesti, derivano dall'arte di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma. È questo il tipico accordo culturale di Bartolomeo Neroni detto il Riccio, che è definito fin da Giorgio Vasari (ed. 1906, IV p. 608, VI p. 399).
Il Neroni, stimatissimo in vita, fu colui che raccolse l'eredità artistica del primo Cinquecento senese e la trasmise alle generazioni successive. La sua personalità catalizzò a tal punto l'ambiente locale da far divenire il Riccio figura di riferimento dell'arte senese dopo la morte di Beccafumi (1549) e del Sodoma (1551) e quindi destinatario delle più importanti commissioni pubbliche alla ripresa della produzione artistica dopo il collasso seguito alla caduta della città (1555) e alla fine (1559) della Repubblica di Siena (M. Ciampolini, 1988, p. 782; A. De Marchi, 1990, p. 366).
Le due tavole in esame sono inedite, ma l'attribuzione al Neroni non lascia dubbi. Le tipologie dei personaggi corrispondono in modo palmare a quelle dei santi che affollano la pala della distrutta chiesa di Ognissanti a Siena, oggi nella locale Pinacoteca (inv. 403). Ma le somiglianze più evidenti si hanno con la tavola (inv. 477) dello stesso museo con immagini e storie di santi ed episodi biblici (A. Cornice, 1980, pp. 41-43). Quest'ultima opera è stata ritenuta la predella dell'Incoronazione della Vergine del Riccio nello stessa Pinacoteca (inv. 444), forse perché proviene dalla medesima chiesa di S. Francesco ad Asciano (P. Torriti, 1978, p. 114). La tavola inv. 447 in realtà non ha nessuna relazione iconografica con la pala dell'Incoronazione e costituisce non una predella ma un gradino d'altare, infatti, al centro, presenta la mostra del ciborio con tanto di porticina dorata con dipinto Cristo Risorto.
Le somiglianze fra la tavola inv. 477 e quelle in esame sono evidenti. La conformazione compositiva è identica sia nel numero, sia nella disposizione delle scenette e dei santi, sia nelle misure, considerando l'assenza del ciborio nei due dipinti in esame. La cornice che circonda il Cristo Risorto della tavola senese è la stessa che racchiude ognuno dei due pannelli. Il linguaggio brioso, che stupisce per la freschezza inventiva, la luminosità del colore, la sintesi compositiva (che fanno del gradino della pinacoteca senese una delle opere migliori del Riccio, cfr. P. Torriti, 1978, p. 114; A. Cornice, 1980, p. 42), li riscontriamo anche nelle tavole in oggetto. Queste ultime mostrano simili soluzioni formali: le due scene della Samaritana al pozzo, sono recitate, nella tavola di Siena e in uno dei pannelli in oggetto, dalle stesse figure nei medesimi atteggiamenti.
Nell'incerta cronologia del Riccio, pittore con un iter molto omogeneo (A. De Marchi, 1988, pp. 147-169), le due tavole, come quella della Pinacoteca di Siena, saranno da collocare nel 1539 o poco dopo. Infatti si può osservare come la disposizione dei santi nelle essenziali nicchie rispecchi quella usata da Beccafumi negli evangelisti del Duomo di Pisa, eseguiti appunto in quell'anno.
Marco Ciampolini