Artista caravaggesco del primo quarto del XVII secolo
CRISTO TRA DUE MANIGOLDI
olio su tela, cm. 98,5X136,5 entro cornice coeva “Salvator Rosa”sulla cornice, due etichette novecentesche parzialmente a stampa: “CORSINI ROMA. Numero 22. Quartier (…) Principe/Al 3° Piano d’Ingresso” e “Prop. B. PANDOLFINI/PROV. CASA CORSINI/Inv. N 293 Nota n. 39”
Provenienza
già collezione Corsi, Firenze;collezione privata Bibliografia
D. Pegazzano, Corsi (parte prima), in Quadrerie e committenza nobiliare a Firenze nel Seicento e nel Settecento. 1, a cura di C. De Benedictis, D. Pegazzano, R. Spinelli, Ospedaletto (Pisa) 2015, pp. 93-94, 112, fig. 5
Proveniente dalla collezione Corsi di Firenze e ora per la prima volta sul mercato dell’arte, il dipinto qui offerto è stato identificato da Donatella Pegazzano con la “Presa di Cristo di notte” citata senza indicazione di autore nell’inventario della collezione romana di Monsignor Lorenzo Corsi, redatto nel 1640 in vista del suo ritorno a Firenze; lo ritroviamo in altre descrizioni inventariali successive alla morte del prelato fiorentino (1656) e in particolare in quella redatta dal pittore Francesco Cozza nel 1659 quando, in occasione del trasferimento della raccolta nel palazzo della famiglia Corsi in via Tornabuoni a Firenze, il dipinto è ulteriormente descritto come “viene dal Caravaggio”, un’indicazione più utile a stabilirne l’orizzonte formale che l’effettivo modello, se mai ci sia stato.Come è evidente, si tratta infatti di una composizione originale per quanto strettamente legata ai capolavori della prima stagione post-caravaggesca, e in particolare a quelli di Bartolomeo Manfredi: ricordiamo come possibile precedente del nostro dipinto la bellissima Flagellazione di Cristo un tempo a Londra presso Patrick Matthiesen (Benedict Nicolson, Caravaggism in Europe. II edizione, Torino 1990, II, fig. 325).E’ in effetti a questo episodio della Passione, piuttosto che a quello raffigurato da Michelangelo Merisi nella tela già a palazzo Mattei, che il nostro dipinto si richiama nella sua composizione a sole tre figure: quella di Cristo già spogliato della tunica e coperto solo dalle pieghe annodate del perizoma richiama appunto il nudo plastico e lievemente chiaroscurato del già citato dipinto manfrediano, mentre più caricate e quasi bestiali appaiono le figure dei suoi tormentatori.Pubblicato dalla Pegazzano come possibile opera di Dirck van Baburen, il dipinto non pare, per la verità, riconducibile all’artista di Utrecht, attivo a Roma nel secondo decennio del secolo e noto in particolare per le tele documentate in San Pietro in Montorio: ed è appunto il confronto con la sua Cattura di Cristo a Roma nella Galleria Borghese a sottolineare importanti divergenze stilistiche rispetto al dipinto qui presentato.Più convincente potrebbe sembrare invece il confronto con le rare opere riferibili al soggiorno italiano di Theodor Rombouts, presente a Roma circa il 1616, documentato a Firenze fra il 1621 e il 1624, e nuovamente ad Anversa, sua città natale, nel 1625.Possibili confronti sono infatti istituibili tra le figure laterali della nostra composizione e le rare opere firmate dell’artista fiammingo riferibili al suo soggiorno italiano o appena più tarde: al Concerto (o, più esattamente, Arrivo del liutista) a Roma nella Galleria Corsini con un’antica attribuzione al Caravaggio stesso, e nell’inconsueto dipinto firmato raffigurante a figura intera un musico e una cantante nell’Atkins Museum di Lawrence, Kansas: proposte che per il momento, e in attesa di un restauro che meglio riveli i caratteri del nostro dipinto, converrà lasciare nel campo delle semplici ipotesi.