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PIATTO, Napoli, Francesco Antonio Saverio Grue, 1727

€ 25.000 / 35.000
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PIATTO, NAPOLI, FRANCESCO ANTONIO SAVERIO GRUE, 1727

in maiolica decorata in policromia a gran fuoco con verde ramina, bruno di manganese, blu di cobalto, giallo antimonio e dorature, iscritto sulla tesa “NEAPOLI An.1727” “ Dr. Fra. Ant. Xav. Grue pinxit”. Il corpo del grande piatto in terracotta è ricoperto da uno strato di smalto stannifero dal colore leggermente beigiato. Il retro presenta una finissima crettatura con molte pulci e punte di spillo. Tutto l’ornato è disegnato con una sottilissima linea bruno-arancio (ad esclusione delle fronde arboree e delle parti poi dipinte in blu). La tavolozza dei colori a gran fuoco mostra una scala cromatica dominata dal verde, che vede toni chiari dall’accento olivastro, e dal bruno con stesure beige molto chiare. Il bruno scuro del manganese disegna i dettagli e modella i volumi. Le vesti dei protagonisti portano un beige aranciato e blu chiaro. Lumeggiature auree profilano l’intero tessuto decorativo puntinando gli elementi della tesa, le ali e i tessuti dei putti, oltre ad arricchire tessuti e gioielli delle donne sedute al tavolo e, infine, le fronde fogliate. Il grande piatto tondo ha la tesa leggermente inclinata e l’orlo liscio, mentre la balza scende addolcendo il passaggio al fondo liscio. La tesa è riccamente decorata: l’orlo esterno è profilato con una sottile bordura blu accompagnata da filetti manganese, blu e giallo, la fascia maggiore della tesa vede, sul fondo giallo, quattro importanti elementi barocchi, a cartouche, dominati da conchiglie con ciuffi fogliati, fiori e frutti accompagnati da putti in movimento. I due più in alto sono a mezza figura in scorcio e quello a destra si mostra espressivo mentre gioca con un insetto. Altre “zanzare” abitano i piccoli spazi liberi della tesa. La scena vede protagoniste cinque persone sedute a tavola all’aria aperta davanti ad una locanda, mentre stanno mangiando, servite da due giovani osti: la ragazza con l’abito blu porge un piatto, mentre un giovane uomo versa il vino in un calice. Tre figure sedute ci voltano le spalle: un uomo, un ragazzino e una signora dalla veste arancio decorata con una puntinatura dorata. Davanti a lei vi è la donna più giovane: una ragazza elegante che sembra rivolgere serenamente il suo sguardo verso l’osservatore; le è accanto il giovane uomo sorridente che porge il proprio calice all’oste. La scena centrale deriva sicuramente dal mondo pittorico olandese del pieno Seicento: pare affine alle raffigurazioni delle feste popolari, le “Kermesse”, di David Teniers le Jeune e delle locande del contemporaneo Adriaen Van Ostade, dove incontriamo edifici dalle facciate con muri sbrecciati e tettoie molto simili alla nostra, ma le narrazioni popolari che le animano sono più pauperistiche. La dimensione del nostro piatto e la ricchezza decorativa rendono il pezzo unico. La scritta che sigla e data in un nastro sulla tesa è presente su pochi altri pezzi, il più celebre dei quali è un tondino conservato al Museo di San Martino di Napoli (“1718”) schedato da Fittipaldi. La formula scrittoria di dieci anni precedente è molto più leggera e corsiva della nostra, ma Francesco Saverio usa più spesso lo stampatello. La curiosa formula della “N” specchiata della parola Napoli e quella del numero “7” nella data (con la linea superiore orizzontale), però, non incontrano simili nella grande quantità di parole che Francesco Antonio dipinge sui pezzi per manifestare la propria cultura. In un’opera di questa complessità pittorica, tuttavia, questi errori calligrafici non devono essere sopravvalutati, anche se non riusciamo a comprenderne la causa; alt. cm 4; diam. cm 33,2

 

Il piatto è accompagnato da uno studio di Raffaella Ausensa.