Attribuito a Girolamo Forabosco (Venezia 1605-Padova 1679) IL SACRIFICIO D'ISACCO olio su tela, cm 173x122 Provenienza: probabilmente già collezione Orsetti, Lucca; collezione privata Cittadella, Lucca Il dipinto compare nellinventario per successione ereditaria della famiglia Cittadella, insieme ad altre importanti opere fra le quali si ricordano alcune tele di Pietro Paolini, redatto ai primi dellOttocento dai pittori lucchesi Pietro Nocchi, Raffaele Giovanetti e Michele Ridolfi con la seguente descrizione: Il Sacrificio di Abramo Del Palma vecchio 25/ 50 zecchini Il dipinto è corredato da parere scritto di Patrizia Giusti Maccari, Lucca, 3 giugno 2007 L'attribuzione a Girolamo Forabosco di questo Sacrificio di Isacco, formulata nella prima metà dell'Ottocento da Pietro Nocchi, Raffaele Giovannetti e Michele Ridolfi, per quanto poi rivelatasi imprecisa in riferimento all'identità del suo autore e alla cronologia d'esecuzione, non risulta del tutto fuorviante, costituendo, anzi, un punto di riferimento importante per la definizione della sua corretta paternità Ai tre pittori, nella veste di tecnici ed esperti responsabili della Commissione per la Conservazione delle Belle Arti istituita da pochi anni da Elisa Baciocchi come strumento di salvaguardia del patrimonio artistico lucchese, incaricati della divisione in lotti per motivi di successione ereditaria della quadreria della nobile famiglia Cittadella, appena estintasi, va infatti il merito di avere correttamente indicato nella scuolas pittorica veneziana larea culturale di provenienza della grande tela. Scuola della quale, in linea con i tempi, possedevano una conoscenza non circostanziata e di tipo specialistico, come attualmente, ma incentrata sulle personalità pittoriche da sempre conosciute e apprezzate anche fuori dai confini della città lagunare. Questa visione compendiaria del variegato e complesso tessuto artistico veneziano, pur consentendo di riconoscere nel Sacrificio le caratteristiche tecnico-stilistiche peculiari, non permette loro di individuare correttamente lartefice del dipinto e la cronologia desecuzione, resa difficile dallintonazione marcatamente cinquecentesca da cui esso è investito nellimpaginazione compositiva come nella resa dei personaggi, concentrati in primissimo piano. In realtà il dipinto è da intendersi come significativa e qualificante espressione di quella corrente pittorica che a Venezia, nella prima metà del Seicento, riscopre e ripropone formule, cifre compositive e tonalità cromatiche cinquecentesche, ponendosi in alternativa a quella cosiddetta tenebrosa, frutto dellondata naturalistica, postcaravaggesca irradiatasi da Roma. Uno dei più qualificati interpreti di tale corrente, volutamente arcaizzante, risulta essere Girolamo Forabosco (Venezia 1605-Padova 1679), cui deve essere assegnato il dipinto qui in esame. Il Forabosco, nel primo quarto del Novecento tirato fuori dalloblio in cui era sprofondato nel secolo precedente da Giuseppe Fiocco e da Hermann Voss, non si limita però a riproporre pedissequamente questa corrente conservativa, derivatagli dal discepolato presso la bottega di Alessandro Varotari detto il Padovanino - tra i primi aderenti ad essa ma lo rivisita con toni di accentuato realismo. Ecco così che i grandi maestri del secolo passato, Giorgione, Palma il Vecchio e Lorenzo Lotto, vengono tradotti e reinterpretati con una cifra stilistica di accezione più moderna. La riproposizione con sensibilità seicentesca di questo glorioso passato pittorico costituisce una delle maggiori caratteristiche distintive della produzione, abbastanza scarsa, lasciata dal Forabosco; caratteristiche, peraltro, tutte riscontrabili nel Sacrificio. Se il movimento rotatorio e lo scorcio da sotto in su impresso alle figure di Abramo e di Isacco sono di derivazione tardomanieristica, come quella muscolosa e quasi sovradimensionata del più anziano dei due, lattenzione alla resa psicologica dellaffollarsi dei sentimenti che si palesa sui loro volti, la minuzia descrittiva dei particolari decorativi, anche dal punto di vista coloristico, dellabbigliamento del patriarca, appartengono indubitabilmente alla metà del Seicento. Laccentuata, realistica puntigliosità nel rappresentare il volto di Abramo, caratterizzato dalla fitta rete di rughe che si dipana come una ragnatela intorno agli occhi, e dalla barba bianca, definita ricciolo per ricciolo, sono elementi che parimenti riconducono al Forabosco, noto e frequentemente impiegato proprio per la sua abilità ritrattistica, specialmente tra il 1630 e il 1650. Appare ugualmente consentaneo al linguaggio stilistico da lui messo a punto il volto di Isacco, per tipologia dei tratti fisionomici assai prossimo a quello di David nel dipinto ora presso il Museo di Vaduz. Il pietismo sentimentale che lo contraddistingue testimonia lapertura al gusto classicista bolognese diffusosi a Venezia attorno al 1650 grazie alla presenza di Guido Cagnacci, gusto a cui anche il Forabosco si mostra sensibile. Al momento si ignora quando il Sacrificio, che reca sul retro il numero 22 vergato con grafia antica, sia entrato a far parte della quadreria Cittadella. La bellissima cornice coeva che lo custodisce, pregevole esempio della capacità tecnica degli intagliatori e doratori lucchesi, testimonia dellarrivo in loco della tela in epoca immediatamente posteriore alla sua realizzazione. Del resto, per motivi commerciali ed artistici i contatti tra le due Repubbliche aristocratiche erano più che frequenti. Non si esclude che lopera possa essere appartenuta originariamente ai conti Orsetti, il cui palazzo di via Burlamacchi, completo degli arredi, era