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Cornelio Brusco

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Cornelio Brusco (documentato a Napoli dal 1605 al 1635) CROCIFISSIONE olio su tela, cm 64x52,5 Il dipinto è corredato da parere scritto di Alberto Cottino, Torino, 13 luglio 2011. Pur nellesecuzione rapida, a punta di pennello, la tela è permeata di unonda di sentita, purissima emozione, evidenziata dalla grande espressività dei volti e della gestualità ed accentuata dai contrasti di luce, a lampi, in cui si può intravedere leco magari mediata da pittori su tipo di Adam Elsheimer- delle modulazioni luministiche caravaggesche. ( Il dipinto, tradizionalmente attribuito a Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro, a mio parere va spostato al raro pittore fiammingo attivo a Napoli nei primi decenni del Seicento conosciuto con il nome italianizzato di Cornelio Brusco, che di Micco fu se non proprio maestro, certamente un costante punto di riferimento negli anni giovanili. Si notano infatti strette affinità compositive, di scelte formali e di temperie psicologica con la più ampia Crocifissione (già Roma, collezione Siti, oggi di ignota ubicazione), che Roberto Longhi pubblicava sotto il nome di Filippo Napoletano nel celebre e pionieristico saggio del 1957, ma che è ormai riconosciuta senza dubbi al Brusco, come gran parte delle opere pubblicate in quelloccasione. Gli orientamenti formali, poi, ritornano in diversi altri dipinti oggi ascritti al pittore: si veda ad esempio come ricompaiano figurette analoghe, dai visi un po squadrati e dai profili appuntiti, caratterizzate da analoga gestualità nella Piscina probatica (Napoli, collezione privata), in cui figura anche un gran cielo solcato da lampi e nuvolaglia nera della stessa pasta di quello dominante la tragica scena del dipinto qui studiato. (...) Cornelio Brusco fu un petit maî gustoso e interessante, riscoperto da non molti anni, dopo che Longhi aveva assegnato la sua opera a Filippo Napoletano: forse originario di Anversa, sappiamo che fu attivo a Napoli tra il 1605 e il 1634, dipingendo tele prevalentemente di soggetto biblico a figure piccole (talvolta tratte da incisioni di Luca di Leida), con sempre maggiore libertà pittorica e figurette sempre più bozzettate e macchiettistiche.