Angelo Morbelli
(Alessandria 1853 - Milano 1919)
NAVI ANCORATE o AL PORTO DI SAVONA
olio su tela, cm 24x40
firmato in basso a sinistra
Provenienza
Collezione privata, Milano
Esposizioni
LXXXI Esposizione internazionale di belle Arti in Roma (?), Roma, 1912, catalogo p. 39, n. 288 (con il titolo Navi ancorate)
Esposizione LXXII (?), Società Promotrice di Belle Arti, Torino, 1913, catalogo p. 30, n. 278 (con il titolo Al porto di Savona, L. 350)
Bibliografia
M. de Benedetti, L'esposizione di Belle Arti in Roma, in "Nuova Antologia", vol. CLVIII, fasc. 968, 16 aprile 1912, p. 709
"Dei dipinti di Angelo Morbelli riconducibili al soggetto indicato se ne conoscono almeno due, entrambi noti alla letteratura artistica, uno quello esposto in questa asta, l'altro alla Pinacoteca Züst di Rancate nel 1913-14 in occasione della rassegna L'Ottocento tra poesia rurale e realtà urbana - Un mondo in trasformazione, a cura di G. Anzani e di E. Chiodini (per il dipinto in questione si veda in catalogo a p. 224 n. 80 con illustrazione a p. 225). I due quadri, di dimensioni assai vicine l'una all'altra, risultano esposti nel 1912 e nel 1913 rispettivamente a Roma ed a Torino con il titolo Navi ancorate e Al porto di Savona, titoli che tuttavia, in assenza della riproduzione fotografica e per il silenzio della letteratura artistica - fatta eccezione per il de Benedetti che parla di immagini, Le navi ancorate, di "grande efficacia e rara luminosità" - rendono impossibile la distinzione - e, oltre tutto, non è neppure da escludere che ad essere esposto sia solo un quadro con due titoli differenti. Due dipinti, insomma, a tutti gli effetti strettamente vicini non solo nel soggetto, ma anche nell'iconografia e differenziati di fatto dalla diversità del punto di vista, ora alquanto ravvicinato e tale da prevedere una veduta più ristretta e di fatto circoscritta alla messa a fuoco della nave che occupa tutto - o quasi - il campo visivo, ora più lontana - ed è il caso del quadro in esposizione - e quindi affidata a una ripresa a campo lungo, con un'ampia resa del porto, la quale allarga il paesaggio in una veduta luminosa, al confine tra l'azzurro del cielo e del mare. Un modo di vedere e di "fare pittura" che coincide con il nuovo indirizzo pittorico di Morbelli, successivo alla stagione del Trivulzio, sostanzialmente chiusa alla fine del primo decennio del Novecento e finora prioritaria nel percorso dell'artista, ora invece avviato, in modo pressoché esclusivo, verso il motivo del paesaggio, sia marino che montano, già affrontato e sperimentato sporadicamente durante gli anni ottanta e ripreso in modo continuativo, all’esordio degli anni dieci, con le vedute della laguna di Mazzorbo e di Burano, del paesaggio alpino della Valtellina e della Valfurva e quindi dei "giardini" alla Colma di Rosignano Monferrato: e con questi il paesaggio del Mar Ligure, vivacizzato in immagini di Capo Noli e dintorni, immagini ora di paesaggio puro come nei sintetici tagli del '12 che di lì a breve si sarebbero allargati nella visione di un mare pittoricamente inteso quale trionfo della luce e dei suoi riflessi argentei nell'acqua, come nel più tardo Capo Noli del '15, ora in vedute che fanno da sfondo a un lavoro come Il telegramma, del 1917, ora - ed è il dato veramente nuovo di alcuni paesaggi liguri - in proposte pittoriche nelle quali non mancano riferimenti al mondo del lavoro. Come appunto in una raffigurazione di Capo Noli affiancata da fabbriche e ciminiere nei dintorni del porto di Vado e verosimilmente introduttive al quadro in asta che nella raffigurazione realistica del porto con navi agli ormeggi e con le loro ciminiere fumanti il pittore focalizza con grande oggettività in quanto espressione della realtà locale. Tema, quello del lavoro, che Morbelli, memore dei suoi quadri con le locomotive ferme alla stazione centrale di Milano dei secondi anni ottanta, ora, a più di vent'anni di distanza, davanti al porto di Savona, materializza nel motivo delle navi agli ormeggi, delle quali esalta il brillante cromatismo accentuato dallo sfondo di un pallido azzurro in cui si confondono acqua e cielo, quasi a suggerire un accordo fra il paesaggio naturale ed il mondo industriale: un accordo che era un segnale dei tempi nuovi e della mutata situazione culturale in cui viveva ed operava l'autore privilegiando il nuovo mondo uscito da poco dalla rivoluzione industriale. Un mondo che nei dipinti di soggetto ligure, di una regione cioè collegata a Milano fin dagli anni ottanta da motivi commerciali ed economici che un autore come Morbelli non poteva ignorare e che di fatto egli preferisce al paesaggio naturale, tanto amato, insieme alle lussuose abitazioni ed ai luoghi di villeggiatura, da quel ceto borghese che, uscito vincente nel '98 a Milano dagli scontri con le classi subalterne, il "borghese" Morbelli si è illuso di educare sul piano artistico e di evolvere in senso culturale e dal quale si è invece visto costretto a un’operazione di ripiegamento linguistico che a una pittura di ricerca sperimentale ha privilegiato un fare pittorico impegnato a salvaguardare il "mestiere", con il conseguente accantonamento di quella pittura divisionista, già espressione del mondo della modernità e della scienza e ritenuta da Morbelli la più funzionale ad esprimerla, una pittura nella quale l'artista ha ciecamente creduto e che ora offriva della realtà una registrazione fotografica al di qua del naturalismo, ma pur sempre di grande qualità e infatti fondata sul binomio colore-luce, determinante per Morbelli almeno dalla metà degli anni ottanta".
Giovanni Anzani