Gioacchino Toma
(Galatina (LE) 1836 - Napoli 1891)
LA LETTERA
olio su tela, cm 61x94,5
firmato in basso a sinistra
Orfano a sei anni, trascorse l'infanzia nel convento dei Cappuccini di Galatina e l'adolescenza nell'Ospizio dei poveri di Giovinazzo dove, dal 1853 al 1855, fu avviato allo studio della pittura. Giunto a Napoli nel 1855, cominciò a collaborare con A. Fergola. Arrestato per errore in una retata dalla polizia borbonica, nel 1857 fu confinato a Piedimonte d'Alife: qui entrò in contatto con aristocratici locali che lo introdussero nelle file della Carboneria. Rientrato a Napoli nel 1858, frequentò l'Accademia di Belle Arti sotto la guida di G. Mancinelli e nel 1859 presentò con successo alla Mostra Borbonica l'Erminia (Napoli, Palazzo Reale) dove, sotto l'impostazione accademica si poteva scorgere una vena naturalistica di influsso palizziano. Partecipe dei fermenti rivoluzionari, visse le varie fasi della campagna garibaldina del 1860 e da quell'esperienza ricavò l'impulso a una pittura diversa, sperimentata subito in opere come Un prete rivoluzionario (esposto a Firenze nel 1861) o in piccoli quadri come I figli del popolo (1862, Bari, Pinacoteca Provinciale). La necessità di narrare, che sarà poi sentimento costante della sua opera futura, per tutti gli anni '60 si arricchì di accorgimenti formali e di un senso spoglio e malinconico della realtà (Il denaro di San Pietro, detto anche II prete reazionario, 1862, Napoli, Museo di Capodimonte; Un esame rigoroso del Sant'Uffizio, 1864, Napoli, Museo di Castel Nuovo). Superò un momento di crisi nel 1865 dedicandosi all'insegnamento, fra l'altro presso l'Ospizio femminile San Vincenzo Ferreri di Napoli. Dal 1870 nella sua pittura divenne più profonda la vena intimistica, sottolineata dalle tonalità fredde e dalla omogeneità della luce; all'Esposizione Nazionale di Napoli del 1877 espose alcune delle sue opere più note: La messa in casa (Napoli, Museo Civico di Castel Nuovo), La ruota dell'Annunziata, Il viatico dell'orfana e la seconda versione della Luisa San felice in carcere (tutte a Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Dal 1878 insegnò presso l'Accademia napoletana e fu assiduo alle mostre della Promotrice S. Rosa fino al 1891 (1879, Onomastico della maestra; 1888, Il romanzo nel chiostro). Nell'ultimo decennio realizzò paesaggi di intensa luminosità (varie versioni di Sotto il Vesuvio, Milano, Galleria d'Arte Moderna; Napoli, Museo di Capodimonte) e soggetti di contenuto sociale con una pittura abbozzata con pennellate larghe e veloci (Tatuaggio dei camorristi, Napoli, Museo di Capodimonte).
Pittori e Pittura dell'Ottocento Italiano, Dizionario degli Artisti, a cura di G. Matteucci e C. Bonagura, II, Novara 1999