Carteggio risorgimentale Mario Aldisio Sammito (1834-1902)
Importante fondo costituito da oltre 150 lettere autografe con le
relative buste, datate dal 1862 al 1899, da 12 fotografie per lo più
con dedica, e da oltre 20 cartoline autografe, inviate dai protagonisti
del Risorgimento italiano a Mario Aldisio Sammito, patriota
e scrittore siciliano.
Il nucleo più importante del presente carteggio è costituito
da 6 lunghe lettere autografe di Giuseppe Mazzini, accompagnate
da 2 fotografie di cui una con dedica, e da 18 lettere di
Giuseppe Garibaldi, accompagnate da 1 fotografia con firma
autografa.
Sammito nacque a Terranova di Sicilia (l’odierna Gela) nel 1834. Fu
uno dei personaggi più noti tra i gelesi di fine secolo. Fin da giovane
coltivò ideali di libertà ed eguaglianza. Le disperate condizioni
di vita dei contadini di Terranova, il loro asservimento al potere
locale e la loro religiosità fortemente intrisa di superstizione spinsero
Sammito a desiderare di migliorare la situazione, assumendo
posizioni fortemente anticlericali e progressiste. Partecipò ai moti
risorgimentali prendendo contatti con Garibaldi e il figlio Menotti
[entrambi presenti nel carteggio con lettere, biglietti e fotografie].
Nel 1869 fu arrestato con l’imputazione di “attentato contro la
persona sacra del Re e del cambiamento di governo”. In carcere
scrisse la raccolta di poesie Canti del prigioniero, pubblicate 1870,
opera che appartiene ad una nutrita serie di scritti di carattere
storico-sociale molto ammirati da pensatori coevi, sia italiani, sia
stranieri.
Già nel 1868, Sammito, che collaborava con riviste letterarie e politiche,
si era affermato redigendo un lungo proemio alla prima traduzione
italiana del Genio delle Religioni di Edgar Quinet. Tale proemio
ebbe il plauso dello stesso Quinet [come si può leggere nella
qui presente lettera scritta da Quinet il 16 febbraio 1868, citata
nella Raccolta di lettere del Generale Giuseppe Garibaldi indirizzate a
M. Aldisio Sammito]. A questo lavoro seguirono La Nizzarda (1870),
con prefazione di Giuseppe Garibaldi, e un’altra decina di opere,
tra cui: Giovanni Grilenzoni e le sue memorie storiche d’Italia dal 1821
al 1868 (1871), precedute da una lettera di Giuseppe Mazzini a
Sammito; Della questione finanziaria (1878), contro il Depretis allora
ministro delle Finanze; Il papato al cospetto della Storia (1881),
aspra requisitoria contro la Chiesa in nome della scienza.
Sammito fu inoltre presidente del Fascio dei Lavoratori di Terranova
e dei Fasci delle province di Caltanissetta e Siracusa, e consigliere
comunale di Terranova per molti anni.
Alla sua morte, avvenuta il 22 giugno 1902, l’amministrazione comunale
dell’epoca gli intitolò una via, tutt’ora presente e attigua
alle vie dedicate a Mazzini, D’Azeglio e Crespi.
MAZZINI, Giuseppe (1805-1872). 6 lettere autografe firmate,
tutte pubblicate nella già citata raccolta Lettere inedite di Giuseppe
Mazzini a Mario Aldisio Sammito a cura di Gaetano Firetto, apparsa
all’interno della “Nuova Antologia – Rivista di Lettere, Scienze ed
Arti” nel 1914. Tale raccolta, acclusa per intero in fotocopia, si apre
con una interessante introduzione di Firetto su Sammito e prosegue
con la trascrizione di 10 lettere spedite da Mazzini a Sammito
tra il 1863 e il 1872. Di queste lettere, la presente collezione ne
conserva ben sei (indicate nella raccolta con i numeri I, II, III, IV, VII,
X). L’ultima è di grande rilievo.
Delle due fotografie, la prima, di 78 x 49 mm, applicata su cartoncino,
ritrae il Patriota in un ovale e reca al retro versi presumibilmente
manoscritti da Sammito “Pace o Martire – La pietra ove dormi
è il nostro altare. Tu sei morto, e la tua fede oltre ai secoli vivrà!
M.A.S.” La seconda misura 900 x 600 mm e reca in calce la dedica
autografa “Ad Aldisio Sammito Gius. Mazzini”; al retro l’iscrizione
D. Lama Photographer, 7 Osnaburgh St., Regents Park, London”.
Nella prima lettera, datata 11 aprile [1863], Mazzini chiama Sammito
“Fratello” e gli porge tra l’altro “una stretta di mano fraterna ad
un uomo che intende le condizioni del paese e sa come amarlo.”
Scrive poi: “Oggi v’è un altro dovere per l’Italia, prominente su tutti:
l’Agire. Il moto Polacco ci addita supremo scopo l’insurrezione e la
guerra del Veneto … La povera eroica Polonia aspetta da noi un
aiuto d’azione, non di sterili applausi … M’occupo in primo accordo
con Garibaldi, di questo” Mazzini incita al coinvolgimento del popolo
e alla raccolta di fondi da destinare alle imprese.
La seconda lettera, datata 14 settembre 1864, ritorna sulla “impresa
emancipatrice del Veneto” e ne deplora la difficoltà, dovuta
soprattutto alla mancanza di segretezza. Mazzini esorta quindi
Sammito e i suoi amici a rivolgersi solo a lui, a raccogliere il più
rapidamente possibile mezzi per l’impresa e a coinvolgere uomini
di Terranova “che si trovano nell’esercito e che possono credersi
tendenti alle nostre idee”.
Nella terza (14 novembre [1864]) e quarta lettera (1 marzo [1865]),
Mazzini ribadisce nuovamente l’importanza della raccolta di fondi
e soprattutto della compattezza del Comitato Centrale Unitario:
“Vorrei che fossimo, per un tempo almeno, compatti e disciplinati
come un esercito. Non riusciremo senza questo.”
E’ della lettera successiva, scritta il 31 ottobre [1866], la vigorosa
esortazione “La Repubblica Italiana non deve essere più sogno
d’un incerto lontano avvenire ma scopo obbiettivo dello stadio
presente.”
L’ultima lettera, la n. X della raccolta di Firetto, scritta da Mazzini il
30 gennaio 1872, circa un mese prima della sua morte (avvenuta il
10 marzo 1872), differisce molto dalle precedenti nel tenore. Anzitutto,
non si apre con il consueto “Fratello” ma con un duro “Caro
Sammito”. In essa Mazzini prende nettamente le distanze dalle posizioni
laiche e scientiste di Sammito e di molti altri che, come lui,
avevano abbandonato il motto mazziniano “Dio e Popolo”. Scrive il
grande patriota: “Dissento radicalmente da tutto quello che da un
anno fate a tentate e deploro altamente il male che, sulla via scelta,
fate – senza saperlo – al Partito e al paese. Il Partito s’è scisso e la
divisione viene da voi.” E, più avanti: “Vi confesso che voi tutti mi
date sui nervi quando mi parlate a ogni istante di Scienza come opposta
alle mie credenze … Non v’accuso perché seguiate la scienza
che intendo, permettetemi, di seguir quanto voi, ma perché prendete
per Scienza un breve frammento isolato di Scienza”. Si tratta
di una missiva articolata, veemente e di grande respiro, che vibra
dello spirito che animava il grande patriota.
GARIBALDI, Giuseppe (1807-1882). Nucleo di 18 lettere indirizzate
da Garibaldi a Sammito, dal 1863 al 1880, tutte (tranne una)
pubblicate in Raccolta di lettere del Generale Giuseppe Garibaldi indirizzate
a M. Aldisio Sammito precedute da due di F. D. Guerrazzi
e continuate da altre di V. Hugo, E. Quinet, E. Rochefort e L. Taxil al
medesimo, Piazza Armerina, Adolfo Pansini, [1882] – allegato alla
collezione. Questa antologia di 61 [3] pagine riproduce missive
spedite nel corso di 19 anni (1862-1881) da Garibaldi a Sammito,
raccolte per cura dell’editore Pansini. “Esse contengono i più gravi
insegnamenti e le più schiette manifestazioni dell’Uomo che personificò,
per mezzo secolo, gli avvenimenti del Popolo Italiano e
santificò la solidarietà fra i popoli del Mondo.”
Delle 19 lettere qui presenti, una è interamente autografa e di contenuto
politico, 17 hanno firma autografa e una non è autografa
ma scritta da Basso “Per G. Garibaldi indisposto”. Le missive sono
inviate per lo più da Caprera, ma anche da Vinci, Roma, Albano
e Genova. Quella del 6 aprile 1869 include una foto con firma
autografa, 101 x 62 mm, proveniente dallo studio di Alessandro
Pavia in Genova.
La lunga lettera di carattere politico, datata “Caprera, 6 marzo
1872” (n. XXXIV, p. 35, nella Raccolta), è particolarmente importante
in quanto testimonia la distanza tra Mazzini e di Garibaldi, che qui
scrive, tra l’altro, “Mazzini […] ha torto, ed avrei io una massa di torti
da imputargli, se volessi occuparmene.”
Elenco delle lettere in ordine cronologico. I numeri romani tra parentesi
si riferiscono al numero assegnato a ciascuna lettera nella Raccolta del Pansini.
- Caprera, 11 aprile 1863 (n. V)
- Vinci, 31 luglio 1867 (n. XI), “Ho già aderito al Congresso internazionale
della Pace … Credo, quindi, dovere d’ogni uomo che ama
il bene dell’umanità, di parteciparvi” (Basso per G. Garibaldi indisposto)
- Caprera, 21 gennaio 1868 (n. XII), “L’Italia conta sempre sui valorosi
Siciliani pel compimento de’ suoi destini. Io sono per la vita.”
- Caprera, 6 aprile 1869 (n. XV), “Vi invio una fotografia” (foto con
firma autografa, mm 62 x 101, proveniente dallo studio di Alessandro
Pavia in Genova)
- Caprera, 27 settembre 1870 (n. XXVI)
- Caprera, 18 luglio 1871 (n. XXVIII)
- Caprera, 4 giugno 1872 (n. XXXIII), “Per vari mesi io cercai di scuotere
i Veneti; ma fu predicare al deserto. Vi auguro miglior fortuna”.
- Caprera, 6 marzo 1872 (n. XXXIV), “In una mia a Stefanoni, l’ho
pregato di pubblicare le linee seguenti: 1°. Dichiarare apertamente
che sono repubblicano. 2°. Disdire che appartengo all’Internazionale.
3° Trattare con rispetto filosofico la questione religiosa, cioè
teologica. Quelle parole di Mazzini, i Mazziniani chiamano concilianti.
Io ho pensato di occupare il mio tempo in cose utili. Dopo
ciò, credo, non vi sarà più chi pensi a conciliazione. Poi, mio caro
amico, credetelo! Mazzini non può conciliarsi perché ha torto, ed
avrei io una massa di torti da imputargli, se volessi occuparmene.
Comunque, essendovi tra i numerosi suoi aderenti molta gente,
che saranno con noi sul campo dell’azione, noi dobbiamo, senza
sottomettersi alle intempestive irrazionali loro esigenze, assicurarli
che anche nella questione politica ci troveranno compagni. Sono
anch’io quindi tra i dissenzienti in dottrine”
- Caprera, 13 gennaio 1873 (n. XXXV)
- Caprera, 29 luglio 1873 (n. XXXVI)
- Caprera, 13 gennaio 1874 (n. XXXIX)
- Caprera, 7 aprile 1874 (n. XL)
- Roma, 7 marzo 1875 (n. XLIII)
- Roma, 20 novembre 1875 (n. 46), “Il Lavoro è alla base della vita
umana: la poltroneria, anititesi dello stesso, è adottata dai governi
che vogliono i popoli nella corruzione e nel servaggio.”