COPPA
URBINO, BOTTEGA DI GUIDO DI MERLINO, 1542 CIRCA
Maiolica dipinta in policromia con verde, giallo, arancio, blu di cobalto, bruno di manganese.
Alt. cm 5,2, diam. cm 26,4, diam. cm 12,2.
La coppa poggia su un basso piede ad anello poco svasato, con cavetto ampio e concavo, bordo obliquo appena rilevato e labbro arrotondato.
Sul fronte la decorazione si sviluppa su tutta la superficie della coppa e mostra più momenti: a sinistra gli abitanti di Roma in fuga, al centro Marco Curzio che incita il cavallo verso il precipizio sorreggendo con la mano destra il vessillo di Roma, e infine sulla destra il popolo romano che porta le libagioni per colmare la voragine. Sullo sfondo, su un colle scosceso, si vede una città turrita circondata da un paesaggio montuoso. Le figure hanno corpi massicci e muscolosi, con polpacci arrotondati e piedi larghi con le dita ben segnate.
La decorazione istoriata narra l’episodio di storia romana che vede protagonista Marco Curzio (1) nell'atto di sacrificarsi per chiudere la voragine apertasi per un terremoto o per un'altra causa naturale nel centro del foro romano e che nessuno riusciva a colmare. Gli indovini avevano profetizzato che per far durare in eterno la Repubblica romana bisognava consacrare quel luogo con “l'elemento principale della forza del popolo romano”: da qui il sacrificio del giovane (2).
Tale vicenda riscontrò un enorme successo nell’iconografia rinascimentale e in particolar modo sulla maiolica istoriata, come dimostra ad esempio una coppa con il medesimo soggetto, ma con caratteristiche stilistiche alquanto differenti, presentata lo scorso anno in questa stessa sede (3), oppure i piatti del Museo di Pesaro, che con modalità stilistiche differenti, in alcuni casi accomunati dalle medesime incisioni di riferimento, raffigurano proprio questa stessa scena (4).
Nell’analisi della coppa notiamo che l’autore ha probabilmente associato e reinterpretato più incisioni nella formazione del soggetto da raffigurare. La figura del Marco Curzio di Marcantonio Raimondi non ci pare possa costituire il riferimento iconografico corretto per l’opera in esame, mentre sempre da Raimondi ci sembra più simile la figura di Orazio Coclite, cui l’autore del piatto ha aggiunto il vessillo con la scritta SPQR. E anche il personaggio sulla sinistra del piatto potrebbe essere una reinterpretazione da un’incisione del Raimondi.
Il tratto di pennello in manganese sottolinea le forme e i profili, e lo stesso colore è ampiamente utilizzato per definire le ombre del paesaggio, la voragine, l’ingresso del tempio e i tronchi degli alberi. Questi ultimi mostrano alcune lumeggiature in giallo che ne alleggeriscono le forme, e reggono delle corolle fogliate a ciuffi lumeggiati di bianco. Lo stagno è utilizzato anche per lumeggiare i volti e alcuni particolari là dove non è sfruttato il bianco del fondo smaltato per illuminare alcuni dettagli. Lo smalto è spesso e abbondante e così pure l’uso del colore.
La coppa ad una prima analisi stilistica sempre morfologicamente vicina alle produzioni di una bottega operativa nel ducato di Urbino, e la recente pubblicazione della collezione del Goethe-Nationalmuseum ci fornisce un utile confronto al riguardo. Un grande piatto con “Scipione Africano in Spagna”, la cui iscrizione sul retro si conclude con “… fata in botega de maestroguido de merlino in urbino in san polo”, databile al 1542 (5), presenta alcune figure che per resa fisiognomica richiamano fortemente il volto del nostro Marco Curzio e dei personaggi raffigurati sulla coppa in esame. Le espressioni “serene” richiamano poi il San Luca del museo di Oxford (6), e anche gli alberi dal tronco scuro e sinuoso lumeggiato con sottili linee parallele, le chiome a ciuffi raccolti, gli elmi con una la visiera quasi alzata, ci indirizzano verso un’attribuzione in tale ambito, confortati anche dal confronto tra il muso del cavallo della nostra coppa e i cavalli dipinti sul piatto del sopracitato museo tedesco. Ancora una coppa con l’episodio di Perillo attribuita alla bottega di Guido da Merlino, recentemente passata sul mercato (7), ci pare prossima sia per stile sia per tecnica pittorica, così come un altro piatto, con un ductus pittorico meno accentuato ma con il medesimo soggetto, la stessa impostazione nella figura centrale e alcune somiglianze nella resa dei volti, conservato al Metropolitan Museum di New York, recante l’attestazione della bottega di Guido di Merlino e la data 1542 (8).
1 Livio, Ab Urbe condita, VII,6;
2 Secondo alcune versioni il lago Curzio prese il nome proprio da questo eroe e non da Curzio Mezio, soldato di Tito Tazio in tempi più remoti;
3 ANVERSA in PANDOLFINI 2015, lotto 40;
4 Inv. 4314 (FONTEBUONI 1985, n. 179), inv. 4199 e infine il inv. 4359, che il Mallet aveva già riconosciuto come opera del maestro S (FONTEBUONI 1985, n. 219);
5 LESSMANN 2015 pp. 121, 123 n. 36 (San Polo è un quartiere di Urbino);
6 WA1888.CDEF. C450;
7 Wannenes, Genova, 22-23 settembre 2015, lotto 1286;
8 WILSON 2016, pp. 204-205.