COPPA
PESARO, PITTORE DI ZENOBIA, 1552-1560
Maiolica dipinta in policromia con verde ramina, blu di cobalto, giallo, giallo-arancio, rosso ferro, bruno di manganese.
Alt. cm 5, diam. cm 28, diam. piede cm 11,2.
Sul retro reca l’iscrizione in blu di cobalto “Lucrezia romana / sestessa ucise”.e segno allungato
Sempre sul retro tracce di un cartellino illeggibile, etichetta cartacea a stampa P. Genova Venezia /No. 20, etichetta poco leggibile con scritta a penna [...]Pellipario[...], etichetta a stampa MOSTRA MERCATO / DELLA CERAMICA / D’ANTIQUARIATO / FAENZA.
Provenienza
Collezione Genova, Venezia;
Collezione privata, Firenze
La coppa emisferica dal profilo basso poggia su un alto piede a calice con orlo estroflesso a sezione quadrangolare tagliata a stecca.
La decorazione riveste completamente la superficie della coppa, occupando tutto lo spazio senza soluzione di continuità. In primo piano il corpo di Lucrezia con il pugnale conficcato nel cuore riverso su una roccia, e attorno a lei un gruppo di personaggi maschili in abiti romani in atteggiamento di cordoglio; tra essi si distingue il padre, una mano appoggiata ad un bastone e l'altra al volto, incredulo. Dietro di lui un giovane con elmo piumato indica a braccia aperte il corpo della donna, mentre su un colle sullo sfondo una città monumentale, Roma, raffigurata con edifici coperti da cupole basse e mura decorate da colonne con fornici ad arco. Tre alberi dal tronco nodoso e con chiome a piccoli ciuffi completano la composizione.
Il verso, ricoperto da uno smalto ricco, lascia intravedere in alcuni punti una terra rosata, insieme ad un’alonatura di colore verde sotto il piede. In alto nel piede della coppa l'iscrizione in blu di cobalto “Lucrezia romana / sestessa ucise", seguita da un segno a serpentina spesso presente sui piatti di questo autore
La vicenda narrata è quella della morte di Lucrezia (1), riferita da Valerio Massimo (2) e da Tito Livio (3). Lucrezia, la cui virtù era nota a tutti i romani e vanto del Marito Collatino, costretta a subire le voglie del tiranno Tarquinio (“Tarquinium mala libido”), presa da vergogna si uccise davanti al marito e agli amici dopo aver chiesto vendetta, divenendo così simbolo della resistenza alla tirannia e alla sottomissione a costo della vita pur di mantenere il proprio onore. Collatino allora per vendicarsi guidò una sommossa che portò alla cacciata di Tarquinio il superbo e all'instaurazione della repubblica nel 509 a.C.
Il piatto trova pieno riscontro nella produzione del cosiddetto “pittore di Zenobia”, così denominato da Johanna Lessmann che ne ha riconosciuto per prima una coerenza stilistica particolare in una serie di piatti del Braunschweig (4), messi in relazione con un piatto con Zenobia assoggettata dall’imperatore Aureliano del Victoria and Albert Museum di Londra che reca la scritta “fato in pesaro 1552”.
Grazia Biscontini Ugolini nella scheda di catalogo relativa ad un piatto di questo stesso autore, conservato nelle raccolte di Arti Applicate del Castello Sforzesco di Milano (5), ci ricorda come la vicinanza con il piatto di Londra fornisca un caposaldo cronologico post quem e una precisa indicazione geografica, per la serie di opere da assegnare a tale pittore. I piatti mostrano elementi stilistici ben caratterizzanti, vicini ai modi dei maiolicari urbinati, ma con caratteristiche proprie: le composizioni affollate, i personaggi dipinti con velocità che a volte mostrano insolite scale proporzionali (ad esempio “teste macroscopiche” (6) o al contrario minute), la presenza di architetture monumentali ben dipinte, la scelta prevalente della rappresentazione di soggetti classici, l’uso di colori dalle tinte accese. E Riccardo Gresta ha sottolineato come il pittore inserisca spunti architettonici chiaramente derivati dalle architetture urbinati, rivelando in questo modo una sua formazione nella città marchigiana (7).
Sempre secondo Gresta attorno a questa personalità si raccoglie una bottega come dimostrano pezzi ancora assegnati a Urbino, ma vicini come stile, anche se il nucleo di riferimento e di confronto resta quello proposto dalla Lessmann, che individua al Braunschweig un gruppo di circa venticinque opere, accanto alle quali si possono aggiungere piatti importanti come quello di Milano, oppure il piatto con la storia di Attilio Regolo del museo di San Pietroburgo (8). Proprio in quest’opera il personaggio che trattiene in catene Attilio Regolo, e che si ripete in ben cinque piatti studiati dalla Lessmann, mostra una somiglianza puntuale con la figura con elmo piumato della nostra coppa, così come quella con i capelli fulvi sulla destra della coppa trova riscontro in un personaggio analogo nel piatto del museo russo. Un piatto istoriato conservato alla Cité de la Céramique a Sèvres (9), con il mito di Deucalione e Pyrra e attribuito al nostro pittore, mostra sul retro la stessa grafia nella scritta e lo stesso segno grafico alla fine della descrizione.
Alla serie di questi piatti, che raccoglie ad oggi un certo numero di esemplari, si può aggiunge quest’opera, che per le sue caratteristiche stilistiche, tecnico e formali può a nostro avviso essere attribuita al Pittore di Zenobia intorno al 1550.
1 Per una lettura accurata del mito e delle sue interpretazioni in chiave artistica, iconografica e letteraria si veda MOORMANN-UITTERHOEVE 2004, pp. 455-460;
2 Valerio Massimo, Atti e detti memorabili degli antichi romani, VI, 1: “cum gravissimis verbis iniuriam suam in concilio necessariorum deplorasset, ferro se, quod veste tectum adtulerat, interemit causamque tam animoso interitu imperium consulare pro regio permutandi populo Romano praebuit”;
3 Tito Livio, Ab Urbe Condita, I, 58, 6-12;
4 LESSMANN 1979, p. 35 n. 467;
5 BISCONTINI UGOLINI in AUSENDA 2000, pp. 249-251 n. 264;
6 Si veda il sopracitato piatto milanese;
7 GRESTA 1992, pp. 74-76;
8 IVANOVA 2003, pp. 128-129 n. 116;
9 Inv. MNC23102.