capolavori da collezioni italiane

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Andrea Scacciati

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Andrea Scacciati

(Firenze 1642-1710)

VASO DI FIORI ALL'APERTO, SU UNA PIETRA; SULLO SFONDO, PIANTE SELVATICHE E UN TAPPETO, CON URNA E VASI METALLICI SU UN PIEDISTALLO

olio su tela, cm 125x180,5

firmato e datato: "A. Scacciatj 1679" in basso a destra su una pietra (le C incrociate)

 

Provenienza

New York, Sotheby’s, 19 Gennaio 1984, n. 62.

 

Bibliografia

L. Salerno, La natura morta italiana 1560-1805, Roma 1984, p. 297, fig. 84.1.

M. Cinotti, Catalogo della pittura italiana dal 300 al 700, Milano 1985, p. 307.

G. e U. Bocchi, Naturaliter. Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e Toscana tra XVII e XVIII secolo, Casalmaggiore 1998, p. 498, fig. 626.

S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del 600 e 700: biografie e opere, Firenze 2009, I, p. 252.

S. Bellesi, Andrea Scacciati pittore di fiori, frutta e animali a Firenze in età tardobarocca, Firenze 2012, p. 110, n. 20.

 

Riemersa dopo più di trent'anni dalla raccolta privata che lo custodiva, questa importante composizione di Andrea Scacciati è stata ripetutamente celebrata come uno dei capolavori dell’artista fiorentino sebbene, fino a questo momento, fosse nota solo attraverso la vecchia fotografia in bianco e nero pubblicata per la prima volta da Luigi Salerno.

Come è stato osservato da Sandro Bellesi, che ha ricostruito le vicende e il catalogo del pittore e in particolare la storia del nostro dipinto, la tela qui offerta va confrontata con un gruppo di opere strettamente coeve, di cui condivide l’imponente formato e l’impianto compositivo. Si tratta in particolare della coppia di tele di cui una firmata e datata del 1678 già presso Nystad all’Aja che, esposte nel 1964 alla storica mostra sulla natura morta italiana tenuta a Napoli, a Zurigo e a Rotterdam, segnarono in qualche misura la riscoperta di Andrea Scacciati, fino a quel momento confuso con altri fioranti, e della sua posizione tra i protagonisti della natura morta barocca (La natura morta italiana. Catalogo della mostra, Milano 1964, pp. 79-80, nn. 166-167, tavv. 76 a-b).

Al pari del nostro dipinto, le tele citate accostano infatti uno scapigliato bouquet di fiori variopinti raccolti in un vaso scolpito a una pianta selvatica, fiorita spontaneamente nel terreno sassoso: una sofisticata variazione sul tema del paragone tra natura e artificio, così familiare all’estetica del Barocco. Il nostro dipinto la ripropone, estendendola all’universo dei manufatti, e in particolare agli oggetti preziosi creati dall’uomo per mostrare la ricchezza e il gusto raffinato dei potenti. Ecco dunque, raro ma non unico esempio nella produzione nota di Andrea Scacciati, i vasi in metallo istoriato e il tappeto dalla frangia dorata che a sinistra concludono la composizione. Motivi che tradiscono la competizione con la scuola romana e in particolare con la fortunata produzione di nature morte cresciuta intorno all’esempio del cosiddetto Maltese, ora identificato con Francesco Noletti, e soprattutto con Carlo Manieri: ma, vorremmo dire, qui spogliati di ogni intento puramente decorativo e ricondotti a una necessità tematica più scoperta. Elementi che ricorrono comunque in altri quadri eseguiti dall’artista fiorentino nel corso del nono decennio del Seicento, confermando la relazione da lui sempre intrattenuta con la scuola romana, sottolineata per la prima volta da Mina Gregori nel 1964 a proposito della sua produzione di fiori.

Il nostro dipinto si distingue tuttavia dalla coppia citata (divisa in occasione di un passaggio sul mercato antiquario; si veda in proposito Bellesi 2012, nn. 12-13, tav. VI) e da altre tele coeve di Andrea Scacciati ad esso confrontabili (i vasi di fiori già a Bergamo presso Previtali, catalogati e più volte riprodotti da Sandro Bellesi, 2012, n. 14) per l’ambientazione notturna, che non riscontriamo nelle altre sue composizioni all’aperto fin qui note. Una scelta atta a far risaltare la brillante cromìa dei suoi fiori recisi, anemoni e tulipani in tutte le gradazioni del rosa, le pieghe sontuose del panno dalla frangia dorata e il bagliore dei vasi metallici. Ancora una volta, un richiamo all’esempio di Mario dei Fiori, condiviso anche da Bartolomeo Bimbi che insieme a Scacciati fu protagonista a Firenze del genere della natura morta.

 

 

Note biografiche

 

Nato a Firenze nel 1644, Andrea Scacciati si iscrive nel 1669 all’Arte del Disegno, avendo compiuto il proprio apprendistato. A partire dall’anno successivo è documentata la sua attività per lavori di decorazione eseguiti nel palazzo dei marchese Riccardi a via Larga; risale invece al 1672 il suo primo dipinto datato, un Vaso di fiori ad olio su tela.

Accademico del Disegno nel 1676, Scacciati alterna la sua produzione di pittore di fiori, con varie opere datate più o meno coeve al dipinto qui offerto, a quella di decoratore per la corte medicea e in particolare per Vittoria della Rovere, documentata a partire dal 1680 e proseguita nell’ultimo decennio del Seicento. Tra le opere certificate da pagamenti e descrizioni inventariali (tra cui specchi dipinti, secondo il modello romano proposto da Mario dei Fiori a palazzo Colonna) resta probabilmente un orologio dalla cassa di ebano dipinta a fiori identificato da Alvar Gonzales-Palacios e da lui posto in relazione con un documento del 1692: un’attività proseguita dal figlio, Michele Scacciati, costantemente operoso per le botteghe granducali.

Attivo in collaborazione con pittori di figura in una serie di scene all’aperto o nei festoni di fiori con figure di gusto romano, fra il 1683 e il 1687 Andrea Scacciati dipinse insieme a Pier Dandini un fregio dedicato alle stagioni per la villa di Poggio Imperiale.

I numerosi dipinti restituiti al suo catalogo da Sandro Bellesi, molti dei quali firmati e datati, lo confermano tra i protagonisti della natura morta italiana, e non solo fiorentina, del secondo Seicento, tra i pochi in grado di coniugare gli accenti fortemente scenografici che distinguono il genere in epoca barocca alle intenzioni naturalistiche che all’inizio del secolo avevano presieduto alla sua nascita.