ARA
PRODUZIONE ROMANA, II-III SEC. D.C.
in marmo bianco a grana fine, scolpito, levigato e rifinito a trapano, cm 58x46x42
Bibliografia
G. Wilmans, Exempla inscriptionum latinarum in usum praecipue academicum, Berlino 1870, p. 172 n. 2542;
Corpus Inscriptionum Latinarum, vol. VI, Inscriptiones Urbis Romae Latinae, pars II, Berlino 1882, n. 9889;
H. Dessau, Inscriptiones Latinae Selectae Berlino 1906, vol. III, n. 7590
L’ara si presenta oggi priva del piano superiore; sul fronte, iscrizione su nove linee
diis manibus
d•avonio
thalamo
segmentario
patrono•bene
merito
d•avonius
heuretus•l•
fecit
Agli Dei Mani (e) a Decimo Avonio Thalamo, sarto, padrone benemerito,
Decimo Avonio Heuretus liberto fece
Nella parte alta sugli spigoli si trovano due teste di Ammone nella sua ipostasi di ariete con folta capigliatura e barba a riccioli, fortemente caratterizzate nel viso molto chiaroscurato e con grandi corna di ariete ritorte dalle quali pendono lunghe tenie. Negli spigoli inferiori si trovano invece arpie con corpo leonino e testa femminile, grandi ali piegate, raffigurate sedute sulle zampe posteriori con quelle anteriori erette, mentre le code si avvolgono sulle facce laterali del piccolo monumento. Sui lati sono scolpite ad altorilievo da una parte un’oinochoe e dall’altra una patera ombelicata, riferimenti alla libagione funeraria in onore del defunto. In entrambi gli spigoli posteriori è scolpita una parasta con capitello ionico e fusto decorato a piccole foglie lanceolate. La base si presenta modanata.
Stato di conservazione: priva della mensa, la protome di Ammone e l’arpia del lato destro lacunosi; piccola lacuna alla base della parasta del lato sinistro.
La piccola ara risulta pubblicata a livello epigrafico ben tre volte, dal Wilmans nel 1870 nel suo Exempla inscriptionum latinarum in usum praecipue academicum, in cui se ne dà la collocazione a Roma e si specifica che è stata descritta da Giovan Battista de Rossi e dal Lanciani, pubblicata una seconda volta nel 1873 nel Corpus Inscriptionum Latinarum , vol. VI al n. 9889 da Johann Heinrich Henzen, direttore dell'Istituto germanico di corrispondenza archeologica in Roma, con la provenienza da vigna Corsi del Pinto fra il cimitero di Callisto e la chiesa di San Sebastiano, ed infine dal Dessau nel 1906 in Inscriptiones Latinae Selectae.
Si può quindi desumere che l’ara dopo il suo ritrovamento fosse giunta sul mercato antiquario dove è probabile sia stata acquisita dal Barone Blanc per essere successivamente utilizzata non tanto come monumento a sé stante ma come base per la statua di Artemide presentata al lotto precedente.
Non avendo immagini antiche non è dato sapere se lo spianamento della mensa dell’ara sia dovuto ad un suo cattivo stato di conservazione o invece per avere una superficie che corrispondesse quasi perfettamente alla base inferiore della statua di Artemide.