capolavori da collezioni italiane

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David Willaume I

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David Willaume I

(Metz 1658-Londra 1744)
MESCI ACQUA AD ELMO, LONDRA, 1700

in vermeil, alt. cm 30, g 2075

 

Il versatoio poggia su base circolare con profilo baccellato. Il corpo ha il la parte inferiore ornata da foglie e la parte centrale decorata da stemma araldico inciso tra serti vegetali. La fascia sovrastante presenta un volto di putto incorniciato da una foglia. La presa è finemente modellata come una sirena

 

Bibliografia di riferimento

H. Honour, Orafi e argentieri, Milano, 1972, pp. 138-140.  

                                            

David Willaume nacque nel 1658 da Adam Willaume, orefice di Metz in Francia. La famiglia, di religione protestante, migrò in Inghilterra dalla Francia durante le persecuzioni degli Ugonotti da parte di Luigi XIV.

La sua prima menzione a Londra risale al 1687 anno in cui gli furono concessi i documenti di naturalizzazione inglese. Nel 1688 registrò il suo marchio, le iniziali D W tra fiordalisi e nel 1693 fu ammesso nella corporazione degli orafi.

A differenza di altri orefici ugonotti immigrati in Inghilterra Willaume non usufrì mai dei fondi della clemenza reale, per la sua attività. Nel 1690 sposò Marie Mettayer.

Fu un raffinato argentiere che potè godere della protezione delle più importanti famiglie inglesi per cui produsse opere in cui è evidente la sua impeccabile capacità esecutiva. Permane nelle sue creazione lo stile ugonotto fatto di ricche modanature ed elementi fusi modellati a figure fantastiche.

Tra i pezzi più importanti di questo artista oggi conservati, si possono citare un secchiello per tenervi in fresco il vino e una fontana

da vino, eseguiti per il quinto conte di Meath nel 1708, in seguito acquistati da Giorgio II quando eta ancora principe di Galles. Oggi queste due opere fanno parte della collezione del duca di Brunwick.

Tipico della sua produzione è il mesciacqua che qui proponiamo e che trova un confronto preciso in quello oggi conservato al Victoria and Albert Museum di Londra (Fig. 1)