capolavori da collezioni italiane

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Regia Scuola di incisione sul corallo

€ 40.000 / 60.000
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Regia Scuola di incisione sul corallo

STIPO IN EBANO, PIETRE LAVICHE, METALLO DORATO, MADREPERLA, TARTARUGA E CORALLO

Torre del Greco, 1891, cm 164x142x74

 

Il mobile poggia su otto zampe a obelisco rovesciato, divise in due gruppi con pedane e raccordi a transenna; nella parte alta sono ospitati cassetti con rilievi in foggia di sirene, pomelli con teste di Medusa e sfingi ai lati. Sotto il piano di scrittura è una sottile fascia con altri cassetti rivestiti in tartaruga, con bordi in corallo e madreperla. Il corpo superiore poggia su una fascia con rilevi raffiguranti eroti ed è tripartito da colonne in pietra lavica chiara con inserti verdi e rossi, binate al centro. Gli sportelli hanno rilievi, circondati da ranghi di perline in corallo e fasce di tartaruga: quello al centro raffigura Venere su una conchiglia, con un delfino fra i flutti e Eros che scocca una freccia; gli altri, ai lati e sui fianchi, delle figure in atto di danzare con gli attributi delle Stagioni.  La cornice superiore ripete cromie e motivi della base, con maschere e festoni ed è sormontata da piccoli vasi e un gruppetto scultoreo su una base recante la scritta SCUOLA DI INCISIONE SUL CORALLO TORRE DEL GRECO NAPOLI; altre scritte sui plinti laterali.

L’interno reca un foglio iscritto:

Scrittoio nuziale decorato di Coralli, Tartaruga e Sculture in Pietre Antiche di Pompei e Lave del Vesuvio ecc; a colori tutti naturali – eseguito nel 1891dalla R a Scuola d’Incisione sul Corallo in Torre del Greco (Napoli) come saggio di un nuovo tipo di Mobiglio artistico in Stile Neo-Pompeiano; premiato con Medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Palermo -1891- e con altra Medaglia d’oro nella Esposizione Italo-Americana in Genova -1892.

Invenzione e disegno del Prof Enrico Taverna di Torino, Direttore della Scuola, = Esecuzione degli alunni Palomba Vincenzo, Porzio Francesco, Betrò Vincenzo, Porzio Vincenzo, di Torre del Greco, e Ferrer Alessandro, di Napoli, e del tagliatore di pietre  Ferrer Gaetano di Napoli sotto la direzione dell’insegnante d’incisione Prof. Giuseppe A. Giansanti, di Trani

Il Presidente Comm. Antonio Brancaccio di Torre del Greco

 

La storia di questo lavoro è perfettamente tracciata dalla lunga iscrizione nel foglio, sopra riportata, dalla quale risulta che esso venne realizzato in una celebre scuola professionale istituita a Torre del Greco, storico centro della lavorazione del corallo. Lo Stipo risulta essere il frutto delle fatiche di alcuni maestri che lavoravano sotto la guida del direttore Enrico Taverna (1864-1945 – fig. 1) che operò grandi riforme tese all’emancipazione della scuola e al suo riconoscimento internazionale.

Il Catalogo generale dell’Esposizione nazionale di Palermo del 1891 descrive i numerosi manufatti presentati dalla Regia Scuola di Torre del Greco a quella manifestazione. Non si trattava solo di oggetti in corallo, essi comprendevano infatti svariati album di disegni di ornato, fogli di architettura e meccanica, alcuni modelli in gesso, creta, cera, sessantotto pezzi incisi in corallo, lava, madreperla, conchiglia, avorio o legno, diversi manufatti e infine uno “scrittoio con stipo, in stile pompeiano, in ebano con decorazioni di corallo, lava, tartaruga e madreperla incisa” (1). Alcune foto dell’epoca (2) mostrano il nostro scrittoio e un gruppo di altri mobili, due poltrone e un tavolo scrivania, eseguiti con la stessa tecnica e lo stesso stile e presentati all’Esposizione Nazionale di Torino del 1898.

 

La Regia Scuola di incisione sul corallo, di arti decorative e industriali (questo il suo nome completo) era stata fondata nel 1878 con decreto ministeriale: le intenzioni erano quelle di addestrare nuovi lavoranti in una tecnica che era vanto della regione ma che apparentemente stentava per numero di addetti e per novità delle proposte. Situata nell’ex convento dei Carmelitani a Torre del Greco, dopo alcuni anni difficili essa venne completamente rinnovata dal torinese Enrico Taverna, che la diresse dal 1886 al 1934.

Pittore e architetto versatile, a lui si deve il disegno dello scrigno in madreperla, corallo e metalli acquistato da Umberto I all’Esposizione Internazionale di Milano nel 1906, e un altare con marmi, bronzi e coralli per la chiesa di S. Teresa a Torre del Greco (3). La sua riforma trasformerà la scuola di Torre del Greco in una moderna scuola d’arte con officine specializzate in vari tipi di materie. Nonostante le opposizioni e le difficoltà in questa sua opera di modernizzazione, nel 1888 Taverna istituì un Corso di Arte Decorativa Pompeiana. La scoperta a Pompei, nel 1890, del Frigidarium del Sarno condurrà alla realizzazione da parte di Taverna e di alcuni allievi, di una ricostruzione grafica che ottenne un notevole successo all’Esposizione di Architettura di Torino. Il corso restò in funzione fino al 1898 e il suo frutto più famoso è lo Stipo che stiamo qui esaminando in cui si coniugano varie delle tecniche praticate nella Scuola.

Alcuni degli artefici che presero parte alla realizzazione di questo lavoro, e i cui nomi sono testimoniati nell’iscrizione sopra trascritta, sono noti. Antonio Giansanti e Gaetano Ferrer, intagliatori, figurano nell’organico dal 1879. Giansanti (1827-1900) risulta autore di una traduzione in pietra lavica del rilevo con La Notte di Berthel Thorvaldsen (4) e collaborò alla realizzazione di un piano in marmo nero con intarsi di rilevi in pietra lavica, corallo, e con cammei (1884). Ferrer doveva appartenere ad una famiglia di origine spagnola che diede i natali ad un suo omonimo, Gaetano Ferrer, uno dei professori di intaglio nel Real Laboratorio delle Pietre dure di Napoli dagli anni Settanta del Settecento almeno fino al 1805 (5). Vincenzo Palomba è autore di un Bacco, conservato nel Museo del Corallo a Torre del Greco (6). Il cognome Porzio, infine, è comune a molti artefici del luogo, il più noto dei quali è Domenico che lavorò assiduamente fra Otto e Novecento.

 

Il gusto architettonico e ornamentale dell’Ottocento che si ispirava agli interni e agli arredi di epoca romana sembra avere un avvio marcato verso il quarto e quinto decennio del secolo. Nel Römischen Bäder di Potsdam, ideato da Ludwig Persius e dal più importante architetto tedesco dell’epoca, Karl Friedrich Schinkel, per il futuro Federico Carlo IV di Prussia, allora principe erede e ideatore egli stesso del programma architettonico dell’edificio, gli interni vennero definiti sul finire degli anni Trenta come una evocazione di una villa pompeiana.  Questo particolare interesse per l’antichità classica, iniziato già nel Settecento, viene portato al suo apice in quell’epoca. Nel 1840 J.-A.-D. Ingres portò a termine a Roma il dipinto Antioco e Stratonice (Chatilly, Musée Condé) la cui ambientazione ricostruisce interno e arredi romani basandosi su disegni dell’architetto Victor Baltard. Ancora Ingres collaborò con l’architetto J.-I. Hittorff nel cosidetto Tempio di Empedocle, un edificio commissionato dal Principe Girolamo Napoleone Bonaparte per l’attrice Rachel nel 1855 (7). Pochi anni dopo, nel 1860, veniva inaugurata una dimora per lo stesso Principe, epiteticamente nota come la Maison pompéienne, progettata dall’architetto Alfred-Nicolas Normand con il decoratore Charles Rossigneux (8). Normand alla metà del secolo aveva eseguito una serie di rilevi fotografici a Pompei, Roma e altri siti archeologici e su questi basò la costruzione e decorazione di quella casa di cui oggi restano solo i disegni e qualche rara foto.

L’elenco di esempi sarebbe ancora nutrito ma vorremmo almeno qui ricordare i casi più prossimi per data come l’edificazione, compiuta nel 1891, dell’Achilleion di Corfù per l’Imperatrice Elisabetta d’Austria, ad opera dei napoletani Raffaele Carito e Antonio Landi, o la costruzione della Villa Kerylos per Theodor Reinach a Beaulieu-sur-Mer, su progetti di Emmanuel Pontremoli, edificata ai primi del Novecento. In quest’ultimo edificio compaiono diversi arredi ispirati, come nel caso del nostro Stipo, al gusto pompeiano ma rivisti in una chiave scenografica con vaghe citazioni dalle fonti. Sul nostro scrittoio, ad esempio, le figure allusive alle Stagioni sono tratte più o meno fedelmente da una serie di pitture ritrovate nel Settecento ad Ercolano e da allora adoperata su mobili e porcellane, come era accaduto nelle pitture e negli arredi della Villa Favorita a Resina, in cui vennero impiegate per decorare un gruppo di arredi fra cui alcune poltrone e un divano oggi a Capodimonte, tutte opere databili fra la fine del Settecento e i primissimi anni del nuovo secolo (9).

Il nostro Stipo può essere considerato una delle ultime manifestazioni del gusto neoclassico iniziato nel XVIII secolo: assomiglia molto di più, ed è per questo che coincide col gusto d’oggi, al fare del Neoclassicismo che al fare un po’ più pomposo del tardo Ottocento. L’opera è ancora eseguita a regola d’arte, il mobile è considerato oggetto di studio che viene disegnato da un gruppo di artisti ed eseguito da artigiani di estrema perizia. Il gusto è quello che imposta la punta più alta dell’arte napoletana in quegli anni che trova un esempio mirabile nelle sculture neoalessandrine di Vincenzo Gemito.

 

Settembre 2016

Alvar González-Palacios

 

 

 

Bibliografia di riferimento

Esposizione Nazionale Palermo 1891-1892. Catalogo generale, repr. Palermo 1991, pp. 410-411;

C. Ciavolino, La Scuola del Corallo a Torre del Greco, Napoli 1988

 

 

Esposizione Nazionale Palermo 1891-1892. Catalogo generale, repr. Palermo 1991, pp. 410-411.

2 C. Ciavolino, La Scuola del Corallo a Torre del Greco, Napoli 1988, p. 109.

3 Ibidem, p. 90.

4 Ibidem, pp. 66, 67, 77.

5 A. Gonzalez-Palacios, “Il Laboratorio delle Pietre Dure dal 1737 al 1805” in Le Arti Figurative a Napoli nel Settecento. Documenti e ricerche, a cura di N. Spinosa, Napoli 1979, pp. 103, 106, 108, 112, 114, 115, 143, 151.

6 A. Putaturo Murano, A. Perriccioli Saggese, L’arte del corallo. Le manifatture di Napoli e di Torre del Greco fra Otto e Novecento, Napoli 1989, fig. 37, p. 86.

7 R. Rosenblum, Transformations in late Eighteenth Century Art, Princeton 1967, pp. 134 sqq.

8 M.-C. Dejean de la Batie, “ La Maison pompéienne du Prince Napoléon Avenue Montaigne” in Gazette des beaux-arts, 87, 1976, pp.127-134

9 A. Gonzalez-Palacios, il Tempio del Gusto, Milano 1984, p. 370, figg. 603, 605, 607