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Cristoforo Solari, detto il Gobbo

€ 15.000 / 20.000
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Cristoforo Solari, detto il Gobbo

(Milano 1468 - 1524) 

SAN SEBASTIANO

statuetta in marmo, cm 57x17x18

 

Bibliografia

V. Zani, in Botticelli, Le sculture, Firenze 2003, pp. s.n.;

V. Zani, in Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco. Scultura lapidea, III, Milano 2014, p. 879

 

L’opera, di una sofisticata eleganza nella postura dinoccolata, quasi danzante, del santo martire e nel minuto intaglio che ne definisce i tratti languidi del volto e la vaporosa chioma inanellata, è stata recentemente ricondotta con efficaci argomenti da Vito Zani (Zani, op. cit. 2014, p. 879) a un gruppo di altre quattro statuette marmoree affini nel soggetto e negli accenti stilistici, ma anche nelle misure (le figure alte circa cm 50) e nella forma tondeggiante della base, variamente connesse all’attività di Cristoforo Lombardi: tra i principali interpreti della svolta classicista nella scultura lombarda di primo Cinquecento, celebre soprattutto per aver eseguito le effigi sepolcrali di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este nella Certosa di Pavia (commissionate nel 1497 per Santa Maria delle Grazie a Milano).

Si tratta, in primo luogo, di un’altra immagine di San Sebastiano, ma con entrambe le mani legate dietro la schiena, e di un Cristo alla colonna, opere conservate nelle raccolte d’arte del Castello Sforzesco a Milano (Zani, op. cit. 2014, pp. 76-79, nn. 878-879) e riferite al Solari, pur col dovuto “margine di dubbio”, da Maria Teresa Fiorio (in Il Genio e le Passioni. Leonardo e il Cenacolo. Precedenti, innovazioni, riflessi di un capolavoro, catalogo della mostra, Milano, Palazzo Reale, Milano 2001, pp. 250-251, nn. 90-91, dove ribadisce quanto già avanzato in un articolo del 1994) che proponeva cautamente di identificarle nei Santi Nazaro e Celso immaginando provenissero da un medesimo altare. A queste lo stesso Zani (op. cit. 2003) ebbe modo di aggiungere un’altra statuetta, al tempo presso la galleria Botticelli di Firenze, raffigurante il Cristo alla colonna, versione in controparte di quella del Castello e “senza alcuna incertezza” scolpita dal “medesimo artista” che lo studioso era incline a ritenere uno “scultore lombardo ligure” attivo nel terzo quarto decennio del Cinquecento, peraltro senza disconoscerne le tangenze coi modi di Cristoforo Solari e ricordando un documento del 1511 che ne attesta i rapporti con la committenza genovese. Fu proprio in una postilla a questo medesimo contributo che Zani segnalò per la prima volta l’opera in esame, della quale sottolineava la consonanza coi modi del maestro milanese ravvisabile nella “formula compositiva che si richiama molto strettamente alla statua di San Sebastiano nel duomo di Milano, firmata da Cristoforo Solari” - databile sulla metà del secondo decennio - scoperta da Susanna Zanuso (Cristoforo Solari tra Milano e Venezia, in “Nuovi Studi”, V, 2000, 8, pp. 17-33). Il suo “carattere più marcatamente solariano” rispetto alle altre statuette del gruppo è stato poi confermato da Zani (op. cit. 2014, p. 78) nella recente scheda sui due marmi del Castello Sforzesco, dove inoltre aggiungeva alla serie un terzo San Sebastiano (Milano, collezione Giulini) “uguale” alla versione conservata nel museo milanese, opera che pertanto veniva a costituire col Cristo alla colonna della galleria Botticelli un’analoga coppia.

Senza qui indugiare ulteriormente sulle palesi affinità che imparentano la nostra figura a questo nucleo - peraltro difficilmente riconducibile a una medesima struttura, come si è ipotizzato, e piuttosto frutto di una produzione orientata ad assecondare le molteplici domande della devozione domestica -, è opportuno rimarcarne i caratteri spiccatamente solariani, come il patetismo espressivo, le ciocche minutamente inanellate, il soffuso nitore degli incarnati e l’incresparsi leggero del perizoma, aspetti che manifestano la sintonia dello scultore con l’esperienza milanese di Leonardo. Ma anche - si è visto - la virtuosistica, artificiosa postura in contrapposto, chiaramente riconducibile, al pari di quanto osservato dalla critica in altri lavori del Solari, a un’attenta conoscenza del Laocoonte, che il maestro aveva potuto studiare durante il soggiorno romano del 1514.

 

G.G.