Bibliografia di riferimento
B. Santi, in Il Seicento Fiorentino, Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III, Biografie, catalogo della mostra, Firenze, 1986, pp. 65-67
La bella tela qui presentata si può ricondurre con sicurezza alla produzione del pittore fiorentino Francesco Curradi che, insieme a Cosimo Rosselli, Domenico Passignano e Jacopo da Empoli, fu tra i capiscuola della pittura fiorentina della prima metà del Seicento. Fu altresì uno degli interpreti più richiesti della pittura devozionale fiorentina per le sue caratteristiche di sobrietà, misticismo e umiltà e per gli schemi pittorici di facile comprensione in linea con quanto richiesto dalla pittura controriformata. Questo aspetto fa comprendere le molte commissioni ricevute soprattutto in ambito ecclesiastico, tra cui si ricordano gli 87 fogli a sanguigna contenenti episodi della vita di Maria Maddalena de’ Pazzi (impresa che consacrerà Curradi come interprete dell’iconografia ufficiale della santa più famosa e ossequiata del Seicento fiorentino, che ebbe anche modo di conoscere), la Crocifissione e la Deposizione per la Compagnia di San Niccolò al Ceppo del 1610, la Crocifissione con Sant’Agostino e i dolenti nella cattedrale di Volterra (1611), la Predica di San Francesco Saverio nella chiesa di San Giovannino degli Scolopi a Firenze (1622); le sette lunette con Storie di Maria Maddalena per la cappella della villa di Poggio Imperiale, simili per impostazione alle lunette realizzate con le Storie della Vergine nella chiesa di Santa Maria degli Angiolini degli anni trenta-quaranta del Seicento; L’incoronazione della Vergine per il Romitorio delle Celle nel Paradisino di Vallombrosa (1646) , La predica del Battista in Santa Trinita a Firenze dipinta nel 1649 all’età di 79 anni.
Tra le opere curradiane meritano una menzione anche il bellissimo Narciso al fonte (oggi alla Galleria Palatina) e l’Erminia tra i pastori (oggi alla Villa della Petraia) commissionate dal cardinal Carlo dei Medici nel 1622 per il Casino di San Marco in via Larga. Questi dipinti documentano l’attività di Curradi presso la famiglia Medici e la sua capacità di cimentarsi, con sorprendenti risultati, anche in soggetti profani. Purtroppo il Curradi non ha goduto di grande fama a causa dell’assenza di una biografia tramandata da Filippo Baldinucci che, seppur riconoscendo i suoi meriti, lo ricorda solo di passaggio nelle vite di altri artisti, in episodi che mettono in evidenza la sua personalità pia e devota; questo aspetto ha senza dubbio condizionato il giudizio critico sulla sua opera. Seppure ad un primo impatto l’arte del Curradi possa infatti sembrare mesta e ripetitiva, ad un’analisi più attenta mostra invece una grande qualità pittorica a cui si aggiunge una sentita profondità spirituale. L’assenza della biografia baldinucciana rende anche difficile individuare una cronologia delle sue opere e precisare la data del suo viaggio a Roma, che è comunque documentato da alcuni disegni tratti da statue antiche, come il Laocoonte o come la Venere de’ Medici che all’epoca si trovava ancora nella villa medicea sul Pincio. Il viaggio potrebbe essere avvenuto nel 1633, quando Curradi fu nominato cavaliere dell’Ordine di Cristo da Urbano VIII. Secondo alcune fonti, a Roma avrebbe dipinto diverse tele che furono poi acquistate dal re del Portogallo. Gli aspetti principali della sua pittura, esemplificati perfettamente nella grande tela qui offerta, sono “il disegno controllato, la semplicità efficace delle composizioni, l’avvenenza malinconica delle figure” (B. Santi cit., p. 67). Purtroppo di questo dipinto non si conosce ancora la provenienza; più facile ipotizzare la data di realizzazione intorno agli anni trenta del Seicento per la prossimità con due grandi pale d’altare degli stessi anni: la Madonna in gloria e santi nella chiesa di San Frediano in Cestello e la Madonna della Mercede con i Santi Teresa, Isidoro, Gaetano e Filippo Neri nel duomo di Pontedera; con quest’ultima in particolare vi sono molti punti di tangenza sia nel cromatismo chiaro e sognante che nell’impostazione delle figure: nella parte alta Maria, avvolta in un manto azzurro ultraterreno, è sospesa tra le nuvole nell’atto di presentare il Bambino, mentre nella parte inferiore si ergono statuari, seppur in ginocchio, i santi Antonio, Giuseppe e Francesco, dolci intermediari verso noi fedeli.