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Giuseppe Cades                                                            

€ 35.000 / 50.000
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Giuseppe Cades

(Roma 1750-1799)

CRISTOFORO COLOMBO DINANZI AI SOVRANI FERDINANDO E ISABELLA

olio su tela ovale, cm 176x243

iscritto al retro “Giuseppe Cades”

opera dichiarata di particolare interesse storico-artistico ai sensi del decreto legislativo 42/2004 

 

Bibliografia

A.M. Clark, An introduction to the drawings of Giuseppe Cades in Master Drawings, 1964, vol. II, pp. 23-24 e 26, illustrato fig. 2. p. 23;
M.T. Caracciolo, Giuseppe Cades 1750-1799 et la Rome de son temps, Parigi 1990, n. 77 A, pp. 271-272, illustrato p. 271.

 

Distinto per la sua forte carica teatrale, il grande ovale qui presentato è opera dell’interessante pittore Giuseppe Cades, nato a Roma nel 1750 ma di probabili origini francesi.

Artista precoce, nel 1762 e nel 1766 Cades ricevette il secondo e il primo premio per i concorsi di pittura dell’Accademia di San Luca grazie ai disegni Amore e Psiche (dal gruppo capitolino omonimo) e Tobia che cura il padre cieco. Questo secondo disegno fu considerato dal suo maestro, Domenico Corvi, talmente emancipato e ricco di spunti innovativi che egli cacciò il giovane dalla sua scuola dando il via così ad una rivalità con l’allievo che sfociò in vera e propria inimicizia.

Gli stessi caratteri innovativi sono quelli che troviamo nel dipinto qui offerto, che mostra una spiccata fantasia interpretativa senza tralasciare il tono aulico ed enfatico richiesto dalla scena rappresentata, sempre permeato però da una sottile vena di ironia, in linea con l’indole accesa di Giuseppe.

I modelli a cui si riferì Cades per elaborare questo personale linguaggio sono ripresi dal Veronese, di cui ammirava la resa del colore, da modelli fiamminghi e dalla coeva pittura francese. Senza farsi condizionare troppo dai pittori neoclassici più in voga dell’epoca, come Pompeo Batoni o Anton Raphael Mengs, Cades preferì avvicinarsi alla vena proto-romantica di Füssli e Barry le cui opere mostrano quel gusto per il racconto teatrale e in costume di cui anch’egli divenne una figura di rilievo.

L’ovale qui offerto illustra un tema raramente rappresentato. Siamo infatti dinanzi all’incontro tra Cristoforo Colombo e i sovrani cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, patroni del viaggio in cui il navigatore genovese, cercando la rotta per le Indie, avrebbe poi scoperto l’America.

La scena rappresentata non è quella, più nota e frequente, del ritorno di Colombo, bensì la fase prima della partenza quando l’esploratore cerca di perorare la sua causa convincendo i sovrani a finanziare il suo ardito progetto. Questa ipotesi è suggerita dall’assenza, nella nostra scena, dei doni che Colombo riportò indietro dalle Americhe per omaggiare Isabella e Ferdinando. Non è dunque da escludere che il dipinto facesse parte di una serie più ampia, in cui erano descritti momenti diversi dell’impresa.

L’ovale, già pubblicato nel 1964 da Anthony M. Clark e nel 1990 da Maria Teresa Caracciolo, è stato datato dagli studiosi agli anni Ottanta del Settecento. Si tratta dunque di una prova originale di pittura di storia, che anticipa il gusto per la pittura neo-medievale che si diffonderà di lì a poco proprio all’inizio del XIX secolo. Dell’opera si conoscono anche due disegni preparatori conservati al Musée des Arts Décoratifs di Lione e al Museum of Art di Filadelfia, il secondo dei quali presenta la scena all’interno di una elaborata cornice neo-rinascimentale che suggerisce, con ogni probabilità, la collocazione originaria del nostro dipinto al centro di un soffitto decorato a fresco o in stucco.