Pietro Orlando
(Trapani 1651 - 1699)
CALVARIO (CROCIFISSIONE DI CRISTO E ALTRE SCENE; SALITA AL CALVARIO)
gruppo scultoreo in alabastro, cm 60x51x25
Bibliografia di riferimento
I. Bruno, in I. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, III, Scultura, a cura di D. Patera, Palermo 1994, pp. 249-252
Opera di una squisita eleganza, certo destinata alla devozione domestica, forse nella cappellina o in una camera di una nobile dimora siciliana, l’elaborato, animatissimo gruppo raffigura la Crocifissione di Cristo tra i due ladroni - il “buono” in atto di rivolgersi verso il Redentore, mentre l’altro si torce all’opposto -, con la Maddalena e San Giovanni Evangelista dolenti ai piedi della Croce, includendo altri episodi collaterali che nei Vangeli e nell’iconografia tradizionale cadenzano la drammatica narrazione del Calvario sul monte Golgota: a sinistra lo svenimento della Madonna sostenuta dalle tre Pie Donne, a destra i soldati che si contendono la veste di Gesù giocando a dadi sopra un tamburo, mentre dietro di loro Longino, il centurione pentito, guarda stupito il Signore, e alcuni Farisei discutono, uno dei quali a cavallo fa da quinta alla scena in posizione simmetrica al cavaliere armato che si erge sull’altra ripa. La complessa rappresentazione è intagliata con sorprendente vivacità narrativa e un eccezionale virtuosismo tecnico, quale si coglie nella sapiente definizione anatomica e posturale dei corpi ignudi crocifissi, nella pregnanza espressiva e fisionomica dei volti, negli abiti pittoreschi che connotano i diversi personaggi con fantasiosi copricapi, armature cesellate, panneggi increspati dal vento, come anche nella sapida presenza in primo piano di un cane accovacciato e una ‘natura morta’ con la gerla di vimini contenente gli arnesi utilizzati per la crocifissione accanto alla scala riversa, oltreché, sui lati, di due ‘gruppi di genere’ uno dei quali ci presenta un’elegante signora accompagnata dal suo figlioletto. Ma la vena narrativa e il magistero del suo autore si rivelano in modo forse ancor più sbalorditivo nella miniaturistica predellina incavata nel basamento raffigurante un’affollata Salita al Calvario che si staglia su di un ampio, suggestivo sfondo di paesaggio con la veduta di Gerusalemme, includendo anche in questo caso altri momenti della Passione di Cristo: il Cireneo che condivide la fatica di Gesù, la Veronica inginocchiata per asciugarne il volto, la Vergine prostrata dal dolore, mentre sullo sfondo a sinistra s’intravedono alcune donne in attesa davanti al sepolcro la cui lastra viene sollevata da figure angeliche.
Come dichiara l’iscrizione incisa sul margine inferiore della base - “Petrus Orlando Inventor Del(ineavit et) Fecit Drepani” - sia l’intaglio che l’invenzione compositiva si devono al trapanese Pietro Orlando, che le fonti locali (G. Di Ferro, Biografia degli uomini illustri trapanesi, Trapani 1831, pp. 203-212) ricordano come “famoso” scultore in legno, riferendogli il monumentale armadio istoriato della chiesa del Collegio dei Gesuiti (da alcuni attribuito ora al milanese Giampaolo Taurino), numerosi Crocifissi (Santa Maria dell’Itra; Annunziata; Carmine), animati gruppi plastici al naturale (Cristo fra i ladroni, Ospedale di Sant’Antonio Abate), statue (Ecce Homo, Santa Margherita; Sant’Antonio da Padova, San Francesco), ed altre opere, alcune delle quali si trovano ad Erice (M. Vitella, Il tesoro della Chiesa Madre di Erice, Trapani 2004, p. 75, n. II.1), apprezzate per la perizia anatomica, la vivacità espressiva e l’animazione. Fratello di Alberto (nato nel 1653), che si dedicò invece alla scultura lapidea (statue nella chiesa della tonnara di San Giuliano) e in stucco (Dottori della Chiesa, chiesa dell’Immacolata), Pietro Orlando fu attivo anche nella lavorazione del corallo - un atto del 1685 attesta che gli Orlando erano iscritti alla Corporazione dei corallari (Bruno, op. cit. 1994) -, arte assai fiorente a Trapani (Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e della Sicilia occidentale tra XVIII e XIX secolo, catalogo della mostra, Trapani, Museo Regionale, a cura di M.C. Di Natale, Trapani 2003, pp. 408-409), maturando pertanto una spiccata familarità con la ‘microscultura’ e con tecniche d’intaglio funzionali alla lavorazione dell’alabastro, un genere pure ben radicato nella tradizione siciliana per il quale, del resto, si usavano i medesimi utensili dell’intaglio ligneo.
In un tale contesto l’opera che qui si presenta si staglia come un assoluto vertice qualitativo, anche in ragione dei colti riferimenti formali agli episodi più alti della scultura siciliana (il respiro narrativo dei rilievi di Antonello Gagini nel Duomo di Palermo e le vivaci predelle della statuaria gaginesca), le memorie d’invenzioni michelangiolesche (i tormentati Ladroni noti attraverso varie redazioni in bronzo) e le suggestive affinità con la scultura lombarda del Cinquecento (gli estrosi intagli lignei dei Del Maino, come il Calvario oggi nel Victoria and Albert Museum di Londra, o i vibranti marmi di Gian Giacomo della Porta), reclamando per Pietro Orlando, ingiustamente trascurato dalla recente bibliografia (cfr. M. Guttilla, Mirabile artificio 2. Lungo le vie del legno, del marmo e dello stucco. Scultori e modellatori in Sicilia dal XV al XIX secolo, Palermo 2010), una più adeguata attenzione critica.
G.G.