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mer 27 Settembre 2017
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ALFA ROMEO 6C 2300 TURISMO (1935)

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ALFA ROMEO 6C 2300 TURISMO (1935)

 

TELAIO N. 710566

 

MOTORE: 6 CILINDRI IN LINEA BIALBERO

CILINDRATA: 2309 CM3

POTENZA: 68 CV

CARROZZERIA: BERLINA “SOFFIO DI SATANA” TOURING

 

L’ALFA ROMEO

Il Cav. Vittorio Jano (1891-1965) fu una figura centrale nella storia dell’Automobile italiana: fu protagonista della grande stagione di vittorie Fiat degli anni ’20, plasmò l’Alfa Romeo rendendola il Marchio italiano più amato invidiato e desiderato al mondo negli anni tra le due guerre, rese possibile la rinascita della Lancia dopo la morte del Fondatore e la portò ai più alti allori sportivi, contribuì in modo importante alla creazione del mito Ferrari.

Nei primi anni ’20 la responsabilità tecnica dell’Alfa Romeo era dell’Ing. Giuseppe Merosi. Nel 1920 entrò a far parte della squadra un giovane pilota, tale Enzo Ferrari da Modena.

Fu proprio Ferrari a contattare Jano e a convincerlo a lasciare la Fiat per entrare in Alfa Romeo. Di lui avrebbe più tardi detto: “- … era un uomo di grandi capacità e con una grandissima intuizione tecnica. Non era un matematico, non aveva una grande cultura, essendosi formato come semplice perito industriale. Ma aveva l’umiltà di rivolgersi … ad un professore di matematica di Milano che lo teneva aggiornato di tutte le calcolazioni che potevano essergli necessarie…-“ (Le Alfa Romeo di Vittorio Jano, A.T. Anselmi e V. Moretti, Autocritica, 1982)

La fabbrica del Portello era una delle realtà più avanzate dell’industria soprattutto nella fonderia, nella meccanica di precisione, e nell’utilizzo di leghe e lavorazioni speciali. Appena giuntovi, nel 1922, Jano si mise al lavoro e la sua prima realizzazione fu subito un capolavoro: quella P2 che, vincendo il Campionato d’Europa e del Mondo, determinò l’aggiunta della corona d’alloro intorno al Marchio visconteo dell’Alfa Romeo. Poco dopo venne alla luce il modello 6C 1500, che diede inizio a una riuscitissima famiglia di vetture da turismo, sportive e da corsa, che sarebbe durata fino ai primi anni ’50 con la 6C 2500, e della quale la 6C 2300 che presentiamo oggi in asta fa parte.

LA 6C 2300

La 1500 fu sviluppata su varie versioni e si trasformò in 1750, 1900, 2300 ed infine 2500. In parallelo, le favolose 8C 2300 e 2900 nascevano e venivano riconosciute come le migliori automobili sportive del mondo. Il modello 6C 2300 di cui ci occupiamo vide la luce al Salone di Milano del 1934, dopo molti anni di successi sportivi e commerciali delle serie precedenti. Pur derivando dalle 6C precedenti, essa nasceva da un progetto totalmente nuovo, in cui la distribuzione, sempre dotata di due alberi a camme in testa, era comandata a catena e non più a ingranaggi, per una migliore silenziosità e affidabilità. Il cambio aveva la terza e la quarta sincronizzate e un interessante meccanismo di ‘ruota libera’ che era stato sperimentato sulla 1900. L’avantreno era uguale a quello della prestigiosa 8C 2300. Fu l’ultima Alfa Romeo con sospensioni ad assali rigidi e balestre, abbandonati sulla successiva versione 6C 2300B.

LA CARROZZERIA

La 6C 2300 era stata concepita in modo meno sportivo rispetto ai precedenti modelli, e fu spesso equipaggiata con carrozzerie comode e spaziose, piuttosto che corsaiole. Molti esemplari furono carrozzati in casa, mentre altri furono vestiti dai migliori specialisti del tempo, come Castagna, Pinin Farina, o Touring. Grazie a queste carrozzerie, la 6C 2300 ottenne moltissimi prestigiosi premi ai Concorsi d’Eleganza del tempo, tra i quali quello del Pincio a Roma, al Valentino a Torino, e naturalmente a Villa d’Este.

La Carrozzeria Touring era stata fondata a Milano nel 1926 da Felice Bianchi Anderloni e Gaetano Ponzoni, due professionisti della buona borghesia milanese, le cui caratteristiche di eleganza riservata ma sicura di sé avrebbero interpretato meglio di chiunque altro. Fu quindi la più giovane impresa carrozziera del periodo anteguerra, ed infatti nel 1934, quando realizzò la vettura qui presentata, aveva solo otto anni di vita: ma in quegli otto brevi anni si era imposta come uno dei più importanti stilisti italiani e mondiali, capaci di innovare sia nel campo estetico che in quello tecnologico.

Per Bianchi Anderloni linea e tecnica andavano sempre insieme: fu infatti tra i primi a studiare gli effetti dell’aerodinamica sulla efficienza di un veicolo, ma anche sulla moda e i gusti del pubblico, come è evidente dallo studio della inconsueta carrozzeria, battezzata “Soffio di Satana” che caratterizza la vettura in oggetto. In essa si possono scorgere anche ispirazioni provenienti dall’estero, dalla Francia e perfino dalla Chrysler Airflow, ma la riuscita di questa carrozzeria sta nella perfezione dei volumi e nella semplice eleganza, priva di orpelli inutili. Essa rappresenta un precoce esempio di ‘Berlina Sportiva’, una via di mezzo cioè dalle ponderose berline a sei luci del tempo e le coupé, e interpreta alla perfezione il telaio Alfa Romeo 6C 2300 Turismo. Ne furono costruite solo due, una delle quali è qui oggi davanti a voi.

LA 6C 2300 N.710.556 E LA SUA STORIA UNICA

Questo esemplare era conosciuto, ma ritenuto scomparso dagli storici, tra gli altri Angelo Tito Anselmi e Carlo Felice Bianchi Anderloni, che ne hanno parlato in vari volumi da loro curati, tra cui “Le Alfa Romeo di Vittorio Jano” e “Carrozzeria Touring”, entrambi del 1982. La vettura si ritenne scomparsa solo perché il suo proprietario non l’ha mai utilizzata per raduni, manifestazioni e concorsi d’eleganza, ma l’ha gelosamente conservata per più di cinquant’anni.

Avendo descritto l’oggetto e le sue caratteristiche tecniche e stilistiche, ed il suo lignaggio, siamo ora obbligati all’ingrato compito di scrivere qualche nota sul primo proprietario di questa vettura, un uomo che ha avuto un’influenza seconda a nessuno non solo nella piccola storia di questa automobile, ma nella Storia di questo Paese, per non parlare della Letteratura. I documenti di circolazione originali che accompagnano questa Alfa Romeo certificano che essa fu venduta dalla Casa, in data 12/4/1935, al Comandante Gabriele d’Annunzio, Principe di Montenevoso.

Non sta certo a noi descrivere l’Uomo e la sua vita, basti dire che nel 1935 egli era un reduce di mille battaglie – alcune vere alcune solo raccontate, che viveva nel suo castello-mausoleo di Gardone Riviera ricevendo personaggi di tutti i generi come un Regnante. Un uomo di 72 anni, una bella età a quel tempo soprattutto per chi nella vita non si era risparmiato.

D’Annunzio aveva sempre amato le belle automobili e le Alfa Romeo in particolare, si intratteneva talvolta col vicino mantovano Nuvolari e parlavano di motori… e forse anche d’altro. Fu D’Annunzio, molti anni prima, a decretare che “L’automobile è femmina”. Oltre che alle Alfa Romeo, egli amò e utilizzò spesso vetture Isotta Fraschini, una delle quali è ancora conservata al Vittoriale, e molte delle quali furono vendute da suo figlio Gabriellino, che rappresentava la Casa milanese negli Stati Uniti. Diciamo quindi che, diversamente da molti altri artisti più ascetici di lui, egli –amante del bello e del lusso- conosceva ed amava le belle automobili, e le utilizzava sicuramente come una parte di tutto quell’apparato simbologico che accresceva la sua aura e la sua fama.

L’Alfa Romeo che vi presentiamo oggi fu dunque in uso al Vittoriale negli ultimi tre anni di vita del Vate, utilizzata per suoi viaggi personali e per ricevere alcuni ospiti alla stazione di Desenzano. Dei primi, pochi sono stati registrati in quanto spesso clandestini, ma molti portarono d’Annunzio a Verona per incontrare Arnoldo Mondadori, controllare la produzione dei suoi libri e chiedere pagamenti anticipati; Piero Chiara, nella sua “Vita di Gabriele d’Annunzio” (Mondadori, 1978) riporta ad esempio che il 26 Agosto del 1937 andò a prendere Ugo Ojetti (giornalista, letterato, Accademico d’Italia), ma anche che il progettato viaggio per il giorno dopo a Venezia fu cancellato a causa della sua debolezza. Forse uno degli ultimi viaggi fu quello che, a fine luglio del 1937, sei mesi circa prima della morte, portò il Vate, accompagnato dal suo stretto collaboratore Moroni, a Parma e a Verona. Nella copiosa documentazione che accompagna la vettura, c’è un preziosissimo taccuino “Ruolino di Marcia” nel quale sono annotati i chilometri percorsi e gli interventi di manutenzione effettuati.

Risultano:

- 2/7/36 13.625

- 11/8/36 15.974

- 14/9/36 17.629

- 23/12/36 21.254

- 8/2/37 24.290

- 20/4/37 27.259

- 22/6/37 30.008

- 17/8/37 33.024

- 7/9/37 35.305

- 15/10/37 37.740

- 9/11/37 40.760

- 15/1/38 43.090

- 1/5/39 47.120

Considerando le condizioni di salute del Vate, è lecito pensare che gran parte della percorrenza, invero non indifferente, fosse determinata –più che da spostamenti del Vate stesso- da commissioni, trasporto di ospiti, recapito di messaggi che l’illustre proprietario produceva e riceveva in grande quantità, e che spesso non era prudente affidare ai servizi delle Regie Poste.

Questo “Ruolino di Marcia” ci dà però anche la percezione di come la Alfa Romeo fosse usata con regolarità e seguita con attenzione: ad ogni data corrisponde un cambio d’olio ed in una occasione la smerigliatura delle valvole. Nella primavera del 1937 venne costituita la “Fondazione del Vittoriale degli Italiani”, con l’accordo del Vate che la volle “- per salvare il Vittoriale dalle branche degli eredi ingordi e cinici-“ (Chiara, op. cit.), e fu a questa Fondazione che la proprietà della Alfa Romeo fu trasferita il 17/2/1940. Il cinque agosto 1946 invece l’Alfa Romeo fu acquistata dalla Società Autotrasporti Industriali di Busto Arsizio, perdendo quindi la sua originale targa BS 10764 ed acquistando la VA 18580 che porta ancora oggi.

Nell’Aprile del 1963 la 6C 2300 viene acquistata da due giovani fratelli di Castellanza, in provincia di Varese, che l’avrebbero tenuta e curata fino ad oggi. Questa macchina ha fatto parte della vita della loro famiglia ed è stata usata solo rarissimamente in occasione di qualche occasione speciale o cerimonia famigliare: per questo non è mai stata avvistata dai radar dei commercianti e dei collezionisti e oggi si ripresenta ad un mondo che nel frattempo ha consegnato alla Storia il suo primo proprietario, e ha riconosciuto il valore delle grandi automobili, e soprattutto di quelle che, come questa, hanno mantenuto la loro totale originalità e sono quindi in grado di tramandare ai posteri il lavoro e la genialità di coloro che le hanno create.

La vettura è totalmente originale, fatta eccezione per il tachimetro che è stato sostituito molti anni fa con un Jaeger simile ma a fondo bianco anziché nero, non è mai stata riverniciata o rifinita, ma ha quattro porte che si aprono ad armadio, senza montante centrale, e che dopo ottantatrè anni funzionano perfettamente e sono impeccabilmente allineate: una medaglia al valore dei tecnici della Carrozzeria Touring.