Luca Giordano
(Napoli 1634 – 1705)
APOLLO E MARSIA
olio su tela, cm 125x180
iscritto in basso a sinistra il numero di inventario (366 o 566) a vernice gialla
Provenienza
Londra, Christie's, 8 luglio 1988, lotto 108
Esposizioni
Dipingere la Musica”. Musik in der Malerei des 16. Und 17. Jahrhunderts. A cura di Sylvia Ferino-Pagden, Vienna, Palais Harrach, 3 aprile-2 luglio 2001, n. 25.
Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli. A cura di Nicola Spinosa, Napoli, Museo di Capodimonte, 12 dicembre 2009-11 aprile 2010, n. 1.134.
Referenze fotografiche
Fototeca Zeri, busta 0522; fasc. 1, scheda 54842
Bibliografia
N. Spinosa, in Jusepe de Ribera. 1591-1652. Catalogo della mostra, Napoli 1992, riprodotto a p. 43; N. Spinosa, in Jusepe de Ribera. 1591-1652. Catalogo della mostra, Madrid 1992, p. 47, fig. 8; O. Ferrari – G. Scavizzi, Luca Giordano. L'opera completa, Napoli 1992, I, tavole a colori XV e XVII; pp. 31, 270, A 130; II, fig. 206; Luca Giordano. 1634-1705. Catalogo della mostra, Napoli 2001, pp. 167-68; “Dipingere la Musica”. Musik in der Malerei des 16. Und 17. Jahrhunderts. Catalogo della mostra a cura di Sylvia Ferino-Pagden, p. 48, p. 303 (riprodotto a colori); p. 204, n. II, 25; S. Schütze, Estetica barocca, Roma 2004, p. II, fig. 1; M. Utili, in Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli. Catalogo della mostra, Napoli 2009, I, pp. 254-255.
Capolavoro giovanile di Luca Giordano, il dipinto qui offerto ritorna in vendita per la prima volta a quasi quarant'anni di distanza dall'asta tenuta a Londra da Christie's dove comparve nel 1988. Non è stato possibile ricostruire la sua storia collezionistica prima di quella data: troppo generiche sono infatti le menzioni di opere di questo soggetto attribuite all’artista napoletano e vendute a Londra e a Parigi tra la metà del Settecento e il 1837 (vedi The Getty Provenance Index) né, soprattutto, è stata fin qui identificata la raccolta, italiana o straniera, a cui rimanda il numero di inventario apposto all’angolo inferiore sinistro della tela: una raccolta senz’altro illustre e ricca di opere, come si deduce dal numero a tre cifre che identificava il nostro dipinto, oltre che dalla sua oggettiva importanza.
Fin dal suo primo apparire, l'opera è stata posta in relazione da Nicola Spinosa con il celebre Apollo e Marsia di Jusepe de Ribera, firmato per esteso e datato del 1637, ora al Museo Nazionale di Capodimonte, dalla collezione d’Avalos (fig. 2): un dipinto in cui la struggente bellezza della divinità solare si associa alla più efferata crudeltà della sua azione secondo una dinamica tipica dell'età barocca evidenziata anche da Sebastian Schütze in relazione al nostro dipinto.
Con ogni evidenza, la tela di Ribera fu il modello a cui il giovane Luca Giordano farà più volte riferimento nel corso degli anni Cinquanta del Seicento. La sua più antica risposta al capolavoro riberesco è infatti la redazione a figure intere, assai imponente per dimensioni, anch’essa al Museo di Capodimonte dalla collezione dei principi di Fondi, replicata altresì in una tela di raccolta privata forse proveniente dalla raccolta seicentesca di Ferdinand van den Eynden a Napoli (vedi Luca Giordano. Catalogo della mostra, Napoli 2001, nn. 44 e 45, quest’ultimo qui illustrato alla figura 5). Puntuale la citazione del gruppo di satiri che, sullo sfondo, assistono sgomenti al supplizio inflitto al loro compagno, colpevole di aver voluto sfidare il divino Apollo; quest'ultimo ripete la chioma dorata e il panneggio rosato e svolazzante del modello, situandosi però nello spazio in un atteggiamento più brutale e realistico. A terra, la figura urlante di Marsia dipinta da Luca Giordano è una puntuale citazione dal Marsia riberesco e richiama comunque la galleria di figure tormentate messe in scena dal pittore spagnolo nel corso degli anni Trenta: il Tizio del Museo del Prado, del 1632, e il Prometo già nella collezione di Barbara Piasecka Johnson, venduto da Sotheby's a Londra nel luglio del 2009 (fig. 4).
Di dimensioni più contenute ma comunque imponenti, il dipinto qui offerto raffigura l'attimo che appena precede il supplizio: incoronato dell’alloro che palesa la sacralità del suo personaggio e in atteggiamento riflessivo, quasi a sottolineare l'intrinseca necessità del supplizio atto legittimo e non scaturito dall’arbitrio di una divinità offesa Apollo impugna il coltello con cui si appresta a scuoiare il suo sfidante e lo fissa con un’economia di espressioni e di gesti ancora più terribili dell'azione che sta per compiere. Niente è ancora accaduto, in realtà, ma il silenzio sospeso è già rotto dall'urlo del satiro, posto su una pietra scabra che sembra richiamare l'altare di un sacrificio. In basso a destra, la siringa con cui l'imprudente ha voluto misurarsi con il dio, il cui strumento è ostentato da un genietto alato nell'angolo opposto.
Il campo visivo ridotto rispetto alle precedenti versioni del tema consente a Luca Giordano di avvicinare i suoi personaggi allo spettatore, rendendo ancora più potente o addirittura insopportabile l'illusione di realtà della scena raffigurata: una variante pagana del Martirio di San Bartolomeo, altrettanto crudele e inquietante, come nel dipinto, anch'esso di stretta osservanza riberesca, venduto a Londra da Christie's nel luglio del 2014 (fig. 3)
Per questa ultima versione del tema di Apollo e Marsia la critica ha proposto una datazione alla fine del sesto decennio del Seicento, a conclusione cioè di una seconda fase di Luca Giordano nuovamente segnata dal recupero di modelli ribereschi. Solo pochi anni dopo, nel 1665, il pittore napoletano si sposterà a Venezia diffondendoli anche in laguna, dove saranno accolti da vari pittori, in particolare Carlo Loth.