Marco Vitruvio Pollione
(70-80 a.C. ca. – dopo il 15 a.C. ca.)
Cesare Cesariano
(1483 – 1543)
DE ARCHITECTURA LIBRI DECE TRADUCTI DE LATINO IN VULGARE.
(Como, Gottardo da Ponte, 1521).
In folio (393 x 280 mm). [iv] CLXXXIII [I] [6] carte. Segnatura π2 A-Z8 π6. Marca tipografica al frontespizio e alla carta Z7v. 117 incisioni su legno, di cui 10 a piena pagina. Numerose grandi iniziali ornate. Testo inquadrato dal commento. Legatura settecentesca in piena pergamena con titolo manoscritto al dorso. Ex libris figurato di Sergio Colombi al contropiatto anteriore, etichetta della "Libreria Carlo Clausen già Ermanno Loescher" al verso della sguardia anteriore. Una scheda dattiloscritta e una manoscritta applicate al recto della sguardia anteriore e circondate da note in minuta grafia, altra scheda manoscritta sciolta. Le carte π3-π8 sono state rilegate alla fine del volume, probabilmente quando esso ha ricevuto l'attuale legatura (in origine erano all'inizio); frontespizio rinforzato al margine esterno; altri rinforzi ai margini interni ed esterni, e qualche piccolo restauro; il fascicolo "D" presenta una breve galleria di tarlo che è stata restaurata in alcune carte, con minime porzioni di testo supplite a penna ad imitazione della stampa; ultime due carte restaurate al margine superiore e con paginazione e titolo suppliti a penna ad imitazione della stampa; pallide gore marginali; occasionali note marginali di mano antica ma posteriore. Nel complesso copia assai buona, con le xilografie in fresca impressione, e con le due famose tavole dell'Uomo Vitruviano non censurate.
Provenienza
Libreria Carlo Clausen già Ermanno Loescher (grande etichetta azzurra al verso della sguardia anteriore); Sergio Colombi (ex libris figurato al contropiatto anteriore con motto "Perché giammai tedio non provi" e data di acquisto a matita al contropiatto posteriore "15 luglio 1957"); collezione privata.
Bibliografia
Adams V 914. Berlin Katalog 1802. Cicognara 698. Harvard-Mortimer Italian 544. Sander 7696. PMM 26: "the most beautiful of all the early editions".
Su Sergio Colombi si veda Vittoria Codispoti Azzi, Le edizioni aldine della donazione Sergio Colombi alla Biblioteca cantonale di Lugano, Lugano, 2015.
CELEBRE PRIMA EDIZIONE IN ITALIANO, CURATA DALL'ARCHITETTO E PITTORE LOMBARDO CESARE CESARIANO, E DA LUI SPLENDIDAMENTE ILLUSTRATA CON 117 XILOGRAFIE. ESEMPLARE APPARTENUTO ALL'ILLUSTRE BIBLIOFILO E FILANTROPO SERGIO COLOMBI.
Considerato il fondamento teorico dell'architettura occidentale, il De Architectura fu redatto da Vitruvio probabilmente tra il 35 e il 25 a.C., negli ultimi anni di una carriera che lo vide attivo anche come architetto e ingegnere civile dell'imperatore Augusto – al quale l'opera è dedicata. Attraverso i dieci libri da cui essa è composta, Vitruvio esprime concetti che hanno un valore universale e sono tuttora validi. È celebre la sua affermazione che una costruzione debba mostrare le tre qualità di firmitate, utilitate, venustate (libro I, carta XVIII), ovvero essere solida, utile e bella. Vitruvio definisce inoltre l'architettura come una disciplina scientifica che contiene tutte le altre forme di conoscenza e presenta l'architetto come un esperto che deve avere nozioni di disegno, geometria, ottica, matematica, storia, filosofia, musica, medicina, legge, astrologia, astronomia.
Fonte essenziale per lo per lo studio dell'architettura greco-romana e per la progettazione di strutture sia grandi (edifici, acquedotti, bagni, porti ecc.), sia piccole (macchinari, strumenti di misurazione, utensili ecc.), l'opera tratta "l'insieme dei saperi teorici e pratici acquisiti negli ultimi due secoli ellenistici nel campo dell'architettura e dell'ingegneria. Vitruvio si sente il rappresentante e il custode di una lunga tradizione, che ritiene ormai giunta al grado di perfezione" (Paolo Clini, http://www.centrostudivitruviani.org/studi/de-architettura/).
Il De Architectura è il solo trattato architettonico pervenutoci integro dell'antichità, grazie ad un'unica copia manoscritta alla corte di Carlo Magno verso la fine dell'VIII secolo, oggi conservata presso la British Library come manoscritto Harley 2767. Trascritto in altri vari esemplari (ne sopravvivono una novantina), il trattato non ebbe influsso sull'architettura medioevale. Venne riscoperto e acclamato solo a partire dalla metà Quattrocento, per merito di Lorenzo Ghiberti, che ne attinse per i suoi Commentarii, e di Leon Battista Alberti, che lo usò come modello per il suo De re aedificatoria. Francesco di Giorgio Martini ne fece una prima parziale traduzione in volgare; Raffaello ne commissionò una traduzione privata al collaboratore e amico Fabio Calvo. Entrambe le versioni rimasero però manoscritte.
La prima edizione a stampa dell'opera vide la luce a Roma tra il 1486 ed il 1487, per i tipi di Eucharius Silber e la curatela dell'umanista Giovanni Sulpizio da Veroli. Nel 1511, seguì la prima edizione illustrata, pubblicata a Venezia da Giovanni Tacuino e curata da Giovanni Giocondo, architetto e ingegnere veronese che corredò il testo vitruviano di 136 vignette xilografiche. Sebbene chiave di lettura essenziale per il latino spesso oscuro di Vitruvio, queste immagini sono piuttosto elementari e nel complesso assai diverse dalle grandi ed elaborate raffigurazioni che adornano la presente edizione, tradotta, commentata ed illustrata dall'architetto, ingegnere e pittore lombardo Cesare Cesariano (1483-1543).
Il merito di Cesariano è non solo di aver reso per la prima volta accessibile a tutti l'opera vitruviana, ma specialmente di averne interpretato e raffigurato i contenuti con l'occhio tecnico di un architetto lombardo allievo di Bramante, e con la vasta cultura classica di un umanista rinascimentale. La sua traduzione ed il suo commento sono un'enciclopedia del sapere del tempo ed offrono una panoramica del mondo artistico e della società a lui coevi. Cesariano nomina numerosi artisti che ha visto ed apprezzato, tra cui Bramante, che definisce in più punti "precettore" e "maestro", e cita anche nobili sforzeschi cultori di arte e architettura. Soprattutto, applica i canoni dedotti da Vitruvio a monumenti romanici e gotici che conosce bene, e che riproduce, come il Duomo di Milano.
Alle carte XIIII, XV, e XVv compaiono infatti tre delle più importanti e famose tavole della presente edizione, dedicate proprio alla pianta, alle sezioni prospettiche e a dettagli del Duomo. Sono queste le prime raffigurazioni del Duomo di Milano in un libro a stampa.
Altrettanto note, alle carte XLIX e L, le grandi xilografie che illustrano le proporzioni ideali del corpo umano secondo Vitruvio, ovvero l'homo ad quadratum e l'homo ad circulum. Leonardo, nel suo celebre disegno dell'Uomo Vitruviano, li aveva riuniti in un'unica raffigurazione.
Nel complesso, i disegni di Cesariano, alcuni dei quali recano il suo monogramma "C.C.", documentano in modo puntuale il testo, illustrando piante, sezioni, prospetti, particolari di edifici, strumenti dimisurazione, macchine e apparecchiature di vario tipo. Nello specifico, si segnalano: il portico delle Cariatidi; mura, bastioni e torri; vari modelli di eolipile (l'antenata del motore a vapore); la torre e la rosa dei venti; la scoperta del fuoco e le prime abitazioni umane; mattoni e murature greche; il Mausoleo di Alicarnasso; una carta geografica dell'Italia; varie tipologie di templi e colonnati; ordini architettonici; la Basilica Giulia; il teatro greco, il teatro latino e i sistemi acustici; terme e palestre; una struttura portuale con macchine idrauliche; vari tipi di cavedi; case greche e romane; metodi di costruzione in luoghi umidi; fornaci; acquedotti; macchine per cemento e calce; il teorema di Pitagora e la legge di Archimede; la sfera armillare e la sfera celeste; diagrammi zodiacali; varie apparecchiature per il sollevamento e lo spostamento dei pesi; varie macchine idrauliche e belliche.
L'unica xilografia che esula dal contesto architettonico è la tavola allegorica a piena pagina che illustra le pagine in cui Cesariano narra la sua vita, "forse la prima autobiografia figurata di un artista." (cfr. Treccani).
Questa edizione è particolare anche per le sue complesse vicende editoriali, che ad un certo punto videro il povero Cesariano derubato di tutto suo lavoro e addirittura rinchiuso in carcere. Non avendo i fondi per pubblicare l'opera, l'architetto si appoggiò al nobile Aloisio Pirovano e al referendario comasco Agostino Gallo, che affidarono la stampa al noto tipografo milanese Gottardo da Ponte e affiancarono a Cesariano i due umanisti Benedetto Giovio e Mauro Bono. Tutto procedette bene fino al libro IX, quando Cesariano venne estromesso, costretto a fuggire, derubato del manoscritto e delle matrici, e infine incarcerato, mentre finanziatori e aiutanti portavano a termine l'opera (ne vennero stampate in tutto 1.312 copie), senza menzionare il vero autore di traduzione, commento e illustrazioni né al frontespizio, né al colophon. Il nome di Cesariano compare infatti solo all'incipit e nelle pagine autobiografiche. L'architetto intentò una causa contro ai suoi detrattori, che vinse nel 1528. Lo spiacevole episodio non gli impedì di vedere la sua carriera coronata dalla nomina ad Architetto Cesareo e poi, nel 1533, architetto civico della città di Milano, né di vedere il suo nome reso comunque immortale proprio grazie a questa sua edizione del De Architectura.
Il presente esemplare appartenne all'illustre bibliofilo svizzero Sergio Colombi (1887-1972), grande collezionista di manoscritti, incunaboli e pregiati libri antichi. Colombi fu un uomo dinamico e dagli interessi poliedrici. Il costante progresso della sua carriera in banca, che lo portò negli anni a ricoprire cariche sempre più alte, fu affiancato da un incessante impegno nell'ambito della vita culturale del Canton Ticino e dalla magnifica ossessione per il collezionismo di tappeti antichi e dipinti, oltre che di libri.
Sergio Colombi nacque a Bellinzona il 27 dicembre 1887. Il padre Luigi era un uomo di legge e un personaggio di rilievo nella Svizzera dell'epoca. Colombi frequentò la Scuola Cantonale di Commercio, ma dovette rinunciare agli studi universitari forse per motivi economici. A Lugano, dove si era trasferito per lavoro, conobbe il celebre libraio antiquario Giuseppe Martini, con il quale avviò un durevole rapporto di amicizia. Martini arricchì la collezione di Colombi con numerosi incunaboli e manoscritti, molti dei quali furono poi offerti in dono dal collezionista ad istituzioni locali ed italiane. In particolare, nel 1962 Colombi donò alla Biblioteca Cantonale di Lugano cento incunaboli, che ne impreziosirono considerevolmente il fondo antico; nel 1968, a due anni di distanza dalla violenta alluvione che aveva colpito Firenze nel 1966 e severamente danneggiato il suo patrimonio librario, Colombi volle donare alla Biblioteca Nazionale Centrale il prezioso Codice Baruffaldi, manoscritto della Gerusalemme Liberata del Tasso con note e varianti scritte dal cardinale Scipione Gonzaga, amico del Tasso. Per questa generosa donazione, qualche mese dopo il Ministero della Pubblica Istruzione Italiano conferì a Colombi una medaglia d'oro. Infine, nel gennaio del 1975, tre anni dopo la morte dell'illustre bibliofilo, avvenuta il 13 gennaio 1972, la vedova, signora Valentina Colombi Bonetti, affidò alla Biblioteca Cantonale di Lugano quarantaquattro aldine, come stabilito dal marito.
La presente copia reca al contropiatto anteriore l'ex libris figurato di Sergio Colombi, e al recto della sguardia anteriore numerose annotazioni scritte a matita, oltre ad una scheda dattiloscritta e ad un foglietto scritto a penna, entrambi applicati alla sguardia. Altri appunti nella stessa minuta grafia compaiono su un cartoncino sciolto. Potrebbero essere attribuiti a Bianca Colombi, sorella minore del collezionista, che lo aiutò quando Colombi iniziò ad avere problemi alla vista. Queste glosse riportano informazioni relative a repertori bibliografici e notizie sull'edizione.