DA MERCANTE A Collezionista: CINQUANT'ANNI DI RICERCA PER UNA PRESTIGIOSA RACCOLTA

Firenze, 
mer 11 Ottobre 2017
Asta Live 220
26

Innocenzo Spinazzi

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Innocenzo Spinazzi

(Roma 1726 - Firenze 1789)

BUSTO DI PIETRO LEOPOLDO DI ASBURGO LORENA

stucco patinato a finto bronzo, cm 84x55x28

 

Il romano Innocenzo Spinazzi, formatosi nell’Urbe con Giovanni Battista Maini (e quindi appartenente ad una discendenza artistica che risaliva a Camillo Rusconi) si trasferì a Firenze nel 1770 quando, ormai quasi quarantacinquenne, aveva alle spalle una carriera di specialista nel restauro dell’Antico: a quella data nel suo curriculum egli poteva infatti vantare, come scultore d’invenzione, quasi unicamente la statua di San Giuseppe Calasanzio eseguita nel 1755 per una delle nicchie della navata centrale della basilica di San Pietro destinate ad ospitare il ciclo dei santi fondatori. Spinazzi, a Roma, aveva lavorato come aiuto nella bottega di Bartolomeo Cavaceppi, il più stimato restauratore del pieno Settecento (Roberta Roani Villani, Aggiunta a Innocenzo Spinazzi, in “Labyrinthos”, 13-16, 1990, pp. 51-58), e forte di quella esperienza nel 1769 fu contattato dalla corte dei Lorena per andare a ricoprire il ruolo di scultore di corte a Firenze, avendo come primo incarico quello di sovraintendere al trasferimento del gruppo dei Niobidi da villa Medici a Roma alla capitale del Granducato. Pur occupandosi soprattutto del restauro delle antichità delle collezioni medicee, Spinazzi eseguì numerosi ritratti in marmo a Firenze, e questo Busto di Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena è un’altra versione autografa di quello conservato in Palazzo Pitti. Di quell’invenzione all’antica ci rimane anche una replica in marmo da riferire alla bottega di Spinazzi ed un’altra versione, da ritenersi sempre autografa, in gesso (Roberta Roani, Ritratti inediti di Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena, in “Paragone”, LII/40, 2001, pp. 36-37 e 49, nota 2). L’esemplare della Galleria Palatina veniva indicato come opera di Spinazzi già in una guida di Firenze del 1793 (Roani, art. cit. 2001, p. 38) e deve essere riferito al 1773: nel luglio di quell’anno infatti la ‘Gazzetta Toscana’ riportava la notizia secondo cui lo scultore aveva terminato “il busto di marmo rappresentante il ritratto del Nostro Sovrano” (Roani, art. cit. 2001, p. 41); sempre in quell’anno il ritratto era riprodotto in incisione nel frontespizio di un volume con stampe di traduzione dai rilievi della Porta del Paradiso di Ghiberti, accompagnato da un’iscrizione che recitava: “Il busto di S.A.R. è dal marmo di Innocenzo Spinazzi Regio Scultore” (Roani, art. cit. 2001, p. 38). Già nel 1770 Spinazzi aveva “presentato al conte Orsini di Rosemberg, un busto di gesso rappresentante il ritratto di S.A.R. per sentirne l’approvazione” (Roani, art. cit. 2001, p. 41). La fortuna riscossa dal ritratto di Pietro Leopoldo non è attestata solo da queste citazioni tratte da documenti e fonti della letteratura artistica, ma dall’esistenza stessa di altre redazioni in stucco e gesso, con finiture diverse, certamente pensate per il collezionismo privato fiorentino; non è giunto a noi, invece, l’eventuale modello originale in terracotta. La “Gazzetta Toscana” del luglio 1773 sottolineava come il busto fosse “fatto all’uso dei busti degli antichi imperatori” (Roani, art. cit. 2001, p. 37), a conferma che Spinazzi era stato chiamato a Firenze in virtù prima di tutto della sua esperienza come restauratore e conoscitore dell’Antico. Rispetto alla versione in marmo e al modello in gesso, questa patinata a finto bronzo presenta una leggera variante nel ritmo delle pieghe che ricadono a sinistra dal fermaglio a borchia, che in questo caso riprendono simmetricamente quelle del lato destro (Roani, art. cit. 2001, p. 37).

 

A.B.