DA MERCANTE A Collezionista: CINQUANT'ANNI DI RICERCA PER UNA PRESTIGIOSA RACCOLTA

Firenze, 
mer 11 Ottobre 2017
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Maestro di Magione:

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Maestro di Magione:

Romano Alberti, detto il Nero

(Sansepolcro, 1502 - 1568)

SAN MICHELE ARCANGELO

statua in legno con parti polimateriche dipinta e dorata, cm 78x32x26

 

Iscrizioni

Sulla base, in oro a missione: “[?]RA MICHAELLA COLOMBI”.

 

Bibliografia

G. Gentilini, in Antiqua res. Secoli XIII-XVI, catalogo della mostra, Bologna, Galleria Fornaro Gaggioli, a cura di F. Gualandi, Bologna 2011, pp. 38-43 n. 11 (pp. 41-42 fig. 2).

 

Il recente interesse critico e collezionistico per la scultura polimaterica e in cartapesta, sancito da varie esposizioni di ampio respiro (La scultura in cartapesta. Sansovino, Bernini e i Maestri leccesi tra tecnica e artificio, catalogo della mostra, Milano e Lecce, a cura di R. Casciaro, Milano 2008), ha restituito dignità ad opere a lungo neglette, consentendoci di apprezzare le peculiarità e i valori espressivi di tecniche inconsuete, perlopiù in materiali ‘poveri’, che peraltro le fonti attestano praticate dai maggiori scultori del Rinascimento, da Jacopo della Quercia a Donatello, da Beccafumi a Jacopo Sansovino.

In quest’ambito ha preso particolare risalto una cospicua produzione di statue - raffiguranti San Rocco, la Vergine, il Bambin Gesù e santi fanciulli - intagliate in legno con parti modellate in cartapesta, tela gessata, stoppa, pastiglia, finemente dipinte e dorate con particolare esuberanza decorativa, spesso concepite come simulacri ‘da vestire’ con abiti in stoffa, diffuse tra l’Umbria, le Marche e la Toscana meridionale. Riunite dapprima sotto il nome convenzionale del Maestro di Magione (E. Neri Lusanna, Tra arte e devozione: la tradizione dei manichini lignei nella scultura umbro-marchigiana della prima metà del Cinquecento, in Scultura e arredo in legno fra Marche e Umbria, atti del convegno, Pergola, 24-25 ottobre 1997, a cura di G.B. Fidanza, Perugia 1999, pp. 23-30), in seguito sono state riferite all’intagliatore tifernate Romano Alberti detto il Nero, responsabile di una bottega politecnica a gestione familiare attestata anche nella lavorazione di apparati effimeri in cartapesta (Sculture “da vestire”. Nero Alberti da Sansepolcro e la produzione di manichini lignei in una bottega del Cinquecento, catalogo della mostra, Umbertide, Museo di Santa Croce, a cura di C. Galassi, Città di Castello 2005), e proprio ad un tale contesto si è già ricondotta anche l’opera in esame (G. Gentilini, op. cit.).

Caratterizzato da un’affabile naïveté, questo elegante fanciullo, che indossa con impacciato sussiego una preziosa armatura da parata arricchita da protomi leonine e drappeggi (interamente dorata, decorata ‘a punzone’ e con velature di lacca rossa), sopra una lunga veste svolazzante (sgraffita a simulare un tessuto rigato), dischiusa per esibirne gli elaborati calzari all’antica e guarnita da una ampio colletto increspato, è plausibilmente identificabile con l’Arcangelo Michele, comandante delle milizia celesti e difensore della fede contro gli attacchi di Satana. D’altra parte, se la mancanza delle ali può giustificarsi pensando alla perdita di parti separate, in origine innestate sulle spalle dove oggi si nota una zona più amorfa, e così quella della spada o della lancia, come d’uso realizzata in metallo, l’assenza degli altri consueti attributi iconografici (il drago, lo scudo crociato, la bilancia) potrebbe indurre a lasciare aperta l’alternativa di un giovane santo cavaliere, quale, pensando ai più venerati nel territorio cui l’opera è riconducibile, San Giuliano, Sant’Ansano o San Galgano. Ma l’iscrizione sulla base riferita alla committenza, “[?]RA MICHAELLA COLOMBI”, dichiara comunque che non si tratta di un’immagine profana, essendo richiesta probabilmente da una suora per la devozione privata in una cella conventuale, e ne rafforza, per l’omonimia, l’identificazione in San Michele Arcangelo.

Proprio la base tornita a rocchetto, sulla quale si staglia in oro a missione su fondo azzurro il nome della committente che aveva fatto eseguire il simulacro, è una delle molte peculiarità formali e tipologiche che consentono di ricondurre la nostra statuetta al corpus ascritto a Nero Alberti, così come l’inconfondibile policromia porcellanata degli incarnati, ravvivati dal rossore delle guance e definita con tratti sottilissimi, l’alta fronte stempiata e la sofisticata acconciatura dei capelli, le borchie e gli altri ornamenti rilevati della corazza o la postura col braccio sollevato, come se qualcosa ne avesse congelato i movimenti. E proprio l’algida caratterizzazione fisionomica e l’aristocratica immobilità, di un sapore volutamente arcaizzante, ci inducono oggi a stringere ulteriormente questo rapporto, rispetto alle figure, più esuberanti e animate, e spesso più corsive, di altri scultori prossimi al Maestro che popolano con fare brioso e ammiccante i medesimi territori (Gentilini, op. cit.), tra le quali andrà comunque ricordata per una conferma iconografica il San Michele Arcangelo fanciullo nel Museo della Pievania di Corciano (A. Tiroli, in Perugino pittore devozionale, modelli e riflessi nel territorio di Corciano, catalogo della mostra, Corciano, San Francesco, a cura di F. Abbozzo e A. Tiroli, Milano 2004, pp. 140-141 n. 17).

A questo proposito è doveroso osservare che la produzione attribuita a Nero Alberti o assimilabile ai suoi modi, arricchitasi nell’ultimo decennio di numerose nuove testimonianze, sollecita ulteriori indagini volte a chiarire l’esistenza di altre botteghe affini, e che, nonostante l’identità anagrafica del Maestro di Magione sia supportata da efficaci indizi documentari, non sono da trascurare le strette affinità con i dipinti di Bernardino di Mariotto, attivo nei medesimi anni tra Perugia e le Marche, ed impegnato anche nel campo della scultura, come attestano alcuni documenti relativi all’allievo Marino d’Antonio Samminucci (C. Fratini, Trecento anni di scultura a Perugia: una breve rassegna, in All’ombra di sant’Ercolano. Sculture lignee tra Medioevo e Rinascimento nella Diocesi di Perugia, catalogo della mostra, Perugia, Museo del capitolo di San Lorenzo, a cura di C. Fratini, Perugia 2009, pp. 21-44, alle pp. 37-38).

 

G.G.