DIPINTI DAL XVI AL XX SECOLO

Firenze, 
mar 13 Febbraio 2018
Asta Live 223
318

Baccio Maria Bacci

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Baccio Maria Bacci

(Firenze 1888 - Firenze 1974)

IL BARBIERE

olio su carta applicata su tela, cm 99x89

siglato in basso a destra
retro: titolato e datato "1913"

 

Esposizioni

Baccio Maria Bacci 1888-1974, Stia, 3 agosto - 29 settembre 1996, n. 3

 

Bibliografia

Baccio Maria Bacci 1888-1974, catalogo della mostra (Stia, 3 agosto - 29 settembre 1996) a cura di M. Pratesi, Stia 1996, n. 3

 

Nato a Firenze l'8 gennaio 1888, discendente da una famiglia di artisti, trascorse gli anni dell'infanzia a Bellosguardo, sulle colline fiorentine, nella casa frequentata dai maggiori macchiaioli. Dopo la morte del padre, nel 1897, trascorse alcuni anni in Germania.

Di nuovo a Firenze nel 1905, grazie all'interessamento di Luigi Bechi venne ammesso all'Accademia, ma, insofferente di ogni disciplina ed insoddisfatto degli insegnamenti ricevuti, ad un mese dalla licenza abbandonò gli studi ed incominciò a dipingere per conto proprio. I risultati di quelle prime prove, il cui riferimento è soprattutto a Cézanne, vennero presentati al pubblico nel 1910 in una mostra a palazzo Gondi.

Nel 1911, sempre a Firenze, fu presente alla Mostra del cinquantennio e conseguì il premio della camera di commercio; l'anno successivo, andò a Parigi ospite di Renato Paresce e visse la stagione del cubismo e dei fermenti futuristi, grazie ai frequenti contatti con Apollinaire e Gino Severini.

Ritornato per motivi di salute alla fine d'aprile 1913 a Fiesole - ma alternò lunghi soggiorni anche in Svizzera dove conobbe Kandinskij - si dedicò a sperimentare le possibilità di scomposizione formale e cromatica offerte dal futurismo.

Nelle opere del periodo giovanile il Baccio Maria Bacci mostra di aver guardato attentamente a diverse esperienze internazionali - dal decorativismo secessionista al cubismo - e di aver operato infine una scelta in favore di un "costruttivismo… che accoglie ed elabora nelle sue marcate strutture un empito cromatico di relazione ‘espressionista’" (Ragghianti, 1967).

Dopo la partecipazione alla prima guerra mondiale, il ritorno alla serenità fiesolana coincise con un nuovo fervore creativo: le grandi tele dalle plastiche figure a grandezza naturale - donne quiete e prosperose in interni consueti, sodi contadini intenti al lavoro nel paesaggio bucolico - vennero presentate alla Mostra internazionale d'avanguardia a Ginevra nel 1921 e, l'anno successivo, alla Fiorentina primaverile, dove una sala personale accolse quindici opere.

Se per i dipinti precedenti il riferimento era a modelli artistici europei, ora è la tradizione rinascimentale italiana, e toscana in particolare, che fa da supporto alla composizione di impianto classicheggiante; tradizione della quale il Bacci propose, nel corso degli anni Venti, una rilettura critica originale ed autonoma, ma in parallelo con i dettami che il gruppo milanese del Novecento andava proprio allora sostenendo.

Così l'artista venne invitato a partecipare sia alle due mostre organizzate al palazzo della Permanente di Milano nel febbraio 1926 e poi nel marzo 1929, sia a quelle allestite all'estero: all'Esposizione d'arte italiana in Olanda (Stedelijk Museum di Amsterdam) nell'ottobre 1927; all'Exposition du Novecento italiano (Société des beaux arts di Nizza) nel marzo 1929; e alla Moderne Italiener (Kunsthalle di Basilea) nel febbraio 1930.

Nel frattempo il Bacci aveva preso parte al dibattito artistico collaborando ad alcune riviste. Aveva inoltre partecipato alla fondazione della Corporazione delle arti di Firenze, ed infine costituito un "Gruppo novecentesco toscano", presentatosi in una mostra collettiva alla galleria Milano di Milano nel dicembre 1928. Sono di quegli anni i dipinti più significativi.

Verso la fine del decennio l'artista, che ormai aveva raggiunto larga notorietà ed aveva partecipato a diverse edizioni della Biennale veneziana, venne chiamato ad eseguire gli affreschi con le Storie di S. Francesco nel convento della Verna, a cui fecero seguito altre realizzazioni di soggetto sacro.

Nonostante queste prestigiose ed impegnative commissioni, il Bacci riuscì ad applicarsi costantemente alla pittura di cavalletto che nel '48, al ritorno dalla partecipazione alla seconda guerra mondiale, presentò al pubblico in una rassegna alla galleria Gianferrari di Milano.

Sono di quel periodo dipinti come Le belle mugnaie di Varlungo (1940), Il vagabondo (1943), Interno (1948), Il libro delle farfalle (1949), in cui il novecentismo delle prove precedenti ritorna specialmente nella forma di "realismo magico", stante l'atmosfera rarefatta e sospesa che investe le composizioni.

Trasferitosi nel 1955 a Roma il Bacci proseguì accanto alla sempre felice produzione pittorica la pubblicazione di testi ed edizioni critiche riguardanti i macchiaioli. cui da tempo si dedicava. Muore a Firenze l'8 ottobre del 1974.

 

(cfr S. Zatti, Bacci, Baccio Maria, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXXIV, Roma 1988)